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XI Comandamento: Non dimenticare – Mustafa Sabbagh incanta Forlì

XI Comandamento: Non dimenticare! E non dimenticheremo di certo, diciamo noi, questa mostra di Mustafa Sabbagh ai Musei di San Domenico e Musei Civici di Forlì, oggi in chiusura, dopo l’intensa e riflessiva performance realizzata dal CollettivO CineticO che ne ha chiuso il percorso, ammaliante e straniante al contempo. Per raccontare questo progetto iniziamo dalle parole che, nella poetica complessiva di Sabbagh, assumono un significato pregnante, denso e carico di pathos oltre l’etimologia. Quell’XI Comandamento non è soltanto un ordine, una prescrizione o una norma che richiama il dogma religioso, è qualcosa di più, qualcosa che valica il concetto di legge – imposta dalla divinità per regolare i rapporti famigliari e sociali – conducendo progressivamente le persone nel più arduo territorio della scelta, dove quel Non dimenticare presuppone una presa di responsabilità. Verso cosa? Ci si chiede allora? Verso l’uomo innanzi tutto, verso l’essere umano in quanto “individuo” – per celebrarlo e immaginare la sua pelle come urna, nella sua dissociazione come urgenza di non allineamento sottolinea Sabbagh – da rimettere al centro di un discorso sociale. Un discorso che, nelle sue opere, si fa corale, intendendo con ciò l’atto partecipato dello spettatore invitato non solo a guardare ma a vivere con empatia la sua spettacolare messa in scena che si snoda nella difficile dicotomia e coesistenza di eros e spiritualità. Ecco allora che la Chiesa di San Giacomo, un luogo religioso ma anche espressivo dell’opera dell’ingegno umano per quel che attiene il dato architettonico e storico-artistico, diventa la scenografia spontanea e ideale del racconto di Sabbagh. Fra questo connubio di antico e moderno, il sacro e il profano dialogano nelle conturbanti opere dell’artista, caratterizzate da un nero avvolgente e quasi assoluto – cifra distintiva della sua ricerca – a sua volta in netto contrasto con i bianchi stucchi della chiesa. Qui incontriamo un nucleo di opere fotografiche fra le più iconiche della sua produzione come About Skin (2010), Memorie Liquide (2012) e Onore al Nero (2014), oltre alla video-installazione anthro-pop-gonia (2015) e alle due opere multimediali Das Unheimliche (2016) e Dark Room (2016) le quali si affrancano ad un’inedita installazione ambientale in continua mutazione. Qui ci imbattiamo dunque in una sorta di grande struttura lignea trattata secondo l’antica tecnica giapponese dello shou-sugi-ban, ovvero una pratica di bruciatura del legno atta a proteggerlo, sulla quale troviamo collocate una serie di fotografie. Si tratta di scatti caratterizzati da differenti sfumature di nero e che ritraggono, per l’appunto, soggetti maschili e femminili i cui volti talvolta sono celati, ossia coperti da veli che appena lasciano intravedere le espressioni, a volte mistiche e celestiali altre quasi demoniache, a rammentare i vizi capitali e indicativi di quella sospensione tragica ossessivamente ricercata da Sabbagh. Si prosegue poi con un inedito ciclo pittorico allocato in una struttura in carbon coke, di fatto una nuova declinazione della serie Onore al Nero, dove però è la pittura in questo caso il medium prescelto a raccontare l’uomo. L’uomo connesso alla Storia dell’arte, di cui esso si è nutrito e continua ad alimentarsi come memoria del proprio passaggio, della propria cultura e della propria genialità. Qui scopriamo un Sabbagh capace di richiamare alla memoria la bellezza estrema, passionale e conturbante della pittura fiamminga seicentesca, di Rembrant per intenderci, dove il nero dello sfondo, ambiente al contempo, trascina la visione in un turbinio di contraddizioni e inquietudini continue, e da cui emergono i labili profili di figure umane stilizzate. Fra le navate e nella parte absidale della chiesa incontriamo, infine, una serie di schermi LCD, dove è la liquidità del video, questa volta, a muovere la visione complessiva della mostra, ancora una volta puntando l’attenzione sull’uomo e sul suo moderno egocentrismo, e una grande opera installativa di video-scultura. Quest’ultima, in particolare lascia senza fiato nella grande statua posta in fronte al fondo dello schermo video, sulla quale sono proiettate immagini di volti in continuo mutamento che si sovrappongono, in un gioco di apparizioni e sparizioni ai profili dei modelli sullo sfondo. XI Comandamento: Non dimenticare! prosegue all’interno dei Musei San Domenico dove Sabbagh ha ridato nuovo significato alla scultura neoclassica di Canova, simbolo artistico della città, attraverso un ciclo fotografico dove ad essere ritratti sono i modelli originali delle sculture canoviane conservate presso la Gipsoteca e danneggiate nel corso dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Queste statue ferite, Ferite è anche il ciclo del nuovo progetto fotografico di Sabbagh, portano con sé i segni intellegibili di un’umanità attraversata dal dolore, dove la ferita per l’appunto, così come nelle intenzioni dell’artista, diventa metafora di una unicità caratterizzante la fragilità dell’individuo ma anche di un “incorporeo” che appunto, nel gesto minimo della ferita, respinge la banalità della vita. Alla Fondazione Dino Zoli, infine, troviamo il noto ciclo fotografico Made in Italy© – Handle with Care (2015, già acquisito dalla collezione permanente di arte contemporanea del MAXXI di Roma), mentre alla Galleria Marcolini sono presenti due installazioni da Onore al Nero – Atramentum che chiudono un percorso di una città messa a sistema attraverso l’opera di Sabbagh che ci invita continuamente a Non dimenticare! 

 

Guarda il video della performance realizzata dal CollettivO CineticO per Mustafa Sabbagh in occasione del finissagge della mostra “XI Comandamento: Non Dimenticare”, antologica di Mustafa Sabbagh – Musei di San Domenico e Musei Civici di Forlì 13 gennaio 2018

 

 

 

XI Comandamento: Non dimenticare: Mustafa Sabbagh

Musei San Domenico – Piazza Guido da Montefeltro, Forlì

fino al 14 gennaio 2018

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