La pittura per Colm Mac Athlaoich è una sperimentazione di tecniche e colori, un viaggio nell’astrazione, un’esperienza profonda e personale, un automatismo inconscio che prende vita sulla tela. La sua pittura è fluida, il ductus è corposo e libero muovendosi sulla superficie privo di ogni ostacolo. Il subconscio creativo di Mac Athlaoich si districa fra il gesto autentico della sua pennellata e il legante oleoso che va a creare una pittura traslucida fatta di volumi che si arricchiscono di profondità e lucentezza. La cromia finale è il risultato di un procedimento che utilizza nella sequenza stratificata tinte diverse di colore che danno vita a “variazioni di lumi” (L.B. Alberti, De Pictura, 1435) essendo i colori manifestazioni di luce. La composizione astratta produce dei capricci visivi liminali fra reale e irreale, come nell’Ulysses di Joyce si è incapaci di distinguere la verità dalla finzione e Colm Mac Athlaoich fa di questo il suo territorio di azione offrendo all’osservatore un nuovo punto di vista, una nuova realtà. Tutto è soggettivo, ogni cosa appartenente al mondo fenomenico è messa in discussione, solo attraverso la percezione gestaltica si è in grado di ricondurre al figurativo il percepito visivo. L’artista per sopperire all’assenza di figurazione viene in soccorso dell’astante ponendo delle quinte teatrali ai confini dell’immagine per creare una struttura decorativa con funzione architettonica capace di suggerire uno spazio altro a chi lo osserva, una illusione scenica, prospettica come quella messa in atto da Parrasio (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, libro XXXV:68, “La contesa fra Zeusi e Parrasio”, 77-78 d.C.) o dall’artista Antonello da Messina, exempla dell’arte fiamminga nell’Italia rinascimentale, che fa uso dell’impianto spaziale come espediente imaginifico.