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REVOLUTIJA da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky al MAMbo

L’ultimo scorcio del 2017 vede il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, impegnato al pari di numerose istituzioni italiane ed europee nella rievocazione dei fatti storici che riguardano la Rivoluzione Russa della quale lo scorso anno è ricorso il centenario. L’evento che estende la sua durata fino alla prossima primavera assume le caratteristiche di una grande mostra composta da settantadue opere tutte appartenenti al Museo di Stato Russo di San Pietroburgo. Al museo russo sono legati inoltre i due curatori della rassegna, Evgenia Petrova che ne è vicedirettore e Joseph Kiblitsky. La mostra Revolutija: da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky. Capolavori dal Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, prodotta e organizzata da CMS Cultura in partnership con il Comune di Bologna/Istituzione Bologna Musei, invita il pubblico a gettare uno sguardo su quanto avvenuto in Russia in campo artistico nel periodo compreso tra i primi anni del XX secolo e il quindicennio che segue la caduta del regime zarista. Nell’intervallo di tempo osservato sono analizzati presupposti, sviluppo e arresto delle avanguardie in corrispondenza al susseguirsi di vicende politiche, come la guerra, lo scoppio della rivoluzione, la vittoria dell’Armata Rossa, l’ascesa al potere di Stalin. La presenza di artisti meno noti al pubblico occidentale accanto ad artisti più celebrati e, riguardo a questi ultimi, la frequente presentazione di opere precedenti o tarde rispetto a quelle più conosciute, restituisce il clima di fermento e scambio culturale che caratterizzò la Russia negli anni che precedettero e accompagnarono la rivoluzione. Ci racconta allo stesso tempo i sentimenti di fiducia da parte di popolo e intellettuali negli anni che seguirono quest’ultima e infine la disillusione, alla conclusione del primo trentennio del secolo, per quella che era stata l’aspettativa di una nuova era da parte di un paese inizialmente ai margini del progresso industriale e con un ordinamento politico ancora di modello assolutista.

Le esperienze artistiche che ebbero luogo fino al 1913 ci portano a osservare una pittura che unisce istanze realiste e temi della tradizione popolare confluire in forme espressive attente alle sperimentazioni che avevano luogo in Europa occidentale nello stesso periodo. Risultano eccezionalmente rilevanti riguardo a ciò l’influenza del cubismo, del futurismo e del cubismo orfico. L’impeto sperimentatore che caratterizza il periodo prerivoluzionario si accompagna quindi a una profonda apertura oltre confine unita alla sensibilità da parte degli artisti russi a farsi diversamente interpreti della tradizione pittorica del loro paese. Si assiste successivamente, a partire dal Raggismo di Michail Larionov e Natalja Goncharova, fino agli anni che immediatamente seguirono la rivoluzione, allo sviluppo di quei movimenti di avanguardia che al pari degli eventi politici, impressero enormi ripercussioni su quanto avvenne presso altre aree geografiche non soltanto nel periodo di poco contemporaneo, citiamo per esempio l’esperienza che ebbe luogo a Weimar, Dessau e Berlino, ma anche nell’ambito di varie e differenti esperienze artistiche del secondo Novecento e dei nostri giorni. A partire dal primo quindicennio del secolo si afferma quindi tra gli artisti, in accordo con quanto da poco accaduto in Germania, l’anelito alla pittura “non oggettiva”, cioé autonoma nei confronti del mondo reale. Un’idea che approda nel suo estremo sviluppo alla valorizzazione dell’intuizione e della sensibilità dell’artista, alla ricerca della forma “suprema” e successivamente all’esaltazione di quella progettualità che vede il fare artistico non discostato alla realizzazione di prodotti di utilità destinati al popolo. Nel corso di questa decade spiritualismo, approccio lirico e colorismo acceso in ambito pittorico si accompagnano a ricerche all’insegna della razionalità e della riflessione sulla forma geometrica.

Il percorso intrapreso da Kandinsky tornato in patria allo scoppio della guerra e reduce dall’esperienza con il gruppo di Monaco risulta di poco contemporaneo anche se in molti aspetti differente al raggiungimento da parte di Kazimir Malevich di un’essenzialità formale assoluta come testimoniano le indimenticabili opere Quadrato rosso (Realismo pittorico di contadina in due dimensioni) del 1915, oppure Croce nera del 1923. Il neo-primitivismo di Chagal unito a suggestioni fauviste oppure orfiche segna anch’esso la composita realtà artistica degli anni della rivoluzione allo stesso modo di come accade per Rodchenko nonostante la profonda distanza tra le due ricerche. Le opere del 1918 eseguite da quest’ultimo lasciano intravedere l’attenzione all’aspetto progettuale inteso come elemento fondamentale dell’attività creativa. Tale principio risulta ancora assente in Modella di Tatlin del 1913, che appare decisamente lontana dai dettami costruttivisti dei quali l’artista si fece promotore. Il filo rosso delle avanguardie si arricchisce del caleidoscopio di ricerche precedenti, coeve e successive svolte in terra russa, che contribuiscono a raccontare con differenti linguaggi la Russia nei primi trent’anni del ‘900. Osserviamo quindi nella fase iniziale del periodo preso in esame un graffiante realismo segnare i volti e i corpi, come avviene nelle tele di Zinaida Serebrjakova, Filipp Maljavin, Boris Kustodiev. Osserviamo la rappresentazione di spazi esterni ampi, di atmosfera rarefatta nelle opere di Ilija Repin e in modo particolare nel celebre quadro 17 ottobre 1905. Stile neo-primitivo unito a suggestioni espressioniste oppure orfiche si trovano nella pittura di Grigoriev, di Petrov-Vodkin e di Serov degli anni immediatamente precedenti al 1917. Nel periodo rivoluzionario fino alla prima metà degli anni ‘20 gli operai, i soldati, i contadini, ma anche le nature morte sono resi attraverso l’essenzialità formale e la forza volumetrica. La raffigurazione delle scene con più personaggi avviene attraverso il sezionamento dell’immagine, la resa della simultaneità o del movimento. È il caso di molte opere dal tema politico o sociale che uniscono alla tradizione figurativa russa gli insegnamenti del cubismo o del futurismo. In qualche caso la volontà di farsi interpreti di nuovi valori sociali ed espressivi porta alla giustapposizione di modelli provenienti da occidente con i dettami proposti dai nuovi movimenti. Le novità più ricorrenti corrispondono all’abbandono della figurazione oppure all’anelito di “unire” tra loro le discipline artistiche avvicinando l’arte ai processi di produzione artigianale o industriale. Possiedono di volta in volta questi tratti le opere di Alt’man, Filonov, Brodskij, Drevin, Malagis, i vetri di So ja Dymšits- Tolstaja, la tela di Michail Matjušin.

Gli anni vicini e successivi al 1930 vedono ricorrere in misura maggiore il realismo figurativo, scene dal contenuto didascalico, e temi propagandistici. È il periodo in cui si colloca la celebre scultura L’operaio e la kolchoziana, di Vera Muchina oppure il ritratto di Stalin di Pavel Filonov. Tristemente coevo appare il ritorno al figurativismo in Malevich, di lì a poco, e in concomitanza con il rafforzamento del potere di Josif Stalin, si affermerà infatti il Realismo Socialista che lascerà precipitare la parabola delle avanguardie nell’arte russa nei primi decenni del Novecento.

L’articolo REVOLUTIJA da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky di Francesca Cammarata è pubblicato sul n.266 di Segno

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