Quell’ “oltre” che accompagna il titolo della grande retrospettiva che la Reggia di Caserta ha recentemente dedicato al maestro Tino Stefanoni oggi, dopo la sua recente scomparsa lo scorso 2 dicembre 2017, suona spontaneamente come avverbio del cuore. Stefanoni è andato “oltre” fisicamente ma non prima di lasciarci un’intensa testimonianza del suo agire intorno alla pittura, una pittura capace, per l’appunto, di andare oltre se stessa. Questa antologica, preceduta lo scorso autunno da quella di Lecco, curata da Vincenzo Mazzarella, Nicola Pedana e Luca Palermo e accompagnata dal testo critico di Valerio Dehò, il quale ha anche curato il recente catalogo ragionato delle opere per le edizioni Umberto Allemandi &C., e presentata da Enzo Battarra, rappresenta il tassello ultimo nella definitiva consacrazione del maestro lecchese. Una legittimazione più che meritata perché Tino Stefanoni ha saputo rinnovare la pittura in Italia – sottolinea Valerio Dehò, attraverso un percorso in continuo crescendo che l’ha condotto progressivamente a traghettare il proprio fare in una dimensione sempre più astratta e concettuale seppure legato al tradizionale dettato della pittura, ma anche e soprattutto alla storia dell’arte, quella con la S maiuscola. Nelle sue opere, forse la corrente più leggibile è quella della metafisica ancorata all’interpretazione data da Carlo Carrà, cui si affiancano spesso dettagli associabili ai cosiddetti primitivi italiani, Beato Angelico soprattutto, punto di riferimento del maestro da sempre dichiarato. Finezze e particolari della sua poetica sono leggibili nello scandirsi delle stanze della Reggia, in un percorso che offre al pubblico il dipanarsi di forme inedite e di oggetti comunque appartenenti al quotidiano. Si parte con le opere degli anni Sessanta, dove spiccano i suoi curiosi segnali stradali divenuti nel tempo cifra distintiva della sua ricerca, non pop come in molti hanno teso a definirla ma semplicemente dedita alla registrazione delle cose che circondano banalmente il vivere. Si prosegue poi con paesaggi o nature morte, realizzati soprattutto negli anni Ottanta che rappresentano oggi probabilmente il lavoro più noto di Stefanoni. È forse qui che il senso della pittura oltre la pittura si fa più tangibile. Qui, nei Senza titolo, si legge una profonda riflessione sul tema della rappresentazione capace di aprire scenari immaginativi dove la pittura, ridotta all’essenziale, si fa metafora di trasformazione del pensiero. pittura oltre la pittura non va considerata semplicemente come la chiusura del percorso di un artista ma come l’apertura a diversi campi di ricerca in ambito pittorico di cui Tino Stefanoni è stato un grande interprete “oltre” le tradizionali correnti maggiormente riconosciute nella storia.
Tino Stefanoni
pittura oltre la pittura
fino al 7 gennaio 2018
Reggia di Caserta
Viale Douhet, 2/a, 81100