La validità delle immagini, del mondo della rete, del web, rimanda a stati in costante cambiamento attraverso un flusso ininterrotto di immagini, suoni, testi. Una realtà parallela che fluisce senza sosta e indipendentemente dalla nostra partecipazione, porta a considerare uno spazio infinito dal quale portare e prendere linfa per la ricerca artistica. Da questo flusso Miltos Manetas, artista che nel 2009 è stato il padre del primo Padiglione Internet alla Biennale di Venezia, imposta la sua analisi con la dualità della pratica tecnica, di ricerca di immagini, sostenuta da un approccio teorico. Da molti anni affronta la dimensione pittorica ampliandola con immagini che, come base originaria, hanno l’elemento della variazione. Manetas, artista greco stabile da molti anni in Italia è il fondatore di Newpressionism e Nee, movimenti sviluppati in accordo con altri artisti. Il primo nasce nel 2014 con evidente riferimento all’impressionismo che basava gran parte della sua pratica pittorica nel lavoro en plain air. È una tendenza che ha coinvolto artisti, architetti, designer, scrittori, compositori e autori in modi e forme diverse proiettate nella dimensione analogica dello schermo di un computer, con un approccio di visione della realtà mediato dalla condizione digitale.
E così per Internet Paintings, negli spazi della Galleria Gian Ferrari del MAXXI di Roma, Manetas, parte da Italian Painting, opera che lo ha visto vincitore della prima edizione del Premio per la Giovane Arte Italiana del 2000 del Museo nazionale delle arti del XXI secolo. È un modo chiaro e complesso di dichiarare la sua solida visone sul mondo digitale: da Skype, ai social network, con gli scontati e innumerevoli selfie a Google Street View che nella localizzazione delle strade incorpora anche le vite delle persone in attimi di tempo che sembrano eterni; nel fermo immagine della geolocalizzazione. Dell’era contemporanea anche il mondo della moda è inglobato nel complesso del web, articolato da visioni quotidiane rimandate sulle tele in immagini semplici. Le tele sono fissate al soffitto e disposte in profondità, altezza e in sovrapposizione, con spazi per passare tra queste: il colpo d’occhio generale va a un desktop di un computer, concretizzato nello spazio della Galleria su un tavolo. Le immagini sono in evoluzione – ci sono carrelli con materiale per dipingere, per gli interventi di cambiamento e aggiornamento – l’unica opera che non verrà cambiata è Italian Painting perché parte della collezione MAXXI. La mostra dedicata a John Perry Barlow, difensore delle libertà digitali, è anche un workshop attivo che coinvolge artisti (tra cui Nora Renaud, Ana Milena Renza Grisales e Arlen Siu Vásquez), amici e chi ha partecipato all’open call lanciata dal museo per rendere le opere vive, in costante cambiamento, come quello che vediamo in rete. Le immagini sulle tele, disposte come in un patchwork pittorico, sono illuminate dalla sovrapposizione della proiezione delle finestre aperte sul desktop del computer in mostra. Una webcam riprende l’osservatore che viene assorbito nella superficie sfaccettata del disegno di un diamante. Nell’allestimento libri di Gianis Varoufakis e di José Pepe Mujica sul sistema economico e il potere, e i Conceptual Art Book del Conceptual art centre Bukovje, sorreggono e bilanciano le altezze di alcuni lavori esposti. Un work in progress continuo: non si arresta l’opera di cambiamento come mai si arresta la vita in rete.
L’articolo su Miltos Manetas è a firma di Ilaria Piccioni e pubblicato sul n.267 di Segno
Miltos Manetas. Internet paintings
fino al 20 maggio 2018
MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Via Guido Reni 4A – 00196 Roma