Correva l’anno 1546 e Michelangelo Buonarroti diede alle stampe uno dei suoi sonetti più famosi, vero e proprio Manifesto del suo pensiero artistico, in cui asserisce il processo di sottrazione della Scultura, “per via del levare”, con la forma già insita nel blocco di marmo e liberata dall’artista grazie alla “man che ubbidisce all’intelletto”. Questo concetto, concretizzato nei Prigioni, noti anche come Non-finiti, germoglierà nell’Ottocento sopratutto con Rodin e Medardo Rosso, offrendo così alla scultura del Novecento un sentiero tutt’ora battuto e legante, quasi ancestralmente, con tutta la tradizione plurimillenaria di quest’Arte: il dialogo con la natura. Questa breve e improba premessa è necessaria per cogliere l’appagante excursus offerto da “Utopia e progetto. Sguardi sulla scultura del Novecento”, a cura di Mauro Stefanini presso la Galleria Open Art di Prato.
Nella logica di uno spazio polivalente, quel dialogo con la natura, poc’anzi accennato, si dirama in varie e piacevoli accezioni, mostrando efficacemente la conquista umana nei confronti di questa tecnica: riprendendo Benedetto Varchi, che interpreta aristotelicamente il sonetto di Michelangelo, “potenza” e “atto” dello scultore concorrono alla creazione artistica.
Di forte impatto scenografico l’Anello di Mauro Staccioli che, al pari di un contesto arboreo, dialoga con la selva di sculture circostanti, restando fedele alla sua impronta di scultura-segno: voltando e mirando, ecco apparire i preziosi bronzi di Mirko Basaldella, quasi piccole divinità, fiancheggiate e protette dal Personaggio di Agenore Fabbri e da Fandango di Dino Badasella, opera cui puntualmente Beatrice Buscaroli, nel testo critico del catalogo che accompagna la mostra, sottolinea la “fedeltà al materiale” enunciata da Henry Moore.
Totemiche e carnose seguono le opere di Guido Pinzani, cornici ideali della lotta contro la materia osservata in Beverly Pepper e Quinto Ghermandi, crude e squisite creazioni dal vago accento zoomorfo (richiamo più esplicito in Luigi Mainolfi e Paolo Maione). Ad equilibrare la forza plastica di Ghermandi, si notano le morbide e sensuali, per non dire osé, proposte di Jiří Kolář, mediate dalle lucide e liquide schegge di Francesco Somaini.
Ad abundantiam la monumentalità di Giuseppe Spagnuolo, la musicalità astratta di Yasuo Fuke e Walter Fusi, l’organica grazia di Nino Franchina, fino alla curiosa e felice eccezione delle pitture di Marino Marini: ogni autore (e diversi altri) contribuisce con la sua storia ad arricchire la Storia della Scultura, ovvero, della necessaria battaglia, individuale e collettiva, dell’uomo per conquistare la materia circostante in un’incessabile conferma del proprio essere, tramite l’intelletto, ma grazie alla mano.
UTOPIA E PROGETTO
fino al 23 settembre 2017*
*dal 1 al 31 agosto 2017 la Galleria Open Art osserverà la chiusura estiva.
GALLERIA OPEN ART
Viale della Repubblica, 24 – Prato
+ 39 0574 538003 www.openart.it ; galleria@openart.it
15.00 – 19.30 lunedì – venerdì
10.30 – 12.30 15.00 – 19.30 sabato
Chiuso domenica e festivi
MONOGRAFIA: Carlo Cambi Ed. – ITA/ENG. Con testo critico di Beatrice Buscaroli