La Galleria Vistamare di Pescara inaugura, il 31 maggio alle ore 18.00, una mostra di Louise Nevelson e Mai-Thu Perret.
Le opere in esposizione svelano come, a dispetto delle palesi diversità, il dialogo costituito dalle due artiste sia, in realtà, serratissimo. Ai totem e muri in nero, che assieme ai collage definiscono l’opera della Nevelson, fanno da chiaro contrappunto le delicate sculture in ceramica, le linee trasparenti dei neon della Perret.
In un gioco di rimandi e risposte, l’assenza di colore, l’opacità e lo spazio ‘ombroso’ dell’una si congiunge perfettamente alla visione luminosa dell’altra. Le strategie di accumulazione e oscuramento dialogano in un medesimo canto con la luce e l’evanescenza, rivelando un interesse comune per immagini ancestrali, per scenari ieratici dalla fascinazione cimiteriale.
Entrambe le artiste sono intrise fortemente di una poetica femminista, la Nevelson essa stessa una sorta di figura protofemminista, nella volontà ferma di vivere una vita indipendente e libera, dedita in modo esclusivo alla sua arte; Perret, costantemente impegnata nello studio delle immagini mitiche dell’universo femminile, conduttrici di una nuova simbologia sociale. Ai grandi assemblages in mostra come “City series” 1974 e “Tropical landscape I” 1975, architetture iconiche del lavoro di Louise Nevelson, Mai-Thu Perret risponde con sottili segni grafici di luce e soprattutto nel lavoro “Flow my tears”, presentato alla Biennale di Venezia del 2011 e ricco di influenze surrealiste, l’artista svizzera sembra riferirsi alla nera silhouette della grande scultrice americana, generando una sorta di doppio ideale del personaggio drammatico che fu la Nevelson.
Il titolo stesso della mostra, una citazione tratta da una poesia di Lady Lou, identifica la fisionomia artistica e personale della scultrice americana e al tempo stesso sottolinea lo studio delle teorie femministe portate avanti da Perret.