1) Ammazzare il tempo: con quali armi?
Da pacifista, non ammazzerei nessuno, se non le zanzare quando mi infastidiscono d’estate. E poi, bisognerebbe mettersi d’accordo su quale tempo ammazzare: il passato? il presente? il futuro? Chronos? Kairos? Aion? A volte penso che, più che ammazzarlo, il tempo lo vorrei fermare, cristallizzare (“là dove agostinianamente più non cade tempo”, chiusa di caproniana memoria), come, per esempio, quella volta a Parigi, dove ho dato il mio primo bacio. Ecco, a volte mi viene in mente che quel bacio vorrei durasse ancora. Oppure il tempo, perché no, vorrei stopparlo nell’attimo prima che mia madre o mio fratello se ne andassero via, troppo presto, come tutti i cari quando ci lasciano. Oggi mi avrebbero visto coi primi capelli bianchi, avrebbero visto il panorama dalla mia casa al mare e magari mi avrebbero perdonato per tutte le volte che avrei voluto chiamarli, ma non l’ho fatto.
2) “Da qui all’eternità”: è un lungo viaggio, in quale stazione fermarsi?
Tornando a Caproni, mi è venuto in mente, leggendo questa domanda, “Il congedo di un viaggiatore cerimonioso” . La stazione alla quale vorrei fermarmi, beh, sarebbe l’ultima, appunto, quella in cui chiudo gli occhi e divento cibo freddo… Ma prima, prima vorrei aver salutato amici, parenti, conoscenti e anche chi mi ha fatto del male. No, non c’entrano le religioni… Così come durante un viaggio in treno ci si saluta tra passeggeri, anche se abbiamo abbozzato solo brevi conversazioni, ecco, allo stesso modo io vorrei salutare tutti, anche chi nella mia vita è entrato e uscito subito, con parole sincere. Parole, sì, che parlano di terra, di pallone, d’aria, parole fresche come quando apri un finestrino.
3) Scrive Montale: “…..L’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito”. Ma i sogni finiscono? O si interrompono?
Ricordo di aver sognato molte volte da piccolo, mentre ora non lo faccio più. Mi alzo prestissimo la mattina, sarà per quello. Quando gli altri sono in fase Rem, io sono già in bagno a lavarmi i denti e, forse, il mio sogno accade a occhi aperti, quando scivolo per le scale e, una volta fuori dal portone, indosso l’alba, ovviamente dopo aver sentito i materassi a molle dei condòmini gracchiare. Insomma, a volte, mi sembra, più che di sognare, di abitare, di vivere dentro i sogni degli altri.
4)“Sarei inarrestabile se solo riuscissi a incominciare”: quali pronostici per il “quando”?
Ciò che è inarrestabile può essere salvifico (la pioggia, per esempio, in caso di siccità), ma anche altamente distruttivo (la lava di un vulcano). Ma c’è qualcosa che va oltre. Penso infatti alla poesia come qualcosa di altamente distruttivo e ricostruttivo allo stesso tempo. Sotirios Pastakas, che è un poeta che ammiro, dice in un’intervista che la poesia mette in moto migliaia di sinapsi neuronali, ti cambia la visione del mondo. Dopo la lettura di una poesia, niente è più lo stesso. Dunque, questa valenza distruttiva e ricostruttiva della poesia, inarrestabile, si esplicita ogni volta che leggiamo (o, per noi poeti, chissà, produciamo…) un testo poetico.
5) Ieri, oggi, domani: un labirinto dove perdersi o ritrovarsi?
La vita è l’ ”avventura di restare”, dice Elio Pecora in un suo testo. Questo suo verso mi ha consegnato una forza, una consapevolezza rare, e cioè che nella vita ci perdiamo sì, ma ci ritroviamo sempre, proprio come dentro a un labirinto.
6) Che cosa fischietti a tempo perso?
Più che fischietto, canto, canto spessissimo. Mia nonna sin da piccolo mi sentiva cantare e mi diceva che la vita per me non sarebbe mai stata troppo pesante. Tra l’altro lo faccio nei momenti più disparati: mentre cucino, appena sveglio, sotto la doccia, oppure dopo colazione e ho anche un repertorio invidiabile: spazio da Endrigo agli Smiths, da Lauzi a Giorgio Poi, dai Manhattan Transfer ad Ani di Franco e all’ottimo Cody ChesnuTT, fino ai classici: De André, Dalla, Battisti eccetera eccetera, ma la cosa che ci tenevo a dire è che lo faccio con pessimi risultati.
7) Un giornalista ha chiesto in una intervista a John Lennon: prevedi un tempo in cui andrai in pensione? Le leggende non vanno mai in pensione, o no?
Le leggende non vanno mai in pensione, no. Vanno negli hotel a cinque stelle. (Rido)
8) Ogni “sabato del villaggio” allude a delle aspettative: quali sono le tue, quelle che reputi migliori?
Le mie aspettative…Beh, a volte, nonostante abbia ormai quarant’anni e abbia vissuto molte esperienze, sia positive che negative, come tutti del resto, la vita mi appare, per molti aspetti, indecifrabile. Mi dico spesso: Giorgio, anche stavolta non ci hai capito un cazzo. Paragonerei la vita al famoso codice Voynich, che a distanza di seicento anni lascia ancora perplessi circa la sua interpretazione. Infatti, questo codice miniato è un rebus, un mistero irrisolto, non si capisce in che lingua sia stato scritto e dunque cosa voglia comunicare. Ecco, per certi versi, la mia aspirazione da uomo e da poeta è provare a capire meglio questa vita a tratti “insondabile”, scavare “a fondo” (conosci la celebre poesia di Heaney, il famoso poeta irlandese Premio Nobel, “Digging”, appunto “scavare”?), archeologicamente quasi, i suoi mille strati. Solo così forse si può essere uomini e poeti migliori.
9) Nell’Eclipse, dei Pink Floyd, il testo “it’s all dark” non prevede l’attesa di un’alba, di un lato illuminato della luna. E’ solo un’illusione?
Anche qui mi torna alla mente un testo di Ron Padgett, poeta americano, che in “Pensare alla luna” scrive: “Da bambino pensavo che la luna esistesse solo di notte”. Per me era uguale. La luna, che appariva solo di notte, per poi sparire misteriosamente, era, nella mia infanzia, qualcosa che andava e veniva, un’illusione appunto, qualcosa di arcano e di magico. Tutto, in fondo, è un’illusione, non solo la luna, viviamo di illusioni: che l’amore sia eterno, che l’indomani sia un giorno più fortunato, che la prossima poesia sia migliore della precedente…
Piergiorgio Viti