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MIART – Le foto dell’inaugurazione e prime impressioni

Il Miart, per la terza volta sotto la direzione di Alessandro Rabottini, ha aperto ufficialmente. Se lo scorso anno la fiera milanese si era chiusa con qualche dubbio sulla propria identità nel paragone con la cugina torinese Artissima, se avesse senso o meno avere in Italia due kermesse così vicine territorialmente, oggi ad un primo sguardo è difficile non giudicare il Miart fra le migliori del panorama nazionale. Se non ci saranno sorprese, sarà difficile non considerarla da oggi in poi la prima fiera in Italia.

Che il modello organizzativo ricalchi quello delle migliori europee (Basilea in primis seppure in scala minore) pare essere un punto a vantaggio del Miart tanto da farla valutare più internazionale e meno locale, anche se taluni aspetti di italianità – se così vogliamo chiamarli – non vengono certamente trascurati; e questo a nostro parere è un bene poiché proprio ciò può determinare la sua peculiarità. Basti pensare, in tal senso, all’alternanza fra grandi installazioni ( Art Unlimited potrebbe essere il punto di paragone) a stand che non rinunciano ad impianti tradizionali, sicché nell’equilibro fra questi due modelli, o visioni, il Miart sembra avere trovato il proprio modo per caratterizzarsi, e recuperando – se vogliamo – terreno sul primato dell’arte, affiancandosi a quello già consolidato da decenni nell’ambito della moda e del design.

Established Masters and Contemporary, Generations (a cura di Anthony Reynolds, dell’omonima galleria e Chris Sharp, scrittore e curatore indipendente), Decades (a cura di Alberto Salvadori, direttore del nuovissimo ICA di Milano), Emergent (a cura di Attilia Fattori Franchini, curatrice indipendente), On Demand (a cura di Odo Albera di miart), infine Object, la sezione dedicata al design, curata da Hugo MacDonald, sono le sezioni che la caratterizzano. Fra alternanza di stili, proposte storicizzate e altre più audaci e cronologie che si alternano offrendo al collezionista e allo spettatore l’opportunità di un viaggio, oltre che nel mercato, nella storia dell’arte, il Miart sembra avere trovato la propria interpretazione del presente.

In attesa di scoprire i risultati economici di queste scelte di campo e curatoriali, quelle che contano in definitiva nel decretare o meno la riuscita di una fiera, ecco una prima carrellata di immagini a cura di Roberto Sala.

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