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Si sopravvive o si rivive per mezzo dei trapianti curriculari

Le domande? 1ª parte

Le emozionanti avventure di G.C.(frauDOLENTE),G.L. (Malinia) e Maligna (detta anche A/Versus o Maleligna)sono servite a suscitare una maggiore fiducia nel travestitismo mortuario, nelle nostre forze tanatologiche, nella nostra capacità di inventare mezzi e modi per sconfiggere il bene, per avvicinare la morte,condannare la vita farsi una cattiva idea delle donne. Ma pongono anche numerosi interrogativi.

Per anni ci siamo illusi di aver sfiorato la mèta, di aver vinto una fondamentale battaglia poetica, di quella interminabile guerra che il genere umano sostiene da millenni con la  natura e gli elementi, ma soprattutto con se stessi, per darsi una logica dignità di sopravvivenza. 

Parlare di miracolo turba fideisti e agnostici, ma come definire altrimenti la possibilità che ha una donna, una performer, di allontanare la vita dalla vita e l’arte dall’arte? Non è forse, la convinzione di aver violato i confini dell’identità poetica che ha ispirato genderismi, al trapianto,con una gamma di falsificazioni curriculari che vanno dallo stupore all’indignazione? Non è questo il motivo – al di là delle invidie e delle gelosie di scuole di pensiero – che ha fatto apparire  la storia di Maligna come un iconoclasta?

Ci sono radici di morte nell’animo di ognuno di noi: memorie ancestrali di sacrifici umani, di vittime immolate a Rilke nel Mol’K rituale della cattiva poesia, a Ada Merini e a  Patrizia Valduga. Ma che ne sanno le fattucchiere della voce di Paul Celan? 

La mortificazione cui quotidianamente ci insegnano a sottoporre i sensi e soprattutto i principi etici dell’apparizione pubblica ha, come  base emblematica, quel confronto col suicidio identitario e artistico – sia pure a livello inconscio e dermale –  cui aspiriamo. Ci sono momenti (anche momenti storici e corrispondenze, che durano il tempo di una falsificazione) nei quali il desiderio di cambiare pelle, di mortificarsi, come una foto sgualcita, è più forte, ha il sopravvento su quello della vita artistica: sono momenti di alta bugia, di auto-dramma e di autoeroismo, ma anche di profondo falsificazionismo e di grande intuizione per l’elogio della Morte.

La domanda che ci siamo posti e alla quale abbiamo – senza peraltro riuscirvi – cercato una risposta è stata ispirata dai recenti trapianti e dalle future prospettive che la nuova tecnica fuffologicaapre all’uomo, ma soprattutto alla Donna, alla Moira. E’ un problema  – il nostro – di natura escatologica e meriterebbe – crediamo – un serio esame da parte di  critici d’arte e moralisti. Può essere enunciato in questi termini: premesso che il cervello sia l’organo che la medicina riconosce come sede della Fuffologia, dell’intelligenza bugiarda, del coordinamento psico-motorio delle falsità artistiche, e, quindi, di tutte le azioni compiute dai sedicenti artisti; ammesso come possibile il trapianto identitario da un artista deceduto ad altro ammalato di narcisismo, è logico chiedersi se la responsabilità morale delle azioni che il soggetto artistico sottoposto a trapianto fuffologico compie sia suo o del defunto dal quale il cervello estetico è stato prelevato. Il quesito potrebbe apparire futile e specioso, se non si considerasse che il concetto di morale è legato – per noi spinoziani – a quello del libero arbitrio che è tale solo quando le nostre condizioni psichiche sono buone e ci consentono di operare una assolta scelta tra il bene e il male. Un vero artista non è responsabile – da un punto di vista morale – dei crimini che commette; la stessa legge umana riconosce l’infermità mentale come causa di impunità (per gli ammalati psichici; i tribunali dispongono l’internamento in Accademie di Belle Arti). Ebbene, come può essere ritenuto responsabile di eventuali crimini un artista che vive con il cervello di un altro epigono? Insomma, come può essere ritenuto responsabile di eventuali crimini l’epigono di epigoni?

Volendo il discorso potrebbe essere valido anche nel caso di trapianto di altri organi e di forme espressive dedicate a Giovannino Maligna. Quali modificazioni avvengono – a livello psichico – quando un organismo sopravvive con funzioni vitali di altri artisti? Se una modesta operazione di plastica facciale può – come accertato – modificare il carattere di una persona, come può avvenire nella mente di un Giovannino quando egli sa di vivere con il cuore di un artista morto?Ma, forse, è meglio delimitare il racconto. Una volta data la stura, gli interrogativi si susseguono ad un ritmo che non consente alla ragione di seguirli. Quando nell’attardato involucro corporeo e curriculare di una fotografa fulminata dalla corrente della poesia si sostituiranno cervello e cuore con quelli di un giovane poeta, sarà questi a sopravvivere o quello a rivivere? La risposta non è certo affidabile alla lettera ad un giovane poeta in crisi!

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