Dopo il “finissage” con performance della sua mostra alla Galleria Pio Monti di Roma abbiamo incontrato Franco Losvizzero in partenza per New York ed abbiamo provato fargli qualche domanda per fare il punto non tanto su questa mostra (di cui parliamo diffusamente nel numero 267 di “Segno”) quanto sull’intero percorso di ricerca che la mostra stessa, come ogni altra suo intervento, viene in qualche modo a confermare e ristrutturare insieme.
Paolo Balmas.
Quale è il tuo rapporto con la tecnologia? O forse sarebbe meglio dire come si è evoluto nel tempo il tuo sguardo su di essa e lo sguardo con cui essa ti ha risposto?
Franco Losvizzero
La mia prima mostra personale si chiamava “Carillon-Anatomie meccaniche” e nonostante avessi fatto pittura all’Accademia era tutta rivolta a tecnologie ibride di giocattoli e meccanismi. Un modo semplice e ludico di relazionarmi con gli automi meccanici del barocco (es. l’orologiaio svizzero Pierre Jaquet-Droz) ma soprattutto un modo di avvicinarmi a quelle suggestioni che accompagnavano la ricerca tecnologica, degli ingegneri-orologiai del tempo, con un movimento basico delle mie sculture contemporanee. Il risultato mi sorprendeva e creava meraviglia nei bambini piccoli e adulti che venivano alle mie mostre. Un modo per avvicinarli, per farli aprire e poi colpirli con messaggi più sottili e inquietudini che mi appartengono. Da li ho portato avanti sia la ricerca interiore con la pittura sia l’utilizzo indiscriminato di qualsivoglia media. Perciò con la fotografia, il video, il cinema (con documentari e film come Circonudo, Il Grande Sogno di Un Nano, N. Variazioni ), la scultura, il segno, l’installazione, il rito meta-teatrale, perciò la performance, ho cercato di mettere in evidenza una poetica che mi ha accompagnato in tutti questi anni.
La tecnologia negli ultimi anni ha preso un ulteriore strada nel mio lavoro. La rivoluzione digitale a cui stiamo assistendo da delle enormi opportunità e considerandomi un ricercatore ho cercato di slegarmi dai media tradizionali e ho provato a cavalcare “nuove possibilità” d’espressione.
Ne è nata una pittura volumetrica in 3D che ho soprannominato Pintura Quantica. Si tratta di disegnare col segno non più su una superficie bidimensionale ma in uno spazio avvolgente. Era quello che in fotografia sperimentavo in parte col “pennello di luce” negli anni 90. Immaginiamo di avere una penna che produce neon all’istante. Beh la sensazione è stata fantastica e a rendere possibile questo tipo di pittura sono questi programmi da smanettoni che sono già utilizzati per giocare con Play Station etc ma ancora troppo poco dagli artisti contemporanei…se non altro per una questione anagrafica. Questo esperimento l’ho fatto con Oniride un’azienda leader nelle nuove tecnologie e da lì abbiamo cominciato a sperimentare ancora e ancora. Una delle tappe è stato presentare al Maker Fair di Roma del 2017 quadri tridimensionali con la realtà aumentata. L’effetto sul pubblico è stato strabiliante! Perché non solo avevo dipinto in tre dimensioni ma il pubblico poteva entrare nell’opera e viverla dall’interno come una stanza fatta di segni di neon e perciò di scultura-pittorica. Altra esperienza connessa e presentata, sempre con Oniride, era un dcumentario che loro stavano girando su di me con la tecnogia del 360°. Telecamere che riprendono a tutto tondo e che come nella Pintura Quantica danno la possibilità allo spettatore di essere coinvolto, con l’ausilio di maschere “immersive”, ovvero dell’Oculus, di sentirsi all’interno di un film. In questo caso di un film-documentario su Franco Losvizzero prodotto dalla stessa Oniride.
La terza tappa è stata quella di creare un App contemporanea. Anzi la prima App d’arte contemporanea al mondo capace di avere all’interno di un solo tablet l’opera d’arte stessa. Così è nata “The Magic Rabbit” che si lega alla mia storia di performance con la “donna coniglio” e che festeggiandone i 10 anni di attività la trasforma in una performance eterna. Un file/App, che da una scansione dell’undicesima donna-performer, la trasforma in una scultura (semovente) fatta di numeri…che appare con un click ovunque noi vogliamo. Una App di nuova generazione a cui probabilmente ne seguiranno migliaia e che è stata presentata per la prima volta a Roma alla Galleria di Pio Monti l’11.1.2018 sempre in collaborazione con Oniride. La mostra si chiamava 11-La Porta Alchemica e l’alchimia delle apparizioni e sparizioni era l’ambito giusto per parlare di porte magiche come di conigli magici!
Il passo successivo è stato raccontare quest’opera nel mondo, li dove tutto succede: a New York in occasione dell’Armony Show 2018 con Alessandro Berni, gallerista visionario e grande estimatore delle mie ricerche. Lui con la sua Clio Art Fair sta facendo la differenza tra comunicazione d’arte e mercato, tra fiere di gallerie e fiere d’artisti. Insomma un grande comunicatore e organizzatore che credo possa d’are molto anche alle nuove sperimentazioni non solo per età anagrafica. Con lui a ottobre 2017 ho presentato un solo-show a Chelsea con titolo Francamente ed è stato una bellissima esperienza e un’opportunità per una retrospettiva con più di 60 opere davvero intensa. La mostra è stata anche prorogata ben due volte all’interno dello spazio Italian Green Design decretandone un successo e una tappa fondamentale nel mio percorso di ricerca…anche e soprattutto nel mio percorso di avvicinamento a New York, visto che è da tanto che cerco di fare il passo definitivo di trasferirmi.
P. B.
“11 la porta alchemica” questo il titolo della tua ultima densissima mostra romana. Il primo della serie di numeri che seguono la decina aprendo la strada per l’infinito, dopo essere stato sempre un punto di riferimento del tuo lavoro, ne assume ora, in qualche modo, anche la titolarità e lo fa insieme alla stessa Alchimia altro cardine della tua ricerca. Che significato ha questa cifra per te?
F. L.
11 è il mio numero magico. Ricorre sempre nel mio lavoro e come spesso capita con le mie intuizioni le reali ragioni continuano a sorprendermi. 11 sono le teste presenti nel mio albero della Cuccagna presentato da Achille Bonito Oliva per l’EXPO 2015 e con il catalogo tutt’ora in presentazione-promozione edito da Skira. 11 era l’Anno Del Coniglio quando nel 2011 feci entrare nella fiera The Road To Contemporary Art a Roma al Macro Testaccio-Pelanda un cavallo vero, bianco, cavalcato da una donna coniglio. 11.11.11 Il Giardino dell’Eden era la mia mostra personale all’Orto Botanico di Roma (ex Giardino Alchemico di Cristina di Svezia nel ‘700). 11 Novembre 2018 sarà il compleanno, il 10°, della Donna coniglio che verrà festeggiato al Macro di Via Reggio Emilia con Giorgio de Finis per il suo Macro Asilo. E ancora, 11 erano i giorni in cui mi feci rinchiudere senza cibo ne acqua dentro una stanza del MAAM (Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz Città Meticcia) per la performance Residenza in Comunione. 11 infatti sono i giorni di differenza tra il calendario lunare e quello solare a cui il MAAM e la sua ascesa alla Luna si ispira.
Le mie mostre si inaugurano l’11: quella da Pio Monti era l’11.1.2018 (…e 2018 sommato fa 11) e soprattutto 11 significa trasformazione. Indica come due travi verticali un passaggio, una porta. Il passaggio come la Porta Alchemica ha a che fare con la “trasformazione delle trasmutazioni” che è quella alchemica della porta Magica ma soprattutto con la trasformazione spirituale che auspico non solo per me.
PB.
Cosa significa per te “La Memoria”?
F.L.
Memoria è quello che mi sovviene degli anni vissuti ma soprattutto quello che ho registrato della mia infanzia e adolescenza. Sono sensazioni, sono le madeleine di Proust, sono suggestioni sopite che riemergono con determinate condizioni. Mi interessa quest’ambito perché è stato per me argomento di studio con l’altro mio mestiere/ricerca: la regia, lo studio sul lavoro dell’attore e il mondo che c’è, tutto da indagare, nel metodo Stanislavskij-Strasberg. E’ la ricerca che porto avanti con la meditazione trascendentale sin dai miei 12 anni di età (mia madre mi ha iniziato alla meditazione sin da piccolo) e che continuo a sondare nel mio viaggio nell’inconscio.
Memoria significa però anche un viaggio a ritroso nelle memorie precedenti la mia esistenza. Tutti ci portiamo dentro simboli e immagini dalla notte dei tempi. Memorie ancestrali che hanno a che fare con l’inconscio collettivo che tutti ci accomuna. I riti come nel “Matrimonio di Franco Losvizzero” (performance avvenuta ai Musei Capitolini nella sede della centrale Montemartini quando mi sono sposato con una statua) sono parte di queste tradizioni rituali-simboliche che in un modo o nell’altro ritornano nella nostra contemporaneità. Sondarle con un “conduttore” simbolico come il Coniglio Bianco o con Caronte (altro mio personaggio, nato allo Gnam nell’omonima performace) è parte del mio percorso e della mia ricerca.
Cosa trovo è sempre una sorpresa! Soprattutto con il disegno olio e grafite su carta. Pescare nell’inconscio è un modo per trasformare la mia “merda” interiore in oro…e per me questo è il processo alchemico che più mi rappresenta.
PB.
Progetti per il futuro?
F.L.
Oltre a creare un sempre più stabile ponte con New York, con uno studio al Mana in New Jersey, con Venezia e Murano (per le sculture in vetro) e con Roma, la mia città Natale, i miei prossimi appuntamenti prevedono un’ approfondimento col Maker Fair alla Fiera di Roma con un super progetto di cui non posso ancora parlare che coinvolge un gruppo di curatrici molto all’avanguardia, le GMG e una realtà italiana che mette la cultura al centro della possibile rinascita politica ed economica del nostro paese: Cultura Italie. Con loro stiamo lavorando alle potenzialità delle nuove tecnologie in relazione alla cultura contemporanea e alle nuove generazioni.
Altro appuntamento sarà quello con il “Macro Asilo” di Giorgio de Finis che mi vedrà a ottobre in prima linea per sostenere quello che reputo il futuro per il rilancio dell’istituzione “Museo” in Italia e del “sistema” dell’Arte più in generale.