Noi siamo la nostra memoria,
noi siamo questo museo chimerico di forme inconstanti,
questo mucchio di specchi rotti.
(Jorge Luis Borges)
Entrare e visitare luoghi abbandonati al tempo dall’esistenza. Entrare e rivisitare quei luoghi con la propria mente e viverli come se in un tempo ci fossero appartenuti. Riappropriazione di un passato che è solo presente come la memoria ci ricorda. Sensazione che si prova visitando Spectra, la mostra personale proposta da 4ARTS Gallery in una delle strade caratterizzanti il centro storico di Marsala e presenta Piera Campo, un’artista fotografa di origine siciliana ma che ha vissuto e lavorato per diversi anni all’estero, venendo a stretto contatto con l’arte internazionale.
Spectra fa riferimento ai luoghi fotografati di Piera Campo, al loro apparire spettrale come luoghi della memoria, dopo essere stati mostrati per la prima volta in Stadsschouwburg De Lawei Drachten (Paesi Bassi) nel 2012.
Fotografia abitata, quella di Piera Campo poiché racconta e ripropone luoghi del passato, sofferti, vissuti, amati, lacerati dall’abbandono, ma “abitata” perché ricreata attraverso la pittura e l’aggiunta di elementi periferici. Sono luoghi del Sud in cui ha vissuto, le stanze sono luoghi sognati dalla stessa Campo, la quale immagina di avere abitato. Fotografia abitata dalla pittura e pittura che abita la fotografia. Mentre la fotografia blocca un momento, in questo caso un luogo, lo immobilizza, rendendolo eterno. La pittura e gli elementi periferici, introducono presenze, creano movimento e profondità, aggiungono del nuovo lasciando percepire sempre le vite vissute, i momenti condivisi. Ad esempio in “Senza Titolo”, i pezzetti di pluriball inseriti, simulano bolle di sapone che fuoriescono dalla vasca da bagno. Questa fotografia fa vivere un momento di intimità, di relax in un luogo che oggi ha tutte le caratteristiche dell’abbandono ma che prima non lo era. Si vivono emozioni contrastanti, di tenerezza e di inquietudine, di rifiuto e di accettazione dei ricordi.
Fotografia non come documentazione ma come riappropriazione di luoghi della memoria e creazione di altro. Vissuto che si aggiunge ad altro vissuto. Pittura che si aggiunge alla fotografia. È convivenza!
Spectra si presenta come luogo in cui fotografia e pittura coabitano, relazionandosi tra loro, riportando in vita ciò che non esiste più e ciò che non è mai esistito nella realtà ma vive nell’immaginazione dell’artista, affezionata ai luoghi della memoria. Un rapporto che sta alla base delle ricerche svolte negli anni Sessanta/Settanta in artisti, quali, citando alcuni, come John Baldessari, Luigi Ontani, Gerhard Richter e come Helena Almeida che ha fatto del proprio corpo il luogo in cui principalmente vi abita, intervenendo con tocchi di pittura dal blu intenso. In “Pintura habitada” (1975), titolo di una sua opera, l’artista portoghese utilizza il suo corpo per comunicare e creare spazio architettonico e pittorico. In questo specifico caso la fotografia è unione fra il corpo dell’artista e la pittura.
La fotografia di Piera Campo, invece, restituisce una dimensione singolare e alternativa, lo spazio concettuale che permette di andare oltre. Oltre il racconto della fotografia, che esiste insieme alla pittura, là dove la pittura, copre, segna, macchia, incide, sottolinea, graffia, decora o imbruttisce. In “Not in my family”, la Campo si riappropria di una vecchia fotografia, che raffigura due sposi, ne ribalta il senso, coprendola con strati di pittura, rosso cupo e nero, creando sullo sfondo sagome oscure e provocando nello spettatore una sorta di disorientamento, di turbamento, di allontanamento improvviso. Nel recupero e nel riutilizzo di fotografie già esistenti, Piera Campo desidera evidenziare il valore compreso nella memoria, spesso trascurata da una società impegnata a vivere freneticamente il presente.
Gianna Panicola