A oltre due anni dall’inaspettata scomparsa di Vettor Pisani, il Teatro Margherita di Bari, in collaborazione con la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee di Napoli, dove è attualmente in corso al MADRE una prima “sezione” della mostra, ospita “Vettor Pisani, Eroica/Antieroica. Una retrospettiva”, a cura di Andrea Viliani ed Eugenio Viola.
Un tributo che si propone di non dimenticare un artista intuitivo, di grande sensibilità, che ha caratterizzato lo scenario italiano ed internazionale per molto tempo, basti pensare alle sue ripetute presenze alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma (1973, 1986, 1992), a Documenta a Kassel (1972).
Il fare performativo di Pisani, tra citazione e trasformazione, si spinge sino ad un approfondito interesse per il teatro, stimato quale barometro della società contemporanea e delle sue contraddizioni; elemento fondante di tutta la sua ricerca, permette di ricostruirne il profilo di uomo complesso e di artista geniale, sebbene povero e famoso, come aveva scritto di se stesso sui muri della Galleria Limen 895 di Roma nel febbraio 2011.
Natura e cultura si sono sempre incontrate nei suoi lavori, dando vita ad immagini irreali. Artista del tragico dalla spiccata ironia, Pisani unisce il sentimento della morte ad una vena ludica, che trasforma ogni azione in una giocosa performance di vita, oltre che artistica.
La retrospettiva al Margherita espone opere che raccontano le tematiche salienti del suo fare, i suoi interessi sul mondo e i suoi punti di riferimento nell’arte: una matrice duchampiana si ritrova in Io sono il pupazzo di Paracelso o Tavolo anatomico di Isidore Ducasse, in cui la mitologia classica è rivisitata sardonicamente.
Più esplicito – anche nel corso degli anni – il riferimento a Beuys (celebre la performance Il coniglio non ama Joseph Beuys, a cui sono seguiti altri lavori come Leprotto e la serie sulle carpe rosse, che aveva portato alla personale Carpe diem, in cui erano esposte carpe vive che sguazzavano in un frigorifero capovolto) in R.C. Theatrum, il teatro rosacrociano in cui la semi-croce è un riferimento colto al vate tedesco.
Difatti, Pisani è sempre stato attratto dal mondo rosacrociano, dall’onirico, dal mistico, dall’alchimia, proprio come Yves Klein. Se L’isola azzurra è esempio della vicinanza all’artista francese, anche nella scelta cromatica, Teatro di Cristallo e L’azzurro teatro della Vergine – esposte a Bari – sono le successive derivazioni dello studio sul teatro rosacrociano, assurto quale somma dei saperi, articolazione dello spirito e della conoscenza umana, luogo del divenire e del mutamento costante in cui si riflettono agilmente tutte le possibilità del quotidiano, perfino il doppio come dimostra l’istallazione I gemelli (Segno zodiacale del genio).
L’animo surreale ed enigmatico di Vettor Pisani, trade d’union di tutto il suo operare, mette in luce l’inadeguatezza dell’uomo post-moderno che non può dominare il flusso degli eventi che vive; l’inadeguatezza dell’uomo-artista che sceglie la morte volontaria quale atto finale, forse per sentirsi, un’ultima volta, attore-performer del proprio destino.