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Secondo giorno di Museomix. Nuove proposte di comunicazione per le collezioni dei musei italiani

È finita, o forse non è mai esistita, l’epoca in cui i musei erano luoghi statici, imbalsamati, da vedere e non da vivere. L’obiettivo di Museomix è quello di invitare il pubblico a riappropriarsi dei musei di tutto il mondo per inventare nuovi modi di viverli e conoscerli. Dentro il Museo di Storia Naturale non si ferma la tre giorni che lo renderà diverso, ma con meno limiti concettuali e senza timori di fronte alle novità. Una delle equipe al lavoro, “Gli scheletri nell’armadio”, si sta concentrando sul risolvere l’inacessibilità dei depositi, rendendoli visitabili attraverso l’innovazione tecnologica, ma di più, attraverso una mentalità espansiva. Un problema condiviso dai musei italiani in generale, considerati pure i recenti tentativi del Mibact di catalogare l’intero patrimonio naturalistico, con la stessa attenzione riservata per tradizione alle arti figurative. Un deposito come quello del Museo di Storia Naturale, che conta oltre diecimila reperti, ovvero circa il doppio di quelli esposti nelle teche, necessiterebbe di un’archiviazione visiva: corridoi di conchiglie, mammiferi, uccelli, insetti, minerali, fossili ed erbari, conservati nella maniera più idoneo possibile e cervi, lupi e piccoli animali delle riserve boschive circostanti che la Forestale ha destinato al museo. Il gruppo di ragazzi sta sviluppando un prototipo che connetta le sale alla ricchezza del deposito. Sono partiti da un hashtag specifico per divulgare i contenuti delle collezioni. La comunicazione diventa il primo tassello per creare una tendenza tra i social user, portandoli a raccontare i loro depositi: da un’intenzione virtuale il progetto della squadra intende impostare un’abitudine che susciti la curiosità dei fruitori accompagnandoli, con il tempo, a una reazione concreta. Comunicare in modo strutturato significa coinvolgere sul campo competenze inattese, come quella di Alessandro Tagliati, attore di teatro ed esperto di storytelling, o quella di Alberto Michelon, tassidermista di Padova.

Alla seconda edizione estense non poteva mancare una mascotte adeguata. L’orso polare che da sempre mostra le zanne ai visitatori del Museo, prima nel fablab è stato ridotto in scala dalle stampanti 3D delle aziende Tryeco 2.0 e MakeInCo, che ne hanno fatto un orsetto tascabile, poi è stato fumettizzato dalla designer Silvia Franzoni e stampato sulle tshirt dei mixer. Il passo successivo è stato dargli un nome, l’orso Borso, non a caso. «È stato il primo duca di Ferrara – spiega l’organizzatrice Sharon Reichel, che ha scelto il nome – nonché colui che ha reso la città quella che è oggi. Inoltre il quadrivio modernista dove si trova il museo è vicino a Ercole I d’Este, un po’ come legare il Museo di Storia Naturale al resto della città. Anche se il palazzo sta in un’area differente dal contesto architettonico circostante, appartiene alla città proprio come la manifestazione. In più, nel nome c’è la ‘b’ di bear. A un museo cosa serve? Essere il più vicino possibile alla cittadinanza, alla vita di ogni giorno, perché il museo vive del suo pubblico che si deve riconoscere all’interno dei suoi spazi. L’orso polare è arrivato da lontano, ma ha il diritto di essere ferrarese anche lui. Insomma, Museomix è un gioco molto serio: il format comunica nozioni serie con un approccio simpatico».

#saicosatiperdi, #museomix

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