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Se dico aria

Inaugura sabato 2 agosto Se dico aria, all’interno del Festival delle Arti di Camerano (An), la mostra dove sei artisti internazionali contemplano l’aria riscoprendone la sostanza, l’ampiezza, l’invadenza, il limite, per mostrarne il fascino delle suggestioni che origina, mediante installazioni appositamente pensate per la Chiesa di San Francesco a Camerano. Gli artisti invitati, per loro natura, osservano la realtà e trascendono il dato materiale, percepiscono la profondità delle cose e si abbandonano a un’azione meditativa. Nel loro immaginario, l’aria è leggerezza, sospensione, possibilità di far fluttuare ciò che si contrappone con la pesantezza e l’immobilità. L’aria cerca, s’infiltra, delimita, stravolge pesi e misure ma si arrende alla chiusura dei confini. L’aria coinvolge l’invisibile e trascende il visibile invadendo il conscio e il sub-conscio. È essenza vitale in cui viaggiano i corpi e con essi idee, ideologie e culture, in una dimensione spazio-temporale perennemente al di là della nostra percezione.

aria_mostra Gli artisti invitati a Camerano penetreranno nell’aria, lasciandosi invadere da pensieri, sensazioni ed emozioni, per dare nuova forma a pesi di misure reali e contrappesi di dimensioni sognate.

L’inglese Chris Gilmour con gli aeroplani e il pianoforte sospeso si compiace della leggerezza, soppesando la materia e approdando all’uso del cartone, materiale fragile, duttile, facilmente deperibile, per la costruzione di oggetti solitamente pesanti, corposi, stanziali. Angela Glajcar, tedesca, innalza cattedrali di carta candide, spettrali, che vivono in uno spazio empirico e sovrastano l’edificabile. Le sue forme traforate, accostate fra loro, aprono varchi per l’anima, grembi protettivi in cui rifugiarsi; cercano l’origine della vita, procedono verso un volo spirituale di intensa magia. 
Gianluca Quaglia, giovane artista milanese, invece, si sofferma sul limite tra visibile e invisibile, tra dato finito e infinito, tra ciò che permane e ciò che muta aspetto, consistenza e materia. Questi rapporti, alla radice del suo pensiero, generano nuove relazioni tra l’essente e la suggestione che dal reale scaturisce. 
Medhat Shafik, egiziano per nascita, vola con la fantasia e ricrea spazi e linguaggi simbolici dove stare, luoghi mentali e ideali, ricchi di meraviglia e incanto. 
La nipponica Kaori Miyayama si lascia permeare dal movimento dell’aria con una raffinata ed evanescente simbologia che veicola culture e linguaggi. Il suo labirinto di organza racconta Le radici del cielo; un intreccio di relazioni fra popoli e storie di uomini che muovono l’aria ed edificano il tempo. 
Marcello Chiarenza, siculo ma svizzero di adozione, apre reti luminose che diffondono stelle e promulgano speranza. In un afflato divino pescano umori, le sue ancore, predisposizioni e intenzioni per trasformali e rilanciarli in fasci di armoniosa luce; una finestra sull’uomo e la sua dimensione umana.

La mostra, che resterà aperta fino al 18 ottobre, è ospitata nella Chiesa di San Francesco, attualmente l’edificio, di proprietà del Comune, pur essendo saltuariamente officiato, è sede di periodiche manifestazioni culturali quali mostre e concerti. 
La chiesa è a pianta rettangolare con abside ellittica dietro l’altare maggiore, presenta quattro altari laterali, due su ciascuna navata. La volta è a botte e l´interno decorato con stucchi a scagliola, colonne sormontate da capitelli corinzi e motivi ornamentali tipici dello stile settecentesco.

Maggiori informazioni sul sito Caleidoscopio.

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