La scorsa primavera alla Triennale di Milano Valentina Maggi Summo ha presentato una performance relazionale basata sulla narrazione. Un’esperienza per uno spettatore alla volta che, accolto all’ingresso, viene condotto ad un ascolto inaspettato, un passaggio del Fidelio, un’ode alla libertà e all’amore composta da Ludwig van Beethoven nel 1804, dopo dieci anni di lavoro. Nell’opera, ispirata a una storia vera ai tempi della Rivoluzione francese,Léonore, è la protagonista femminile che, diversamente dalla consuetudine, salva il marito Florestan dalla prigionia in cui Pissarro l’ha costretto. Lo spettatore ritrova, nell’eroismo e nel valore di Léonore, l’eredità rivoluzionaria di un femminile inedito e nuovo, la cui forza e perseveranza è in grado di modificare gli avvenimenti. La narrazione è affidata unicamente alla parola, mentre la musica viene suggerita solo dalla presenza di un leggio vuoto, nei pressi del performer. Ne risulta un’esperienza intima e spiazzante, perché lo spettatore riceve dallo sconosciuto una storia senza capo né coda, giusto un frammento col sapore di un altro tempo e di un altro luogo. Solamente il resoconto di tutti gli spettatori potrebbe ricostruire la vicenda per intero.
La Maggi lega così con un filo invisibile i singoli vissuti e attribuisce valore alla presenza di ognuno. Il pubblico, impreparato a questo incontro speciale, riscopre il senso dell’incontro, lo stupore del gesto inaspettato e la preziosità delle parole. L’appuntamento ha concluso il ciclo di visite del progetto Hotello: Abitare un ritardoa cura di Ermanno Cristini e Giancarlo Norese nell’ambito di 999. Una collezione di domande sull’abitare contemporaneoalla Triennale di Milano, una mostra sull’abitazione intesa non come un luogo ma come esperienza. In questa concezione ben si inserisce la ricerca di Valentina Maggi Summo (Milano, 1981) sui contesti relazionali e il valore della narrazione e del linguaggio; l’artista mette in atto situazioni di partecipazione del pubblico, coinvolgendo nelle sue opere lo spettatore come fruitore e interlocutore privilegiato.
Sibilla Panerai