Irriverenti e fantasiosi lavori di vario formato abitano gli spazi interni ed esterni di Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma, dove è allestita, fino al 23 aprile, Messaggera: prima personale in Italia dell’artista radicale ed anticonformista Annette Messager. Con questa mostra Muriel Mayette-Holz, direttrice della location capitolina, inaugura il nuovo ciclo di esposizioni Une, a cura di Chiara Parisi, in cui grandi creative internazionali sono invitate a prendere possesso di tutti vani della residenza nobiliare col fine di immergere l’utente nel proprio universo artistico e, così, modificare la sua prospettiva.
Classe 1943, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 2005, nonché vincitrice nel 2016 del prestigioso Praemium Imperiale International Arts Award per la scultura, la Messager innalza la femminilità a sinonimo di autonomia creativa grazie alle molteplici forme espressive da lei impiegate: dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al ricamo, dal disegno alla scrittura. La sua produzione è stata oggetto d’importanti mostre come le retrospettive al Musée de la Ville de Paris e al MoMA di New York, entrambe nel 1995, e al Centre Pompidou di Parigi nel 2007. Inoltre, negli anni Settanta espose presso la galleria Diagramma di Milano grazie all’attenzione di Umberto Eco, il quale nel 2009 la invitò per la sua grande esposizione al Louvre.
Ben diciassette opere, in parte appositamente ideate per il sito, sono proposte e dislocate attraverso un percorso che fa esplorare lo splendore che contraddistingue la storica dimora.
Nell’ingresso è immediatamente percepibile il pungente sarcasmo della francese che, fin dall’inizio della sua carriera, ha saputo raccontarsi e riflettere sul proprio vissuto in maniera del tutto singolare. Qui, i recentissimi Gants-croix e Gants triangle indicano il suo stile minimal composto da manufatti di uso comune come le matite colorate impiegate per il loro senso ambivalente: il rinvio all’infanzia e ad elementi perturbanti. Richiami al mondo del gioco e a quello della sessualità riecheggiano nella successiva sala – da Jalousie/Love (2010) a Sex eau repos (2009) – dove l’impiego dell’armatura metallica ricoperta da una rete per uccelli rivela il legame dell’artista col mondo animale, soprattutto dei volatili, sinonimo di libertà per antonomasia. Fiere imbalsamate ritornano, disseminate tra specchi e guanti, nell’installazione aerea Eux et nous, nous et ex (2000) instaurando un dialogo con lo spettatore, a tratti burlesco e morboso, dando luogo a un’inversione di punti di vista – egli osserva, si osserva ed, infine, è osservato – e, anche, ad un provocatorio nesso tra il papato e villa per via delle croci latine invertite. Ulteriori provocazioni sono messe in scena in Péché 2 (1990-1991), un insieme di miniature fotografiche e pittoriche che ruotano attorno al segmento corporeo del ‘dito’ deriso sia per la sua elezione a principio divino – secondo il quale solo Dio ha il diritto d’indicare – sia per il riferimento alle lezioni d’educazione ricevute da bambina. Frammenti di fanciullezza tornano in Le Tutu Échevelé (2013), nei disegni di Casino Pinocchio (2004-2005) e in Le Pinocchio aux crayons de couleur (2016). Altri lavori sono, invece, ispirati ad avvenimenti storici come Histoire des traversine (2004-2005): una moltitudine di cuscini accatastati che, per la loro configurazione, alludono all’intimità sessuale mentre, per il loro motivo a righe bianche e nere, fanno riaffiorare alla mente la triste vicenda dei deportati nei campi di concentramento arrivando, così, a destabilizzare e confondere l’utente in un misto di sogni e ossessive paure.
Negli ambienti esterni la sua vena punk emerge negli interventi site specific concepiti per sovvertire i classici significati e le secolari regole che qui regnano. Ne fanno le spese: il Mercurio del Giambologna, effeminato con una parrucca che oscilla al vento, la siepe del giardino potata a forma di strani animali e l’architettura della fontana, avvinghiata da un intreccio di serpenti di peluche dalla cui bocca fuoriesce l’acqua. Concludono l’esposizione due incursioni parietali visibili nell’Atelier di Balthus. In questo luogo, su una parete si evince graficamente – attraverso la frase «No God in my uterus» – il dialogo platonico tra Annette e la marionetta Balthutérus, mentre sul muro antistante sono raffigurati una miriade d’ingannevoli meduse-floreali che, solo dopo un attento sguardo, si svelano essere coloratissimi uteri rappresentanti un’allegorica premessa: la possibilità di riappropriarsi dell’anatomia delle donne con l’obiettivo di ricordare al fruitore che esse rispondono solo ai propri desideri.
Una mostra tutta imperniata sul concetto di “trasformazione”, un principio caro all’artista, la quale afferma «Trasformare per me è come giocare. Ma giocare seriamente, come fanno i bambini. E mi considero una bambina molto antica». Una frase che è un invito a prendere con maggiore ironia la vita ed i suoi drammi senza voler per forza rilasciare alcun messaggio perché, come lei dichiara, «E’ lo spettatore a delineare la strada con la propria storia e la propria immaginazione.».
Messaggera di Annette Messager
a cura di Chiara Parisi
fino al 23 aprile 2017
Accademia di Francia Villa Medici
viale Trinità dei Monti, 1 – 00187 – Roma
ingresso a pagamento
orario: martedì – domenica 10:00-19:00; lunedì chiuso (ultimo ingresso alle 18:30)
info: tel. +39 06.67611
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