Negli ultimi anni la consueta settimana di fine gennaio dell’arte bolognese, con Arte Fiera al timone naturalmente, e tutto il corollario di eventi in città: fra esposizioni museali, gallerie private e installazioni, si è arricchita grazie anche a SETUP. La piccola fiera indipendente (pensata sull’esperienza della sorella maggiore “The Others”) nasce con l’intento preciso di creare visibilità a giovani talenti: un Setup per l’appunto, un avviamento, uno sguardo incubatore, ma anche solleticare quel mercato medio che, azzeratosi negli anni in virtù della crisi economica, cerca un’estetica non omologata e accessibile. Porte aperte, dunque, a gallerie giovani, associazioni e gruppi di ricerca, e porte aperte anche ai piani superiori dell’Autostazione di Bologna, ex uffici comunali non utilizzati all’epoca, ripopolati per l’occasione da situazioni fresche e leggere. In sintesi, questo è sembrato sin da subito il messaggio, tutti possiamo diventare piccoli collezionisti, senza pretese di toccare corde alte del mercato, nessun miliardario nell’ombra, semplicemente l’indirizzo a orientarsi su qualcosa di originale e personale anziché un banalissimo poster. Ci pare che, anche questo è fare cultura, forse più di tante altre situazioni, sebbene, bisogna dirlo, non sempre abbiamo visto eccellenze. Ma se qualche scivolone nel corso del tempo SETUP lo ha fatto (in fin dei conti lo fanno anche le grandi fiere), glielo perdoniamo in virtù di quello spirito controcorrente, fresco e innovativo con cui si è caratterizzata, a nostro avviso, anche grazie agli spazi dell’Autostazione. Sul luogo, le critiche della stampa sono sempre state abbastanza pesanti, per noi, invece, in esso si condensa un’idea di attraversamento, di passaggio, di un andare oltre, e prova ne è, volendone citare qualcuna, che talune situazioni, gallerie o singoli artisti, da quel contesto sono poi passati alla Fiera madre o a essere rappresenti oggi da spazi che si muovono su un mercato di fascia superiore.
SETUP, ideata da Simona Gavioli e Alice Zannoni, quest’anno, invece, cambia sede (la notizia è dello scorso 4 luglio) per trasferirsi nel centro storico della città felsinea, nel settecentesco Palazzo Pallavicini, dove da settembre a fine gennaio 2018 sarà ospitata la grande antologica dedicata a Milo Manara. La scelta ci sembra azzardatissima e l’impressione generale è che ciò tolga smalto al format iniziale, anche perché i numeri di dell’Autostazione, aldilà delle polemiche, sono molto incoraggianti: 653 artisti hanno esposto a SETUP, 192 le gallerie che via hanno partecipato, di cui 34 straniere, ma soprattutto 960mila sono gli € di opere vendute in 5 anni.
Ci racconta questo cambio di rotta Simona Gavioli – Presidente di SetUp Contemporary Art Fair.
Redazione: Cambiare sede adesso, quando l’Autostazione è diventata un luogo riconoscibile per la città e per il mondo dell’arte, aldilà di qualsiasi problematica, non sarà, forse, un passo troppo audace?
Simona Gavioli: Avevamo bisogno di una nuova sfida per movimentare un format che necessita continuamente di nuova linfa per non esaurirsi, inoltre è da tempo che i galleristi stessi ci chiedono un cambiamento, un gesto forte che confermi il nostro spirito controcorrente.
R: Il format dunque si modificherà o resterà lo stesso? E come pensate di far dialogare il contemporaneo in uno spazio così storicizzato? Non sarà, forse, tutto troppo indirizzato più all’idea di mostra che di fiera?
S.G.: Il format resta invariato: le gallerie sono invitate a presentare un artista under 35 accompagnato dal testo di un giovane curatore/critico. Sicuramente chiediamo uno sforzo immaginativo in più a chi parteciperà, ovvero di ragionare anche sul luogo, anche se, da un punto di vista tecnico lo spazio sarà organizzato in box per permettere ai galleristi di lavorare al meglio. Tuttavia, sicuramente daremo indicazione di considerare in modo pregnante la pittura e il disegno e anche di ridurre il numero degli artisti da esporre. Si ridurrà anche il numero delle stesse gallerie che da 60 passerà a 40, non solo per esigenze diverse dello spazio, ma proprio per garantire una maggiore qualità della fiera.
R: Ma l’Autostazione che fine farà?
S.G.: Ciò che farà l’amministrazione è un tema altro ma non la lasceremo definitivamente, perché siamo consapevoli che, nel bene o nel male, quello è diventato un punto di riferimento nell’urbanistica artistica di quei giorni. La utilizzeremo per proporre grandi opere installative, ispirandoci ad Unlimeted per intenderci, ovviamente, sempre privilegiando situazioni sperimentali e giovani. Proprio per lasciare spazio a questa libertà espressiva, avevamo bisogno di un luogo più sommesso, dove proporre comunque un’arte emergente ma dal gusto più filtrato.
R: Cosa ricorderai di questi 5 anni in Autostazione?
S.G.: Ricordo sempre i 10 minuti prima dell’inaugurazione. L’attesa. Ho sempre la sensazione che nulla accada e invece succede: SETUP apre e poi tutto scorre, passa e ricomincia. E l’attesa sarà proprio il tema della prossima edizione.
R: Oltre a SETUP avete aperto l’associazione CARAVAN SETUP. Ci racconti qualcosa del vostro ultimo progetto a Mantova?
S.G.: Si chiama Without Frontiers, Lunetta a Colori Mantova2017, ed è un progetto che, curato insieme a Giulia Gilberti, per il secondo anno, si è allargato ad altri spazi di Lunetta con l’obiettivo di generare un continuum, un ponte, tra ciò che è il centro di Mantova, per la sua storia dell’arte e ciò che è periferia e rappresenta per i suoi abitanti. In pratica, l’operazione ha sviluppato una relazione tra il concetto di arte urbana e di arte pubblica, prevedendo l’intervento di artisti affermati nell’ambito dei graffiti-writing, ma anche di altri che non necessariamente utilizzano il tessuto urbano come veicolo principale per la loro arte che, contrariamente, ha sempre viaggiato per binari diversi rispetto all’Arte Urbana propriamente intesa. Zedz, Elbi Elem, Made514, Corn79, Etnik, Fabio Petani, Penem et Circenses, sono loro i protagonisti di Without Frontiers, Lunetta a Colori Mantova2017