Ci sono domande che nella storia culturale dell’uomo non smettono mai di essere attuali. Fra queste, ritorna sempre, ciclicamente e con determinazione, l’interrogativo: Che cos’è l’arte? téchne o idea, rappresentazione, espressione, gusto, bellezza o estetica che sia, ogni secolo ha dato ogni volta a questa parola il proprio significato, determinandone un sostanziale cambio di percezione. Sicché, guardando al Novecento, se c’è – ironicamente parlando – un colpevole da indicare per un nuovo cambio di rotta sul senso del termine arte, questo è certamente Marcel Duchamp. A lui si deve la rottura definitiva del tradizionale “fare” in favore di una dimensione completamente intellettuale dell’arte, che trova nello spostamento di contesto di oggetti già fatti (ready-made) il fertile terreno per nuovi valori artistici.
In quel vero e proprio RE.USE degli oggetti comincia così una storia che è quella dell’età contemporanea e quella indagata da questa mostra che, curata da Valerio Dehò, non a caso inizia proprio da Duchamp. Proseguendo con una disamina di artisti e opere, che corrono lungo tutto il secolo fino ai nostri giorni, il progetto RE.USE, suddiviso in tre macro aree di ricerca e dislocato in altrettante diverse sedi della città di Treviso, mette in luce come il tema dell’oggetto, dal noto orinatoio di Duchamp in poi, di esso in quanto scarto e poi del suo riutilizzo, possa essere trasversalmente considerato il legante sotteso ad esperienze artistiche finora considerate molto distanti fra di loro.
Sebbene la poetica dell’oggetto – se così si vuole definirla – sia un argomento noto e da più parti richiamato dalla critica a raccontare le variegate esperienze del secolo breve, quella di Dehò si configura come un’originale e inedita lettura del Novecento che tiene insieme per la prima volta i concetti di scarto, oggetto, ed ecologia nell’arte contemporanea. Tuttavia, non viene meno una strutturazione storico-filologica della mostra, indispensabile e necessaria, tanto agli spettatori quanto agli addetti ai lavori, per penetrare concetti affatto scontati.
La prima sezione, ospitata negli spazi del Museo di Santa Caterina, si snoda a partire Dal Ready Made alla coscienza ecologica, proseguendo poi al Museo di Casa Robegan con Il Riuso tra etica e memoria collettiva, terminando a Ca’ Dei Ricchi con la sezione Confluenze: arte attuale tra oggetti e merci.
Si comincia evidenziando, innanzi tutto, la prolifica produzione di oggetti caratteristica del Novecento, una produzione mai vista prima di allora, così come evidenzia Dehò, coincidente dalla Scuola di Francoforte in avanti con i bisogni del capitalismo. Molto interessante la giusta distinzione tra “cose” e “oggetti” che il curatore sostiene. Le prime, di pascoliana memoria si potrebbe dire, sono quelle che orbitano in una dimensione affettiva, le seconde quelle propriamente lontane da tale sfera soggettiva. Sicché dagli oggetti d’affezione di Man Ray, legati alla nostra sensibilità e memoria, il passaggio alla comprensione dell’agire di Tino Sehgal, e al suo rifiuto di produrre oggetti materiali per non aggiungere altri elementi a questo mondo strapieno, appare una diretta e ovvia conseguenza di un processo per “levare”. Processo che non a caso trova la propria genesi nell’Arte Concettuale, in artisti come Joseph Kosuth o Lawrence Weiner dediti alla sola concezione e progettazione e non realizzazione dell’arte. L’oggetto però, nonostante queste estreme provocazioni, non smette affatto di permeare il presente, al punto tale, come nel caso della Pop Art e dei Nuovi Realismi di far dimenticare la natura.
In questo punto della storia dell’arte, dove l’affollamento di oggetti e immagini raggiunge l’apice, Valerio Dehò individua la nascita di una dimensione purista ed ecologica dell’arte, che sfocia negli anni Settanta in un confronto diretto degli artisti con la natura e il paesaggio che: «[…] non cercano di rappresentarlo, ma usano la fotografia per documentare le loro azioni […]». Esemplari, in tal senso, le azioni di Giuseppe Penone e Gina Pane. Tale coscienza ecologica diventa ben presto una consapevolezza comune, o meglio diventa quel sentimento capace di unire la bipartizione tra oggetti considerati merci, anche quelli «in senso felicemente consapevole come nei ready made», e l’arte ecologica attuale, che vede nel riuso «una forma di rianimazione della materia». Si entra così nel campo del trash, dove: «[…] la creatività fa diventare lo scarto qualcosa di positivo […] l’arte diventa una scelta positiva di far diventare lo scarto, l’immondizia, il prodo o simbolico ed esteticamente importante di una società […]». Siamo negli anni Novanta ed è nell’opera di Enrica Borghi che si rintraccia il seme di una nuova tendenza: quella che trasforma il trash in glamour, che rende prezioso ciò che non lo è.
Il percorso di RE.USE è articolato, complesso e molto ambizioso, prefiggendosi attraverso le opere di grandi artisti: Arman, Baltz, Bellmer, Bianco, Boltanski, Borghi, Burri, Cesar, Chopin, Christo, Costa, Cracking Art, Cragg, Duchamp, Hains, Hirschhorn, Hirst, Kienholz, Kounellis, Lulaj, Luthi, Ray, Manzoni, Mauri, McCarthy, Muniz, Pane, Penone, Pistoletto, Rauschenberg, Rotella, Sassolino, Scarpitta, Schwitters, Spoerri, Tinguely, Vautier, Albanese, Alek O, Arends, Attruia, Bocchini, Fischli & Weiss, Favelli, La Spada, Majo, Riello, Tessarollo, Andrighetto, Bazzana, Bolognesi, Kovanda, Monk, Morbin, Phitong, The Cool Couple, Vitone, di evidenziare il tendere comune del rapporto che l’arte ha avuto con gli oggetti d’uso comune e con gli scarti lungo tutto ilxx secolo fino ad oggi.
RE.USE è un progetto ideato dall’Associazione TRA Treviso Ricerca Arte, realizzato in co-organizzazione con il Comune di Treviso e con la collaborazione dei Musei Civici di Treviso. Partner Istituzionali del progetto: Camera di Commercio, Confcommercio, Confartigianato Imprese Marca di Treviso, Coldiretti, Consorzio di Promozione turistica Marca Treviso, Assindustria Venetocentro e Contarina spa. La mostra ha inoltre il Patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e della Regione Veneto ed è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale comprendente anche uno spaccato dedicato all’ Ecologia del visivo e Iperoggetti scritto da Carlo Sala, oltre al testo di Valerio Dehò.
RE.USE SCARTI, OGGETTI ED ECOLOGIA NELL’ARTE CONTEMPORANEA
a cura di VALERIO DEHÒ
Fino al 10 febbraio 2019
SEDI ESPOSITIVE:
MUSEO S. CATERINA – ALA FOFFANO E SALA IPOGEA
PIAZZETTA M. BOTTER 1, TREVISO
MUSEO CASA ROBEGAN
VIA A. CANOVA 38, TREVISO
CA’ DEI RICCHI – PIANO NOBILE
VIA BARBERIA 25, TREVISO
INGRESSO MUSEO SANTA CATERINA6,00 €; RIDOTTO 4,00€ ORARI DI APERTURAMARTEDÌ – DOMENICA10:00-12:30/ 14:30-18:00
(Ca’ dei Ricchi 10:00-13:00 / 15:00-19:00)
CONTATTI
TRA TREVISO RICERCA ARTE
Ca’ dei ricchi
Via Barberia n.25, 31100 Treviso