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Sotto il pavé c’è l’arte che si muove: Transpolitica

«[…] Nell’arte come in politica si preferisce lo status quo. In questo modo il conservatore si serve dell’opera d’arte come di un riflesso aereo della sua esistenza sociale. L’arte diventa una giustificazione estetica a posteriori, che lo convince delle nobili motivazioni dei suoi ideali politici, la moderazione quindi, la pace borghese e la fedeltà dei sudditi […]».

Questa affermazione, tratta da I Fondamenti dell’arte moderna di Werner Hofmann (Donzelli, Roma 1996), sebbene decontestualizzata dai dettami del volume, è precipuamente adattabile a qualsiasi epoca storica. Tale asserzione, di converso, dimostra che: nell’arte come in politica lo status quo si modifica quando si accende un’utopistica fiducia nella probabilità di attuare una trasformazione, un cambiamento radicale al senso d’immobilismo percepito nel fluire degli accadimenti. Sous les pavés, la plage! (“sotto il pavé c’è la spiaggia”), all’epoca del Sessantotto francese, inneggiava il liberarsi da costrizioni sociali, immaginando, con creatività e passione, un modo di vivere differente, perché: sotto le costrizioni borghesi si celava un’altra esistenza possibile. Cos’è rimasto dopo cinquant’anni di quel sentimento? In un’epoca dove la globalizzazione è lo status quo, si può immaginare un cambiamento? L’arte, che ciclicamente lo rompe e lo riorganizza, dove si trova oggi? Essa è in uno stato d’immobilismo o siamo di fronte ad una trasformazione?

Sono questi, in parte, gli interrogativi posti in essere da Sous les pavés, la plage! uno spaccato video proposto nella mostra-evento che ha avuto luogo a Ferrara, dal 29 settembre al 1 ottobre 2017, nel contesto del Festival di Internazionale a Ferrara, curata da Daniele Capra e Serena Ribaudo e fervidamente desiderato anche da chi scrive in questo momento, direttore artistico dell’organizzazione che ha promosso l’iniziativa: Yoruba::diffusione arte contemporanea in collaborazione con Ferrara OFF.

Protagoniste sono le opere di Bianco-Valente, Filippo Berta, Giovanni Gaggia, Regina José Galindo, Isabella Pers e Stefania Galegati Shines, tutti artisti le cui ricerche, che si concentrano essenzialmente intorno a temi sociali, trovano uno sviluppo formativo e didattico nella connessione alla collettività, intendendo la creazione artistica non un mero atto estetico ma un’azione generatrice di comportamenti capaci di comprendere e mettere in discussione lo status quo. Nei loro video, che rappresentano una piccola parte espressiva di ricerche molto più ampie e complesse, si aprono interrogativi e riflessioni che traghettano chi osserva a determinate “consapevolezze”. Bastano pochi elementi a suggestionare chi guarda creando efficaci nessi con la realtà politica e sociale in qui viviamo: c’è Filippo Berta con Homo Homini Lupus, dove si vedono lupi sbranare il tricolore, il cui titolo basta da solo, per comprendere il tema, l’uomo è lupo per l’altro uomo!. C’è il filo rosso di Illimite dei Bianco-Valente che ricuce una cartografia immaginaria, riconnettendo brandelli slabbrati di terre e di umanità lacerata, c’è Giovanni Gaggia che svolge un’azione performativa nella città di Ancona, luogo legato e dimenticato della Strage di Ustica cui l’artista restituisce voce con Quello che doveva accadere/Inventarium. C’è Stefania Galegati Shines che fra spezzoni d’immagini di qualsiasi tipo, mostra con Humans una complitation ironica, eroica ma anche decadente di varia umanità. C’è Regina José Galindo che, con La pecora nera, denuncia la condizione di discriminazione e segregazione cui gli ultimi del mondo sono sottoposti, indifesi, trascurati e dimenticati dagli occhi delle maggioranze rumorose. Infine, c’è Isabella Pers che ha radunato donne e uomini – fuggiti dalla propria nazione perché vittime di guerre, dittature, persecuzioni politiche terrorismo – sulla Dolina dei Cinquecento a Redipuglia, luogo simbolo della Grande Guerra, per una preghiera collettiva a ricordarci che il passato è, come recita il titolo del video, Present. L’arte dunque, non è mai immobile. L’arte si muove. Tuttavia, ciò che suggerisce questa breve raccolta video è che, essa, oggi e forse, non cerca più l’atto spettacolarizzante o scandalizzante ma una connessione con il pubblico che passa attraverso la realtà oggettiva – mai banale – di tutti i giorni caratterizzata da silenti, continue e omertose tragedie.

Come affrontare, dunque, l’oggi? Quale il ruolo dell’artista nello scenario attuale? Ci sarà sicuramente chi penserà a queste domande come a qualcosa di scontato e banale. Sono in molti a considerare l’arte scevra da una storia da scrivere. Tutto pare essere già stato detto e stato fatto. Eppure io mi sento di dire che non è così. Quest’epoca è nostra e abbiamo il diritto e il dovere di scriverla, nel migliore dei modi possibile se pensabile.

Un’opportunità per una Storia dell’arte futura hanno provato a tracciarla Giovanni Gaggia, Angelo Bellobono, Bianco-Valente, Stefania Galegati Shines, Isabella PersTiziana Pers Giuseppe Stampone nell’incontro denominato Tranpolitica avvenuto a Ferrara, sempre nel contesto del Festival di Internazionale a Ferrara, presso il teatro Ferrara OFF il 1 ottobre 2017. Testimoni di questo tavolo di lavoro e discussione Daniele Capra e la sottoscritta. Il punto di partenza è semplice: il riconoscere da parte di un artista l’azione e la produzione di un altro artista. In sostanza i sette, senza mai negare il senso dell’indipendenza, hanno dialogato sulla reciprocità che lega il loro agire profuso in una dimensione collettiva, condizione, quest’ultima, ritenuta essenziale a spezzare proprio lo status quo dell’arte, dagli anni Ottanta del ‘900 improntato essenzialmente sulla singola azione creativa fine a se stessa.

Dalla condivisione di singole esperienze potrebbe forse nascere un network? O quantomeno una comunità di artisti in movimento? Rispondendo a 3 domande che Giovanni Gaggia ha posto ai colleghi: Quanto è importante per te che un artista avvalli l’opera di un altro artista? Dammi una tua definizione di Transpolitica, Quale è secondo te il futuro di questo progetto? Gaggia stesso, Angelo Bellobono, Bianco-Valente, Stefania Galegati Shines, Isabella PersTiziana Pers Giuseppe Stampone hanno avviato un processo innovativo nella pratica artistica odierna.

Di seguito sono pubblicate le risposte a queste domande che chiarificano, al contempo, il cristallino pensiero degli artisti.

 

TRANSPOLITICA

Angelo Bellobono, Bianco-Valente, Giovanni Gaggia, Stefania Galegati Shines, Isabella Pers, Tiziana Pers, Giuseppe Stampone.

Quanto è importante per te che un artista avvalli l’opera di un altro artista?

Giovanni Gaggia Riconoscersi, avvicinarsi, condividere è un gesto politico, intendendo nell’utilizzo di questa parola, un’azione indirizzata a prendersi cura della vita e cosa pubblica. Siamo necessariamente altrove. Da tempo, gli anni Ottanta e Novanta sono superati. Quell’epoca, in cui ci fecero credere che l’unico sistema possibile era il regno dell’individualismo, volge lo sguardo al passato. Qualcuno cantava: “Le mani nella merda io…”. Se mi avvalla chi sa, se mi abbraccia chi conosce e comprende, nel profondo, cosa significa agire, plasmare e generare con consapevolezza, il vociare sta allo zero. Da qui si può partire, ripartire per ridare un senso profondo all’opera d’arte. Navigare nella stessa direzione per una visione comune.

Stefania Galegati Shines Per me è una condizione naturale quindi rispondo “tanto”. Nonostante ci abbiano educato all’individualismo, gli artisti per natura non sono individualisti. Anche quando si lavora da soli, in studio, l’obiettivo resta la condivisione.

Bianco-Valente. Bianco-Valente nasce dalla condivisione e dal dialogo permanente di due individui dalla personalità ben distinta che hanno deciso, come progetto a lungo termine, di operare come un’unica entità artistica, va da sé che l’apertura verso gli altri e la condivisione dei progetti sia nel nostro DNA. Tutto il nostro percorso è costellato da collaborazioni con altri artisti, architetti, musicisti etc. Non riusciamo a fare altrimenti.

Giuseppe Stampone Per me, che un artista riconosca un altro artista, è questione determinante. In merito preciso che, dal mio punto di vista, uno dei principali problemi – anche se poi tale non è – nell’attuale contesto dell’arte è la deviazione o l’opzione – chiamiamola così – attuatasi a partire dagli anni Ottanta, quando l’“inviato di guerra” diventa curatore (la mia è chiaramente una definizione ironica), allestitore di mostre, organizzatore e qualsiasi altra cosa. Ma soprattutto, quando l’intellettuale non si chiama più Zolà, Baudelaire, Argan, Calvesi, quando non abbiamo più nemmeno gli Zeman, o altra persona o personaggio di spessore, ma è un improvvisato qualunque a dare ordine all’arte, allora abbiamo il problema. Per questo motivo è essenziale che l’artista ritorni a riconoscersi: a riconoscere se stesso allo specchio e non la propria proiezione, a identificare il diverso e le qualità altrui e al di fuori del proprio io. Narciso, il cui mito ricordano tutti, nel rifiutare la separazione dalla propria immagine, rifiuta il confronto con gli altri (ironicamente dico che vede nello stagno la proiezione fallica di se stesso) e non tutto il resto, così il curatore, lo storico dell’arte e il critico dovrebbero separarsi dalla propria immagine e tornare a essere intellettuali. Intellettuali veri, capaci di penetrare delle situazioni e criticizzarle, non soltanto commentarle, intellettuali capaci di usare la citazione e la nozione, non per abbellire un testo o mostrare il proprio sapere, ma per creare dei collegamenti, dei ponti nella Storia, tra passato e presente e in dialogo con chi l’arte la crea. La citazione è, per me, uno dei più grandi problemi del nostro tempo. Spesso l’intellettuale si chiude a casa e non vive l’orizzontalità del tempo dell’oggi. Bisogna ritornare alla consapevolezza che l’arte è un mondo dal quale gli intellettuali non possono distaccarsi, ed esso è un mondo da non confondere con l’azione politica, anche perché, come diceva Alfredo Jarr, l’arte è tutta politica. Sì è vero: il politico fa il politico, l’artista fa l’artista, ma attraverso l’arte si creano pensieri e dalla sua formalizzazione si generano riflessioni, azioni e contrapposizioni. La politica, in senso lato, è un’altra storia. Quindi il primo passo per riconoscere l’attuale contesto dell’arte è che l’artista riconosca un altro artista e ospiti ciò che è diverso da lui.

Angelo Bellobono L’incontro ideato e voluto da Giovanni Gaggia è un importante antidoto al senso di egosolidarietà diffusa che troppo caratterizza il mondo dell’arte, dove la propaganda personale, tipica di questa epoca, rende latitanti: confronto, comunicazione e condivisione. Riconoscere il valore del lavoro di un altro artista è un momento di grande piacere, in grado di attivare una positiva voglia di fare, conseguenza dell’aver visto o conosciuto opere e pratiche belle e stimolanti. L’arte dovrebbe servire, tra le molte altre cose, a smascherare gli impostori per formulare nuove e ancora possibili umanità. In tale prospettiva diventa importante l’incontro, lo scontro, lo scambio, la condivisione, per continuare a essere in grado di percepire differenze e valori tra la mediocrità e indifferenza diffusa e accettata.

Isabella e Tiziana Pers Più che avvallare, per noi un lavoro fondamentale da portare avanti è quello di entrare in risonanza con le ricerche nelle quali riscontriamo più affinità. Anche con il progetto RAVE l’idea è proprio quella di aprire il dibattito su temi che sentiamo di grande urgenza, invitando altri artisti (ma non solo) a sviluppare una propria ricerca, un dialogo, in interazione con le nostre sensibilità a partire dal background che qui offriamo, condividendo spazio tempo insieme ad animali salvati dal macello.

Dammi una tua definizione di Transpolitica

Giovanni Gaggia Transitare per raggiungere uno spazio che ci piace di più. Singolarmente tutti gli artisti di questo tavolo lo hanno fatto e lo stanno facendo: i Bianco-Valente a Lacronico, Giuseppe Stampone con le sue mappe e la Global Education, Isabella e Tiziana Pers con Rave, Angelo Bellobono in Marocco, Stefania Galegti Shines con il Caffè Internazionale a Palermo, io nelle Marche con Casa Sponge. Abbiamo una comunione d’intenti palese e chiara. Insieme potremmo raggiungere una terra più ampia. Transitare passare per approdare con consapevolezza.

Stefania Galegati Shines Oltre una metodologia esistente. Oltre. Non sempre e solo contro.

Bianco-Valente La definizione più bella che ci viene in mente è A Cielo Aperto che curiamo da oltre dieci anni a Latronico, insieme a Pasquale Campanella. Si tratta di un progetto di arte pubblica in cui chiamiamo a partecipare artisti che vivono per un breve periodo il territorio e che poi concepiscono una nuova opera da lasciare in permanenza nel tessuto urbano, spesso coinvolgendo gli abitanti di Latronico nella realizzazione. Si tratta di un progetto totalmente sostenuto dall’Associazione culturale Vincenzo De Luca, che per marcare l’indipendenza delle proprie scelte si rifiuta di utilizzare fondi pubblici per lo sviluppo dei propri progetti, affidandosi unicamente alle quote associative. A Cielo Aperto si radica nel territorio anche attraverso molti laboratori che negli anni hanno coinvolto i giovani e i giovanissimi della cittadina lucana.

Giuseppe Stampone Transpolitica è un’opzione per uscirne vivi!

Angelo Bellobono Trans è un attraversamento d’ipotesi possibili in un momento di deriva e assenza di coordinate. Una tematica questa, già cara a Baudrillard che, ne L’evidenza del male del 1993, ha enormemente sviluppato. Il transito è una condizione costante del soggetto, con approdi temporanei, che spesso sono gli stessi da cui si è partiti.

Isabella e Tiziana Pers Anticipazioni delle istanze di domani nelle azioni quotidiane di oggi, riconoscendo, ma rivedendo e integrando, le identità del Novecento e d’inizio secolo. In sostanza si tratta quasi di una risignificazione del termine, anche rispetto alle altre esperienze, come quelle dei movimenti altermondisti che, in Italia e in Europa, nel recente passato hanno discusso di questo tema. Risignificazione come riconoscimento oggi finalmente dell’essenziale centralità di ogni vita, compresa quella animale, della consapevolezza, rispetto alle modificazioni relazionali dovute al progresso tecnologico, della responsabilità dell’artista verso un cambiamento sociale in un’epoca di transizione.

Quale è secondo te il futuro di questo progetto?

Giovanni Gaggia Lasciare viaggiare questo flusso, stringere le vicinanze, agire insieme. Darsi un metodo per solidificare le affinità, prolungare nel tempo il tavolo di dibattito. Riversare, criticizzare, pubblicare….Un cammino di senso, a mio avviso utile oggi e propositivo al domani.

Stefania Galegati Shines Una comunità in movimento di artisti attivi anche sulla produzione e la condivisione di spazi e progetti.

Bianco-Valente Il futuro di questo tipo di progetti non è mai da ricercare nelle opere o nelle cose tangibili che sono state realizzate, quella è solo la punta dell’iceberg. Il vero lascito della messa in condivisione dei desideri e delle esigenze, del lavorare gomito a gomito, sono gli intrecci che si instaurano fra le persone, le esperienze che si condividono, le nuove storie che si vivono insieme. Un enorme patrimonio immateriale su cui si può sempre contare.

Giuseppe Stampone Questo progetto avrà un futuro solo se, ognuno di noi, eliminerà le proprie erezioni falliche e sarà disposto a concedere un pezzo di io, di noi, creando un network. Un network inteso come area d’interesse, dove ognuno potrebbe pubblicare il proprio diario, trasformando letteralmente l’io in noi, posto che, il noi non annulli l’identità del singolo. Faccio un esempio. A lungo si è parlato e si parla dell’eredità del ’68 oggi. Il problema di quel momento storico è che ci siamo nascosti per tantissimi anni dietro a dei simboli: DC, PC, PSI, Brigate Rosse, Brigate Nere, destra e sinistra. Quando ci si nasconde, è sempre colpa del singolo, quando c’è Ustica è sempre colpa del singolo, quando ci sono gli attentati, quando c’è piazza Fontana, quando c’è la strage di Bologna, è sempre colpa del singolo. Togliamo questo simbolo e abbiamo il coraggio di mettere il nostro nome e il nostro cognome su questi accadimenti, proviamo a responsabilizzarci, a non pensare più al singolo ma al collettivo, anche se non siamo coinvolti in prima persona. Questo è un inizio ma anche una necessità. È una volontà, è una nuova aria da respirare, ma bisogna stare attenti a non fare di questa opportunità una erezione fallica per proiettare o per avere qualcosa che manchi a noi stessi. Questa non è un’occasione per dare forma ai nostri desideri, questa è un’occasione per fallire! L’eventualità di un possibile fallimento è la condizione inevitabile alla formazione della personalità dell’individuo.

Angelo Bellobono Non amo ipotizzare futuri, ma camminare per tracciare mappe percorribili. Quindi, se ci sarà e si produrrà uno spostamento fisico per appartenere a esperienze diverse, si potrà costruire un sistema di relazioni aperte, un punto di riferimento in cui prendere o immettere esperienze. Tra tante trans/azioni possibili è importante formulare spazi di riposo e riflessione per soggetti in balia dell’oggetto.

Isabella e Tiziana Pers C’è bisogno di presenze fisiche. E’ necessario incontrarsi per parlare, discutere, magari anche animatamente, per trovare nuove vie. Purtroppo internet, oltre agli indiscussi pregi, ha anche frammentato il tempo, spezzato gli incontri, creato aspettative e illusioni di un mondo che può esistere anche solo sulla carta. Ma non è così. L’urgenza implica ancora sporcarsi le mani. Ed esserci. L’orizzonte di un percorso che si può prospettare in una serie di appuntamenti è proprio quello di passare ‘dal mosaico alla rete’.

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