È terminata pochi giorni fa, lo scorso 18 ottobre, la mostra (S)Confini – Impressioni al margine, organizzata e promossa da ARATRO – archivio delle arti elettroniche – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Università degli Studi del Molise – Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione e dalla Galleria Gino Marotta, che ha visto protagonisti gli artisti molisani Michele Peri (1947), Valentino Robbio (1958) e Antonio Tramontano (1965) fra le sale del 2° edificio Polifunzionale dell’UniMol di Campobasso.
Curata da Lorenzo Canova, Piernicola Maria Di Iorio e Tommaso Evangelista l’esposizione ha voluto stimolare, attraverso le eterogenee ricerche dei tre artisti, riflessioni sul tema del confine e del suo superamento. Partiamo, innanzi tutto, dal luogo: la regione Molise. Sebbene abitata sin dall’età paleolitica (è noto il giacimento preistorico La Pineta di Isernia), popolata in età antica dai Sanniti, poi dai Romani, in seguito sotto il dominio Longobardo, Normanno, territorio del Regno di Napoli, poi annessa al Regno d’Italia, il Molise, dalla storia ricca, lunga e frammentata, nell’ultimo cinquantennio ha subito pesanti trasformazioni territoriali a causa delle vicende politiche, economiche e sociali che l’hanno interessata, tali da determinarne la caratteristica di luogo ai “margini”.
Questa regione può essere quindi considerata una sorta di entità frastagliata, espansa per certi aspetti, una zona sospesa soggetta a possibili e imprevedibili cambiamenti dove, al contempo, possono liberarsi forze creative capaci di insinuarsi in modo virtuoso negli spazi neutrali che solo la frontiera consente. Su quelle estremità (S)confinano, dunque, i lavori degli artisti che, nello sperimentare l’inconsueto, si confrontano con il luogo raccontando quelle zone di crisi che sono, per l’appunto, i confini. È questo il caso di Peri, Robbio e Tramontano che dal luogo in cui vivono e lavorano – radice innegabile delle proprie e distinte identità – hanno colto quel peculiare carattere di limen trasferendolo alle proprie ricerche, a loro volta attraversate da un senso di sospensione, di bilico e trasformazione. Michele Peri, ad esempio, con installazioni di stampo minimalista e geometrico, avvia un processo di frantumazione delle masse scultoree, dove materiali tecnologici e industriali, che si fondono ad altri di origine naturale, originano una sorta di silente conversazione tra l’uomo e l’ambiente che rimanda idealmente al patrimonio arcaico della sua terra d’origine, seppure nelle forme pienamente ancorato all’attualità della ricerca artistica contemporanea. Dalle installazioni di Peri si sconfina alle fotografie di Valentino Robbio che, nel muoversi sul piano bidimensionale, restituisce il medesimo vitalismo delle installazioni del primo. Sono frammenti di statue, busti e volti, i soggetti dei suoi scatti, elementi che appaiono allo sguardo di chi osserva come indizi di una mediterraneità dimenticata ma presente. Sono segni, tracce e spie di quella “dimensione virtuale del margine inteso quale luogo vitale della forma” cui fa riferimento proprio Tommaso Evangelista nel commentare il senso della mostra, e dove, prosegue sempre il curatore: “La costruzione del senso che avviene sul limite di questo confine indefinito comporta un perenne scarto tra visibile e velato, ovvero un senso precario della presenza. La chiusura (incondizionata) dei confini dell’opera d’arte subisce piccole crisi che si svolgono sui margini della rappresentazione”. Il senso precario della presenza è confermato nella non presenza dell’uomo nell’opera di entrambi gli artisti, evocato in Peri, dissimulato in statua in Robbio, evanescente, infine, in Tramontano, dove esso si fa sintesi nel gesto pittorico stesso. Ultimo passaggio, dunque, quello verso l’opera di Antonio Tramontano che si esprime totalmente attraverso la pittura. Artista in origine dedito alla figurazione dai palesi richiami al Quattrocento italiano, Tramontano arriva, con la serie in questa mostra al totale dissolvimento della figura, ad una pittura aniconica, da intendersi, tuttavia, non come negazione della presenza umana, per l’appunto, ma come un’indagine approfondita sulla sua essenza, dove luce e colore svolgono un ruolo determinante.
Tutta la mostra è, dunque, un continuum dove tempo, spazio e memoria si sovrappongono alle espressioni stesse dei medium utilizzati dagli artisti: installazioni/scultura, fotografia e pittura, ed esso è un continuum decifrabile proprio in quelle linee di confine che incessantemente vengono superate e si sovrappongono. Nei (S)Confini emerge, infine, una parola: collettività. E questa collettiva, come sottolinea sempre Tommaso Evangelista “è un invito alla contemplazione dell’inutile, dello (s)confine, della materia che si fa ricordo e corrode lo spazio dello spettacolo attraverso l’indagine scomposta della fine”.
Università del Molise
Edificio Polifunzionale
via De Sanctis 86100 Campobasso
La mostra si è svolta dal 28 settembre al 18 ottobre 2017.