La Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare ospita sino all’8 giungo Fluid Tales, personale di Virginia Ryan, a cura di Rosalba Branà e Lia De Venere.
Acuta scrittrice ed arteterapeuta, Ryan incarna il paradosso dell’artista-antropologo che si spinge oltre le frontiere per rintracciare le radici dell’essere, scorgendo la bellezza delle culture altre, e al contempo compiendo una ricerca su sé, che si struttura per confronto e per “negazione” di tutto ciò che non-è. Difatti, la sua poetica si incentra sui temi delle migrazioni, della memoria, della perdita e della trasformazione, sviluppandosi con esiti innovativi e mai scontati, che mostrano la sua reale vicinanza ed il comune sentire di un’artista-nomade e viaggiatrice. Il pathos di Rayn verso le comunità-oggetto della sua ricerca è manifesta nella scelta dei materiali locali impiegati nelle sue istallazioni, e dall’interazione con le associazioni e le comunità artistiche appartenenti ai luoghi in cui opera.
Molti i viaggi compiuti in ogni parte del mondo, da Oriente ad Occidente, in particolar modo in Africa; viaggi che l’hanno portata a maturare un lavoro in Ghana ed in Costa d’Avorio, volto ad osservare con occhi “sensibilmente diversi” i miti e le tradizioni delle popolazioni indigene, interpretati e trasformati in immagini – attuali – intrise di spiritualità e di rigoroso rispetto per una civiltà straordinariamente stratificata. Primario è per Rayn porre in luce il dinamismo dell’Africa occidentale contemporanea.
Frutto di tale ricerca sono le grandi installazioni in mostra al Pascali: sirene dalle lunghe code nere che fluttuano nell’aria, figure mitologiche che da sempre hanno destato l’attenzione del viaggiatore e che sono simbolo della perdizione e dell’insidia dell’ignoto. Considerate alla pari di semi-divinità, le sirene sono creature ibride che ammaliano con le loro fattezze e per la loro voce melodiosa. Così l’istallazione Surfacing, esposta in mostra, permette di preservare la cultura e la memoria collettiva di un tessuto sociale – quello africano, della Costa d’Avorio – in rapido mutamento. Completano l’intervento alcuni disegni di sirene, realizzati nel 2010 apposta per Virginia Ryan da Frédéric Bruly Brouabré, artista ivoriano di chiara fama, recentemente scomparso.
Il lavoro di ricerca, di recupero e scavo nell’identità culturale africana è ulteriormente documentato dalle duemila fotografie che compongono I love you, istallazione articolata che vanta una serie di scatti fotografici di Gran Bassam, vecchia capitale coloniale della Costa d’Avorio, oggi patrimonio dell’UNESCO. L’opera incarna una concreta testimonianza della vita degli abitanti locali negli ultimi vent’anni. Sono scatti fotografici eterogeni che presentificano ogni fase dell’esistenza: immagini di nascite, matrimoni, rituali religiosi, feste di famiglia, momenti di svago, che invitano il fruitore a riflettere sull’origine comune dell’umanità, oltre ogni pregiudizio raziale; scatti che individuano ed esibiscono il rischio dell’omologazione, nonché la necessità del rispetto e della tutela della complessità delle differenze.