Prenderà corpo oggi, sabato 18 febbraio, presso il Centro Pecci di Prato, un’interessante progetto battezzato Stash, nell’ambito della rassegna New Gesture #1: Giovani coreografi per la fine del mondo.
Va premesso che l’operazione rientra nel contenitore promozionale della mostra inaugurale della recente riapertura del suddetto Centro intitolata, appropriatamente, La Fine del Mondo e curata da Fabio Cavallucci, attuale direttore.
Bene, detto questo si percepisce l’aspetto ibrido che Stash si propugna di offrire.
La base accattivante del progetto si fonda sull’incontro occasionale e apparentemente incompatibile tra un performance/coreografo Jacopo Jenna e l’artista visivo Jacopo Buono; il primo incentra la sua ricerca sulla danza e promuove un linguaggio che utilizza il corpo, il secondo, più giovane, reduce dal mondo fatiscente della Street Art, dove è ricordato come Moallaseconda, concentra la sua indagine sull’accumulo materico e sulla grafica. Nessuno dei due pone limiti ai confini del proprio campo di ricerca e si sono piacevolmente ritrovati nel sperimentare assieme questa proposta performativa/installativa.
Luca Sposato: Cosa ti piace dell’arte di Buono?
Jacopo Jenna: “Sicuramente la spontaneità; il suo accumulare oggetti, riconoscibili in ogni momento, in funzione di un suo istinto creativo mi stimolava, perché la sua azione può dialogare con il movimento, il gesto tipico di una performance. Disegnano lo spazio.”
Jacopo (Buono) ha sicuramente un’identità grafica che lo porta a tracciare, a lasciare segni qualsiasi sia la natura dello strumento utilizzato, dal pennarello, ai pezzi di legno, ai suoni…
Jacopo Buono: “Sì, infatti mi piace sperimentare e provare esperienze sempre nuove, senza limitarmi. Ultimamente mi piace utilizzare il synth e il computer per creare suoni che rievocano un po’ la cultura Rave degli anni ’90: non è però un tributo o un altarino a quel mondo, tengo a precisare, è un’evoluzione, una trasfigurazione del repertorio mio e di Jacopo.”
JJ: “Perchè non deve essere legato a qualcosa, non deve avere catene metriche, anche la performance non avrà inizio, inteso in senso canonico, tutto seguirà un flusso: aggiungo che volutamente non ci saranno beat, come avveniva e avviene nelle esibizioni Rave, perché non è un concerto, ha una fruizione visiva.”
LS: Un punto d’incontro con quella cultura potrebbe essere il coinvolgimento collettivo, dato che il pubblico non sa quando aspettarsi l’inizio, e l’intercambiabilità dei vostri ruoli come se l’atto creativo non provenisse dalla somma dei singoli ma dalla scena stessa: Brian Eno ha coniato, per l’appunto, il termine “Scenius”, il genio della scena. Di fronte a questo superamento concettuale delle vostre pratiche artistiche, mi vien da domandare a Jacopo Jenna: che cos’è per te la danza?
JJ: “Danza è quando lo sguardo si aggancia al movimento. È un linguaggio puro, fatto di singoli momenti di realizzazione, ma che sono essi stessi danza.”
LS: Un momento epifanico, quindi. A te Jacopo invece chiedo: cosa significa Stash?
JB: “Niente! (ride) No, Stash nel linguaggio da strada era quell’oggetto, quello cosa che nascondeva le scorte, le droghe, ma non è una cosa predefinita, non ha forma, è sempre cangiante. È lo spazio segreto, nascosto, così come la nostra performance!”
Jacopo Jenna è un coreografo, performer e filmaker che crea lavori per la scena, il video e per installazioni. La sua ricerca indaga la percezione della danza o la coreografia come pratica estesa. Laureato in Sociologia si approccia alla danza in età adulta formandosi presso Codarts (Rotterdam Dance Academy). Ha collaborato in Europa con compagnie stabili e progetti di ricerca coreografica. Il suo lavoro è prodotto e supportato da spazioK/Kinkaleri, negli ultimi anni ha presentato i suoi progetti presso Centrale Fies (finalista di LiveWorks Vol. 4 Performance Act Award), Cango /Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza, Martmuseo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Contemporanea Festival, Pépinières européennes pour jeunes artistes/Jeune Création-Vidéo Cinéma (2014), Fabbrica Europa, LeMurate Progetti Arte Centro di Contemporanea, CROSS International performance award (2015).
Jacopo Buono o Moallaseconda ha studiato Grafica all’Accademia di Belle Arti di Firenze, sviluppando sia il disegno che l’incisione: ancora oggi produce lavori monotipo su carta con una personalissima idea di stampa basata sull’uso della materia come matrice. La strada e la città sono i suoi supporti prediletti dove da molti anni esegue opere murali. La sua ricerca artistica ha conquistato plasticamente lo spazio pubblico utilizzando le ricchezze formali offerte dalla strada, come il riutilizzo e la trasformazione di rifiuti urbani. La sua pratica sottolinea il senso effimero e transitorio delle creazioni artificiali destinate all’uso commerciale. Le sue installazioni, spesso catturate da foto e video, diventano summa poetica dei suoi grafismi, tracciati non più sulla parete o sulla carta ma determinando uno spazio fisico, assumendo l’immagine di texture tridimensionali e personalizzando l’ambiente in un vero e proprio habitat.
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica, 277, Prato
New Gesture #1: Giovani coreografi per la fine del mondo
presenta: Stash
Sabato 18 Febbraio 2017 h 17.30