La IX edizione del Festival Corpo, dedicato alle Arti Performative, svoltosi lo scorso 25 e 26 maggio, ha visto Riti e Miti come tema centrale di quest’ultimo spaccato. Argomenti, come spiegano gli organizzatori: CAPPA– Centro di Archiviazione e Promozione della Performing Art, Florian– OIKOS Residenza per Artisti e la curatrice, nonché ideatrice con Ivan D’Alberto della rassegna, Sibilla Panerai, che riguardano la commistione di tradizione, contemporaneità e rapporto con il territorio, e che hanno visto la ritualità, legata ai culti della terra abruzzese e la mitologia con il suo bagaglio di archetipi ancestrali, oggetto principale di questa indagine.
Protagonisti di Corpo IX l’artista Emanuela Barbi che ha dialogato con l’antropologa culturale Adriana Gandolfi, partendo dalla presentazione di due sue storiche videoperformance:Parata(1999) e Tenero Grano Duro(2001). Il filmaker e il produttore indipendente Andrea Fringuelli e Antonio Secondo hanno presentato il cortometraggio Uomini e fuochi.Il rito dei Glorianti di Scanno (2018) prodotto da Blumagma/Postmedia/Gotico Abruzzese. Presentati anche alcuni scatti del progetto Invidere(2015) della fotografa Mariaelena Di Giovanni, premiata nel 2018 con il bronzo al MIFA Moscow International Foto Awards nella sezione Portfolio. Ma ancora, Rueda Teatro ha presentato lo spettacolo teatrale Pezzi, vincitore del Roma Fringe Festival 2019, con la regia di Laura Nardinocchi e le attrici Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi e Claudia Guidi, seguito, il giorno successivo, dal workshop Tecniche di Pranayama e Trance della performer Noema Pasquali, conclusosi con la performance The inner Eyes of Tiresia (2015-2019).
Da queste informazioni si evince la ricchezza del programma, sul quale ho incontrato la curatrice Sibilla Panerai intessendo con lei un lungo dialogo.
MLP. Video arte, videoperformance, film e performance. In queste giornate di Corpo si è passati da un mezzo all’altro, dalla liquidità o virtualità del video, alla fisicità della performance. Un linguaggio quest’ultimo per sua stessa natura effimero o transitorio. Prima di raccontarmi i dettagli di quest’edizione, poiché come ricercatrice il tuo campo specifico è proprio questo, mi spieghi che significato hanno oggi nella contemporaneità questi linguaggi? Mi sembra interessante porti questa domanda, tanto più se pensiamo all’ultima Biennale di Venezia, che ha visto assegnato il Leone d’Oro alla Lituania proprio per un progetto performativo, senza contare la precedente che ha visto la Germania portarsi a casa l’ambito riconoscimento con il Faust” di Anne Imhof. Perché la performance ha così tanto successo?
SP. La performance è attuale, accade nel Qui e Ora del contemporaneo e spesso descrive meglio, ovvero con più rapidità, i mutamenti e gli andamenti del presente. Ce lo dimostrano proprio i premi della Biennale, nel momento in cui la perfomance viene privilegiata. Il mio interesse per questo linguaggio nasce proprio dall’estrema permeabilità tra azione e vita, che in alcuni casi può narrare in maniera più efficace la fluidità e la sveltezza dei nostri tempi. Lo stesso può dirsi per i video, che nel caso del festival sono sempre la testimonianza di performance.
MLP. Venendo alla IX edizione di CORPO, puoi spiegare perché avete scelto il tema Riti e Miti e come questo funga da cerniera fra esperienze del territorio e nazionali?
SP. In questi anni abbiamo voluto affrontare diverse tematiche, sempre mantenendo un occhio di riguardo nei confronti di un territorio, quello abruzzese, periferico quanto sperimentale. La ritualità è insita nel concetto di performance, che dalla Body Art degli anni ’60 dialoga con l’immaginario legato al sacro e alla mitologia, si pensi alla Sundance di Fakir Musafar, a cui abbiamo idealmente dedicato questa edizione del festival, al St. Sebastian di Ron Athey o a Leda e il cigno di Luigi Ontani. L’Abruzzo è una terra profondamente legata ai suoi riti, come ha evidenziato l’antropologa culturale Adriana Gandolfi, che ha messo in relazione il folclore locale e le azioni performative di Emanuela Barbi e Noema Pasquali.
MLP. In particolare puoi dirci qualcosa di più sul lavoro di Emanuela Barbi? perché è stato importante per voi riproporre la visione di due opere storiche dell’artista?
SP. Emanuela Barbi vive un rapporto reale e fisico con la Natura, che permea tutta la produzione delle sue opere. L’Abruzzo non può prescindere da questo contatto con l’elemento naturale, intendo la presenza fisica della catena montuosa appenninica, della Majella, del Gran Sasso, dei suoi Parchi nazionali e il mare. Le due video performance selezionate coniugano la tradizione del territorio con i linguaggi dell’arte contemporanea. In Parata Barbi omaggia il Guerriero di Capestrano, l’androgina figura dell’antico popolo piceno, di cui indossa i paramenti eseguiti all’uncinetto, mentre ruota su stessa in una danza circolare che richiama i dervisci. In Tenero Grano Duro Barbi si lascia rotolare giù da una collina ricoperta di grano, ferendosi e confondendosi con la vegetazione, sperimentando con il video gli effetti visivi di dissolvenza del corpo nell’elemento naturale e richiamando alla mente i riti propiziatori legati al culto della Terra.
MLP. Tornando indietro nel tempo. Come è nato CORPO? e quali i temi che in quasi dieci anni avete affrontato?
SP. Il festival è nato da un interesse particolare nei confronti del corpo quale ambito di ricerca in seguito alla mostra SecreAzioni: da Piero Manzoni al fallimento Lehman Brothers realizzata da me e Ivan D’Alberto nel MAAAC- Museo delle Arti Contemporanee di Nocciano nel 2009. Abbiamo pensato di dare una direzione a quel luogo isolato specializzandoci in un ambito, quello performativo, che non era ancora al centro del dibattito dell’arte contemporanea ma che ci permetteva di sperimentare inedite connessioni con un territorio legato ai suoi riti e quindi più permeabile alla performance e live art. Recuperando anche un interesse che l’Abruzzo aveva già dimostrato, pensiamo alle azioni realizzate da Joseph Beuys a Pescara e Bolognano negli anni ’70 e ’80, a quelle di Fabio Mauri all’Aquila negli anni ’80 e a una delle prime performance di Vanessa Beecroft al Fuori Uso del 1995, solo per citare gli esempi più noti. Abbiamo sempre guardato all’attualità, in particolare riflettendo sui diritti di genere, i flussi migratori, ma anche all’ibridazione con le nuove tecnologie e al rapporto con la memoria, omaggiando l’opera di Joseph Beuys e Otto Müehl. Nel 2014 abbiamo istituito CAPPA – Centro di Archiviazione e Promozione della Performing Art per proseguire l’attività del festival Corpo.
MLP. Se dovessi fare un bilancio di questa esperienza, quali sono i risultati che CORPO ha raggiunto in questi anni?
SP. Nel 2012 abbiamo ricevuto una menzione dal MIBAC come progetto di ricerca sperimentale, in grado di produrre relazioni tra la cultura artistica regionale e nazionale. Abbiamo avuto il piacere di ospitare tanti artisti e studiosi che rappresentano la performance e live art a livello internazionale, come Cesare Pietroiusti, Ruben Montini, Kyrahm, Julius Kaiser, Francesca Fini, Mandra Cerrone, Nicola Fornoni, Abel Azcona, Marco Fioramanti, Giovanna Lacedra, Francesca Lolli, Mona Lisa Tina, Flavio Sciolè, Giuseppe Morra, Raffaella Perna, Piero Cavellini dell’Archivio Cavellini, Eugenio Viola, solo per citarne alcuni. Abbiamo portato il festival al di fuori dei confini regionali, proponendo delle edizioni a Roma e a Venezia, in concomitanza con l’apertura della Biennale nel 2015 e nel 2017, ricevendo le attenzioni della stampa e oggi siamo felici di poter riscontrare un rinnovato interesse internazionale per i linguaggi performativi.
MLP. Progetti e temi per il futuro? qualche anticipazione?
SP. Stiamo lavorando insieme al Florian – OIKOS Residenza per Artisti alla decima edizione del festival l’anno prossimo, con una programmazione integrata di performance, video e arti performative, che proponga un minimo di tre eventi al giorno. Pensiamo di abbandonare la rigidità della tematica e dedicarci esclusivamente all’urgenza dell’azione e alla presenza del corpo, senza tralasciare una sezione teorica, che permetta di far dialogare in maniera multidisciplinare gli artisti con psicologi, sociologi e filosofi.