Lunedì 21 dicembre 2009, alle ore 19,00 con la mostra collettiva d’arte contemporanea Narciso, curata da Gigliola Fania e presentata dal filosofo Romano Gasparotti, si inaugura a Foggia il nuovo spazio espositivo ArteOra.
Undici sono gli artisti che per l’occasione propongono una personale rilettura del mito: Giovanni Albanese, Gerardo Di Fiore, Piero Di Terlizzi, Francesca Fini, Michele Giangrande, Mosè La Cava, Paolo Lops , Salvatore Lovaglio, Leon Marino, Fernando Rea, Giuseppe Teofilo.
Le opere in mostra – installazioni, sculture, dipinti e video – offrono prospettive diverse pur partendo dalla comune radice tematica per creare un suggestivo dialogo tra modalità espressive anche molto lontane tra loro, con l’intento di dare vita ad un particolarissimo dialogo attraverso modalità di sperimentazione apparentemente contrapposte e angolazioni interpretative inedite, che partendo dal mito vanno oltre.
Inevitabilmente lo specchio e, conseguentemente, l’immagine riflessa sono il nucleo propulsivo intorno cui ognuno ha lavorato, per mostrare un’immagine di sé e attraverso sé del mondo. Infatti, come scrive Gasparotti nel testo critico: “C’è sempre di mezzo uno specchio, ma lo specchio di Narciso non è lo specchio di Dioniso, regalato al dio bambino dai Titani. Allorché il fanciullo lo solleva davanti al volto, ecco che, sulla superficie riflettente, appare la molteplicità del mondo in tutte le sue forme e colori. In quell’istante, il fanciullo Dioniso viene fatto in mille pezzi dai Titani, ma il dio permane nella sua unità, perché “Apollo lo raccoglie assieme e lo riconduce alla vita” (Olimpiodoro). Mentre lo specchio acqueo di Narciso reduplica meccanicamente tutto ciò che Narciso esprime e fa, lo specchiarsi di Dioniso pur mostra lo spettacolo di un mondo, che è Dioniso stesso e, nel contempo, è assolutamente altro e distante da Dioniso nella sua inattingibile, inaccessibile e ineffabile natura divina.
Ogni artista, e in modo particolare il pittore, si misura con lo specchio. Ma fino a che resta prigioniero dell’ illusione demiurgica, secondo cui il fare dovrebbe solo rendere visibile in immagine l’idea della cosa compiutamente pre-vista nella mente, il supremo desiderio di Narciso resta un vano sogno, nell’ incapacità di sperimentare la distanza tra la propria visione e l’immagine destinata ad apparire. Il senso così non circola e ogni figura si richiude nella sua vocazione riproduttiva, così come la parola tende a divenire un vuoto riecheggiare. Potrebbe, però, sempre accadere che lo specchio di Narciso si infranga dionisiacamente in mille pezzi ed ecco che immagine e parola possono diventare manifestazioni di un’unica archiscrittura cosmica, in cui le configurazioni e i significati del mondo dati vengono sospesi, in modo che nuovo senso si rigeneri e circoli liberamente”.