«Accade che proprio alcuni artisti o alcuni addetti ai lavori particolarmente sofisticati e smaliziati circa le intermittenze del gusto, abbiano saputo sfruttare l’esistenza del Kitsch per valersene come di una merce prelibata che – sapientemente dosata e immessa in un contesto altamente raffinato – è in grado di trasformarsi in una situazione con valenza opposta: in quel che si suol definire il camp (…) un Kitsch redento e divenuto in» (Gillo Dorfles, Le oscillazioni del gusto, Skira Editore, Milano 2004).
Lo dimostra Rebellio Patroni di Paolo Consorti, ricerca iniziata in occasione dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, per raccontare nuovi miti e tradizioni del nostro Paese. Il ricorso all’iconografia cattolica, seppur rivisitata in chiave contemporanea, senza rinunciare all’uso – Kitsch – del simbolo o della metafora, diventa risorsa eclettica per esibire la decadenza dei costumi di una società corrotta.
Da sempre impiegate come strumento per raccontare “una Verità” e per indirizzare verso modelli di comportamento moralmente condivisi – in modo immediatamente comprensibile a tutti -, le storie narrate dalle Scritture si allontanano dal sacro, lasciando il posto alla denuncia politica di Consorti.
Se i fattori sociologici e politici sono imprescindibili, perfino per l’arte contemporanea – lo mostrano abbondantemente gli artisti negli anni Sessanta e Settanta -, e se l’arte esprime sempre “il suo tempo” (lo Zeitgeist), riflettendo le condizioni sociali della propria epoca, Paolo Consorti sembra unire le due anime dell’arte – ciò che attiene allo spirito e ciò che attiene alla res publica – in una narrazione alternativa ed innovativa, che perde ogni connotazione convenzionale.
I santi di Holy Adriatic ne sono esempio. Così il Teatro Margherita di Bari si fa perfetto scenario di contestazione: i pilasti nudi, le pareti grezze del Teatro si integrano perfettamente ai lavori istallati, restituendo al fruitore la visione di uno spazio volutamente trasgressivo e provocatorio, che mira ad una presa di coscienza piena delle atrocità e dei problemi contemporanei: tra tutti il (post-) moderno “miracolo” di San Gennaro, circondato da sacchi di rifiuti, o l’incontro di Sant’Ambrogio e Santa Rosalia, che insieme lottano contro l’immoralità.
Promossa ed organizzata dall’associazione Eclettica cultura dell’Arte di Barletta, a cura di Giusy Caroppo, Holy Adriatic – afferma la curatrice – offre un ricco «immaginario che lega sacro e profano, alto e basso, senza distinzione di sorta: il santo si fa terreno negli atteggiamenti esasperati e l’essere umano – con i suoi pregi e difetti – si fa trascendente, nobilitato dai colori esasperati e da performance partecipate, guidate da personaggi noti al grande pubblico televisivo». Così Elio (e le Storie Tese), Giobbe Covatta, Pinuccio (protagonista della performance inedita realizzata per il Margherita, durante l’inaugurazione a Bari) prestano il volto ai santi, in una rivisitazione che sembra esser, da un lato, una sorta di “contrappasso” e, dall’altro, “una laicizzazione del simbolo”, che porta martiri, miracoli, opere caritatevoli ad essere immersi, scrive Caroppo nel suo testo critico, «nel melting pot dei difetti della società contemporanea».
A completamento della mostra (visibile sino al 4 maggio), saranno dibattuti alcuni temi controversi sull’attualità dell’arte e della politica, in un ciclo di talk (“Bari e I luoghi della contemporaneità”, 24 aprile, ore 19.00; “Le vesti del Santo. San Nicola e la sua rappresentazione”, 26 aprile, ore 19.00; “Arte e pubblico. Politiche pubbliche per l’accesso alla cultura”, 30 aprile, ore 19.00) che si svilupperà durante il periodo di esposizione e che vedrà la partecipazione di esponenti delle istituzioni pubbliche, politici, urbanisti, architetti, storici, esperti di tecnica del costume e di comunicazione, teologi, rappresentanti di associazioni di settore.