La mostra La Transavanguardia tra Lüpertz e Paladino. Opere nella Collezione Würth presenta presso l’Art Forum di Capena alle porte di Roma dal 18 febbraio circa 60 lavori, tra dipinti e sculture, di Mimmo Paladino e Markus Lüpertz, la cui datazione permette di seguire, tra affinità e specificità, le diverse fasi della loro carriera.
Teorizzata dal critico Achille Bonito Oliva, la Transavanguardia fu presentata ufficialmente alla Biennale di Venezia nel 1980 come un movimento di reazione ad una crisi che non investiva solo l’arte, ma anche la sfera economica e culturale del mondo occidentale. A crollare era “l’ottimismo produttivistico del sistema economico” e, in ambito artistico, la concezione, propria delle avanguardie, idealistica e “tendente a configurare lo sviluppo dell’arte come una linea continua, progressiva e rettilinea.” (A. Bonito Oliva).
La Transavanguardia, in opposizione al concettualismo e all’Arte Povera con la sua “utopia internazionalistica”, – sempre con le parole del celebre critico – propose un ritorno alla pittura e una concezione dell’arte non più fondata sulla “certezza anticipata di un progetto e di un’ideologia”, ma sulla possibilità di muoversi liberamente in tutte le direzioni, facendo confluire nell’opera “immagini private e immagini mitiche, segni personali, legati alla storia individuale, e segni pubblici, legati alla storia dell’arte e della cultura.”.
Dalla metà degli anni Settanta anche in Germania si assiste ad un ritorno alla pittura, contrassegnato dal recupero delle radici espressioniste che, in quel momento storico, diventava anche recupero di una identità nazionale. Alla luce di alcune affinità con la Transavanguardia italiana, nel 1982 fu presentata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna della Repubblica di San Marino la mostra “La Transavanguardia tedesca”, a cura di A. Bonito Oliva, che riuniva gli artisti Baselitz, Immendorff, Kirkeby, A.R. Penck e Lüpertz.
Fino al 15.02.2014
Mimmo Paladino
Poeta ebbro, 1984
Olio su tela, 225 x 150 cm
Coll. Würth, Inv. 3044
© 1984 Mimmo Paladino
(Foto: Archiv Würth, Künzelsau)