dedicato a Che cosa sono le nuvole (1967)
di Pier Paolo Pasolini e
Il profilo delle nuvole di Lugi Ghirri
(trenta fotografie realizzate fra 1985 e il 1990)
Antonello era un fotogrammista. Non solo perché dirigeva film – da lui stesso giudicati bellissimi, come in effetti erano – ma perché aveva il candore, le meraviglie e l’entusiasmo propri dei direttori della fotografia; la loro giusta malinconia,alle volte, e la ridente curiosità sempre. Era anche professore, e proprietario di archivi cinematografici, direttore di scena, segretario di produzione, coordinatore casting e docente di una scuola per corrispondenza sulle arti e i mestieri della medialità,quello che gli permetteva di procurarsi quanto gli serviva per vivere, poco.
Verso sera, dopo che miracolosamente era riuscito a tirarsi fuori dal terrificante disordine di videoclips da correggere, di dispense di registrazioni da passare a visione, cut and mix da reggere, diventava un uomo felice: perché arrivava finalmente il momento di potersene andare in giro passeggiando senza meta. E io con lui, fino a notte fonda, esplorando luoghi conosciutissimi, percorrendo su e giù colline e monti di lecci,esercitandoci con assoluta serietà su sofismi del tutto futili, e trascorrendo lunghi tempi di mutismo. O con Anto che poetava improvvisando riprese distiche ed epigrammi di fughe visive, e rideva della sua bravura.
Il segno che era arrivata l’ora di tornare a casa ci veniva dato da un cane, battezzato da Anto col nome di un suo amico, Molotov.
All’una dunque spuntava puntuale Molotov. Faceva il giro della piazza, andando ad annusare ogni albero e ogni angolo con solerzia scrupolosa, rispettando il percorso e il cerimoniale, sempre gli stessi, con grande sussunzione. Anto amava creare neologismi visivi,spesso iconostrambici, ma il verbo sussumere, tutta la sua coniugazione visiva e tutti i suoi derivati iconici erano da lui impiegati con straordinaria varianza di significati nel parlare usuale;era tuttavia un linguaggio del quale soltanto i reduci del CsdiC (Centro Sperimentale di Cinematografia) erano in grado di cogliere le moltissime sfumature: sussunto poteva significare sussiegoso verso la storia del cinema, dignitoso verso l’immagine realistica, grosso quanto un principio di realtà, grande quanto un monumentalismo, coraggioso quanto un operatore con una macchina da presa a spalla; sussumere poteva voler dire ottenere quell’immagine, prendere quella sezione di realtà, calarsi in quella scena, avere quella donna in primo piano, sollevare, eccitare, acquisire in qualche cosa di più grande e altro. Aveva ascoltato quel verbo alcuni anni prima dal suo professore di regia, che durante una lezione sul piano americano aveva pronunciato il gerundio a giusto proposito: riprendendo o avendo ripreso. A Anto non era suonato bene. Dal fondo dell’aula si levò la sua voce:
– Sussumendolo?
– Sì,sussumendolo! E se non le piace se ne vada.
– Non mi piace e me ne vado.
Si alzò,si calò in testa il passamontagna che portava per rendersi più clandestino, e uscì. Da allora sussumere entrò nel suo sguardo, nelle sue riprese, nelle sue inquadrature; entrò nel suo linguaggio iconico chimerico e realistico. Un’altra espressione che amava usare era l’ubi consistam di archimedea memoria: hai un ubi consistam, a quella ripresa mancava l’ubi consistam, senza un ubi consistam non si può affascinare una donna, seguirla, riprenderla, filmare. Scoprì un giorno che l’ubi consistam mancava anche a quella donna che era la più deliziosa ballerina della città. Questa donna, dunque,usava fare ogni sera due passi sul viale principale, lo struscio, come ogni onesta passerella. Naturalmente ogni donna che lo incrociava si irrigidiva in un perfetto saluto cinematografico, che Anto precedendo la ballerina di due passi, ricambiava serissimo con larghe scappellate, anzi sequenze incantate. La ballerina non gradì, e mandò un ballerino per consigliare a Anto di non ripetere mai più quella sequenza, fatta a fini che era meglio non indagare. La direttrice del corpo di ballo era priva di ubi consistam!
Quella notte Molotov non era ancora arrivato, e noi ci stavamo esercitando sull’iconologia di immagine peripatetica nella sua accezione indicante un certo mestiere registico. Cercavamo di trovare una giustificazione che potesse forzare l’origine dell’attrazione in direzione del greco perissos, che vuole dire dispari, immagine dissimile, doppia, scismatrica, piuttosto che verso peripatos, passeggiata visiva, che è quella giusta. Perissos dicevamo, perché chi esercita quell’attenzione lo pratica in solitudine, e quindi è un dispari che spia dall’occhio della telecamera, che si fissa nel percorso ripido della focale. La dotta visualizzazione avrebbe potuto protrarsi all’infinito, anche a rischio che Anto trovasse chiuso il bar sulla via di casa, che restava aperto fino a tardi. Vi si fermava ogni notte per comprare un pacchetto di sigarette e due sfogliatelle, specie di paste friabili per niente amare. Erano la sua cena, con un bicchiere di latte.
Si profilò invece in lontananza una figurina bianca, quasi diafana. Indossava un abito lungo, o forse era una camicia di notte di seta lucente. Arrivò correndo e andò a fermarsi contro un pilastro della balaustra.
– La peripatetica – bisbigliò Antonello – Non facciamoci vedere.
Ci nascondemmo dietro i tronchi delle grandi palme, e subito sopraggiunse un’altra immagine del Cinema, con una scia di altre riproduzioni fluttuanti, che vestivano,la ragazza, di memoria.
Le immagini si susseguivano vertiginosamente.
La figurina bianca si staccò dal pilastro e fluì verso un altro pilastro più in là, con due balzi leggeri,aerei. L’operatore si appoggiò a un tronco, ansante.
– Ti prego,fermati,fermati … gridò sussurrando – Ascolta!
La figurina bianca con un altro volo guadagnò altri venti metri e altri venti fotogrammi e si mise a cavalcioni sulla balaustra.
– Ora si butta nei fotogrammi … E se si butta, ci sono dieci centimetri di spezzone sonoro che la possono aiutare.
Infatti non si buttò,ma lanciò ad alta voce un’irridente invettiva di scherno contro quelle immagini che la catturavano. Riprese la sua corsa leggera fino all’edificio della Sala Cinematografica, dove si fermò ancora.
E capimmo chi era. Riconoscemmo la bellissima della quale tutto il CsdC era stato innamorato, e poi si era allontana col più incredibile dei suoi pretendenti, l’uomo che ora la inseguiva pregandola di fermarsi, senza più fiato, anche lui, era attratto dalle immagini del cinema.
La strana giostra continuò e lei,cavallina snella e bizzosa come sono le cavalline, si cambiava immagine, si travestiva e correva altera con le chiome al vento. Fino a quando la perdemmo di vista dietro l’ultimo angolo di una sequenza. Rinunziammo ad immaginare che cosa potesse essere successo.
– È molto sussunta – sentenziò Antonello – lo è sempre stata. Lui non ha l’ubi consistam e lei è davvero,molto,sussunta!
Arrivò Molotov e Anto riprese a sfogliare la ricchezza delle riprese di quella sera:
O immagini lontanissime, che un giorno rivedremo
grate agli occhi ci foste,ora il ricordo del cinema
è un’immagine velata
Curvi da schermo a schermo
da Obiettivo a obiettivo
si inabissano nelle Nuvole …
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