“Una mostra di filosofia” così l’ha definita la curatrice Elena Pontiggia durante la conferenza di apertura lo scorso sabato 22 febbraio 2014 presso il Museo Palazzo de’ Mayo di Chieti. Sironi e la Grande Guerra. L’arte e la prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix– promossa dalla Fondazione Carichieti e sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica– non è solo una mostra d’arte, ma costituisce anche un percorso filosofico e di testimonianza sulla Grande Guerra in un anno (2014) in cui ci avviciniamo a celebrare il centenario della prima guerra mondiale (1914-1918).
Artisti quali Balla, Carrà, Léger, Grosz, Dix, Previati e Nomellini introducono l’itinerario espositivo con dei lavori che descrivono tutta la drammaticità dell’esperienza del grande conflitto, passando poi “la parola” al grande artista Mario Sironi al quale sono state dedicate le altre quattro stanze in cui prevalgono i lavori degli anni 1915-1918. Dalle vignette satiriche per la rivista “Il Montello” alle illustrazioni, dai ritratti dei commilitoni ai disegni preparatori degli anni 30′, le opere di Sironi ci raccontano il grande conflitto come un’esperienza intima e personale che abbraccia il complesso e contraddittorio ventaglio di sentimenti d’interventismo nel 1914, di sofferenza e interrogativi negli anni vivi della guerra e di memoria dolorosa negli anni successivi. Il linguaggio sintetico di certe illustrazioni ci permette di cogliere un linguaggio artistico che incarna appieno la poetica di quegli anni, facendoci avvicinare ad una condizione d’animo che ormai non ci appartiene più. Se nelle prime illustrazioni Sironi ci presenta il soldato come un eroe concreto e la morte come un gioco, in opere cronologicamente successive allo scoppio del conflitto, l’espressione del linguaggio cambia a favore di un incommensurabile sentimento straziato dalla morte vissuta come realtà e dall’eroismo percepito come fattore principalmente umano. I ritratti dei soldati, disegnati con tratti di matita rapidi come saette, sono volti di persone colte nella quotidianità di un momento di riposo dal combattimento; il loro eroismo non sta nell’azione, ma nello stare lì senza fuggire. E poi la Vittoria alata -dipinta su cartone nel 1935 per l’affresco L’Italia fra le scienze e le arti dell’Aula Magna dell’Università La Sapienza di Roma- oltre a costituire un’unica testimonianza autentica dopo il restauro devastante dell’affresco, è un’opera che chiude questo percorso artistico-filosofico con la poesia della figura alata che attraverso la sinteticità di linguaggio simile a quello di una lunetta romanica, descrive l’autenticità di un’illusione che dopo pochi anni si sarebbe sgretolata: la vittoria dell’Italia.
Museo Palazzo de’ Mayo
corso Marruccino, 121 Chieti
dal 22 febbraio al 25 maggio 2014