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Visioni in Farsi – Esplorazioni introspettive

912645_4216557508425_637358070_nIn uno scenario intimo e ricco di suggestioni, la Chiesa di Santa Margherita a Bisceglie, sabato 10 maggio 2014 alle ore 19 sarà inaugurata Visioni in Farsi – Esplorazioni introspettive, una collettiva di artisti iraniani e italiani a confronto, a cura di Marialuisa Loconte.
Il viaggio esplorativo tra tradizione persiana e italiana è compiuto attraverso istantanee di vissuti reali e immaginifici, che muovono in percorsi visuali differenti culturalmente e allo stesso tempo così vicini nel motivo dominante dell’introspezione. Un gioco di scambi, di sguardi e riflessioni unici nell’esplorazione di ogni artista e colti nell’intimistica proiezione del momento vissuto e pensato.
Nessuna mediazione al pensiero, istanti fissati in sfumature di bianchi e neri tanto momentanei quanto prospettivamente atemporali .
Hooman Meyabadi, giovane artista iraniano, ferma la sua attenzione sul profilo intimo del momento del pensare. Nella sue fotografie, Qualche volta…, assorta nel suo intimo la protagonista si ferma in ambiti domestici contestualizzati in rituali puntualmente mediterranei. Le connotazioni di vuoti e pieni includono e assorbono la figura sino a condurla in una dimensione onirica e di sospensione di un luogo reale così fortemente marcato e delimitato.
Sara Dast Nama, anche lei iraniana di Esfahan, compie un percorso di sospensione, di ricerca sensoriale di identità diverse e straordinariamente percepibili sebbene allusivamente rappresentate in ombre e trasparenti visioni. Appaiono presenze inconsce, pensieri di un viaggio interiore, fermati in un Limbo di percezioni meta-reali.
Hooman Meyabadi e Sara Dast Nama si sono immersi nell’atmosfera della Chiesa di Santa Margherita realizzando un’installazione site specific per il fonte battesimale, che è elemento architettonico vicino a entrambe le culture e hanno realizzato un video La Finestra dell’amore che propone il passare del tempo visto attraverso la finestra del loro appartamento milanese, che pian piano si fa sempre meno reale e sempre più fluido e fluttuante, fino a trasformarsi da luogo metropolitano a non luogo liquido e sfuggente.
Leila Rehimian, artista persiana di Teheran, usa la fotografia come strumento per rendere visivo e visibile il suo moto interiore, il suo passaggio stridente a una condizione di libertà individuale e culturale. Leila Rehimain introduce se stessa quale elemento cardine del mutamento, il suo percorso allo stesso tempo salvifico e liberatorio appare struggente e duro. Non si tratta di un sottile passaggio, di un cambio d’abito, ma di una vera e propria trasformazione veicolata in tutte le sue declinazioni. Nel suo viaggio, passato e presente coesistono, non c’è spazio per l’oblio, ma si assiste a un continuo muoversi, spaccarsi per restare inesorabilmente congiunti in una dualità persistente e vissuta con energia malinconicamente protesa alla rottura.
Stefano Di Marco, fotografo barese tra i più raffinati ed eleganti del panorama artistico pugliese, propone una serie di scatti suadenti, delicati dal titolo Forse. Le fotografie del 1997 sono state rielaborate per la mostra e irrorate di un fascio di luce che rende l’immagine quasi iconica. Un cerchio perfetto pone gli incontri morbidi e avvolgenti come momenti di riflessione. Un faro scopre un istante nascosto in un luogo indefinito della memoria o del sogno, lo estrapola dalla sua inquietudine sommersa e lo porta ad essere scagliato di fronte allo spettatore che non può far altro che immergersi per tentare di comprendere il motore scatenante di un gioco apprensivo di trazione e redenzione.
Mad|is|dead è un fotografo barese che ha mosso le sue prime esperienze artistiche in medio oriente. In viaggio compiuto un anno fa in Iran ha vissuto incontri, emozioni e momenti filtrati incursioni culturali che difficilmente entrano nella nostra percezione. L’artista dunque ci pone di fronte a un’indagine, nasconde i suoi ritratti con una fitta rete di intarsi, legati alla tradizione architettonica persiana e perfettamente armonizzati all’interno dello spazio espositivo. Le sue immagini vengono incastonate nelle nicchie della zona absidale della Chiesa di Santa Margherita, quasi a voler costringere lo spettatore a uno sforzo emotivo di partecipazione. Avvicinandosi alle nicchie, lo spettatore deve alienarsi dal circostante e penetrare nel mondo visivo di chi gli sta di fronte. Il confronto culturale e sensoriale è dunque la ricerca riflessiva proposta dall’artista.

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