«Il precettore Pangloss era l’oracolo di casa, e il piccolo Candido ascoltava i suoi insegnamenti con la fiducia propria dell’età e del suo temperamento. Pangloss insegnava la metafisico-teologo-cosmologo-scempiologia. Egli dimostrava mirabilmente che non c’è effetto senza causa, e che in questo migliore dei mondi possibili… è provato, diceva, che le cose non potrebbero andare altrimenti: essendo tutto quanto creato in vista di un fine, tutto è necessariamente inteso al fine migliore. (…) Ne consegue che coloro i quali hanno affermato che tutto va bene, han detto una castroneria. Bisognava dire che meglio di così non potrebbe andare» (Voltaire, Candido, o l’ottimismo).
E tuttavia, a discapito degli insegnamenti ingenui di Pangloss, ancora oggi l’idea che il nostro sia il migliore dei mondi possibili non ci soddisfa, a tal punto che il sentimento e la volontà di fuga verso un altro pianeta ci investono e ci inducono a compiere cambiamenti esistenziali radicali.
«Perché su un altro pianeta, forse, non saremmo dovuti stare lì a spiegare l’inspiegabile di questi anni e, sempre forse, perché andando su un altro pianeta non ci saremmo sentiti addosso il senso di colpa dei nostri bisnonni e nonni emigranti», affermano Federico Corradazzo e Jacopo Morelli, i giovani galleristi veneziani che da qualche giorno hanno inaugurato Canal|05 Art Gallery, nuovo spazio espositivo a Bruxelles, che propone la collettiva TOWARDS WHICH PLANET? – An Italian mood, a cura di Raffaele Gavarro.
In mostra le opere di Adalberto Abbate, Bianco-Valente, Raffaella Crispino, Sandro Mele, Gioacchino Pontrelli, Giuseppe Stampone, Eugenio Tibaldi, Vedovamazzei riflettono condizioni e stati d’animo di chi è in bilico tra il bisogno di rottura verso l’altrove e la consapevolezza della parificata necessità di sostare – e continuare a lottare – nel luogo che si abita.
Crocevia di infinite interazioni possibili tra le arti nell’avvenire, con questa prima esposizione, la Canal|05 Art Gallery ed i suoi protagonisti esprimono la forte persuasione di chi vive l’arte come esperienza sensibile, che plasma concretamente il reale e non quale mero atteggiamento mimetico.