Cos’è il Mercato dell’Arte? Quali sono i problemi con cui devono lottare quotidianamente i galleristi? Come si scelgono gli artisti che vendono? L’Arte a Torino si respira in ogni luogo, ma Artissima è soprattutto mercato e ci è sembrato importante chiedere direttamente a loro come si muove l’economia dell’arte e cosa succede nell’immediato, mentre si svolge la fiera. Riflessioni, impressioni e aspettative negli incontri con Michela Rizzo, Enrico Astuni, il giovanissimo Thomas Brambilla, Alfonso Artiaco, Umberto Di Marino, Davide Rosi Degli Espositi, Benedetta Spalletti, Richard Saltoun, Marelize Van Zyl e Claudio Poleschi, qui a Torino in veste di visitatore che ci ha offerto il suo autorevole pensiero.
Ad andare dritta al cuore della questione è Michela Rizzo (Galleria Michela Rizzo – Venezia). Mi spiega che il mercato dell’arte italiano è difficile per diversi motivi. Il primo: lavorando con i maestri si combatte continuamente con i risultati delle aste. Molti collezionisti, collegandosi ai diversi siti di aste disponibili, possiedono dati e dettagli, ma soprattutto, questi sono diventati accessibili a chiunque e chiunque può partecipare alle aste. In passato, invece, le aste si rivolgevano ai mercanti, mentre adesso si rivolgono a tutti. Spesso, la maggioranza degli artisti ottiene in asta, risultati inferiori a quelli del primo mercato, e questo condiziona tantissimo la crescita delle quotazioni degli artisti, perché è evidente che chi rivende in asta, spesso necessitando di denaro, si accontenta. Quando i collezionisti si presentano in galleria con queste informazioni, difendere la storia e il lavoro dell’artista è arduo. Sui giovani, per certi aspetti è più facile, perché sei tu a stabilire i prezzi. I meed carrer sono una categoria un po’ difficile. Il mercato risponde a questa se sono artisti che hanno già fatto Documenta, Biennale e manifestazioni importanti. Bisogna tentare, tuttavia, di difendere gli artisti in asta, ma è difficilissimo. Il fenomeno è nuovo e la causa è internet. Velocemente sei in contatto con tutto il mondo. Artissima? È una bellissima fiera. La più bella e i collezionisti stranieri ci sono.
Dello stesso avviso è anche Enrico Astuni (Galleria Enrico Astuni – Bologna). In merito ad Artissima, ne sottolinea il carattere d’internazionalità. Qui puoi incontrare buoni collezionisti ,perché la Fiera è di qualità, e cominciare nuovi rapporti con nuove persone. Questo è importantissimo e – a suo sentire – è da qui che bisogna ricominciare perché il mercato italiano è particolarmente problematico. La tassazione è altissima. Rispetto agli altri paesi, in Italia l’IVA è più alta, esiste il diritto di seguito e la tassazione sulla vendita pesa di circa il 57%. C’è poi il problema delle aste. Quando un artista è stato, sfortunatamente e per tanti motivi, battuto ad una quotazione bassa, in molti si fanno avanti e difendere tutto il lavoro costruito con l’artista diventa snervante.
Thomas Brambilla (Thomas Brambilla – Bergamo) è giovane ma ha le idee chiarissime. Generalmente soddisfatto di come gli vanno le vendite in questi ultimi anni, mi spiega, però, come e perché, negli ultimi tempi è cambiato il modo di lavorare in questo settore. Un cambiamento dovuto, anche per lui, alla comparsa esponenziale di aste. Come muoversi allora? Bisogna tentare di scegliere bene gli artisti di meed carrer, quelli che abbiano però un mercato abbastanza coperto, sviluppando contestualmente un lavoro sugli emergenti. Masters e Young artists insieme, per essere garantiti da un lato e costruirsi un lavoro proprio e indipendente dall’altro. Per Thomas Brambilla a cambiare non è solo il mercato ma anche la tipologia di collezionista. In giro ci sono troppi speculatori. Per lui continuare a sostenere il pensiero che comprare opere d’arte significa arricchirsi è sbagliato ed è questo che sballa il mercato. L’arte – forse è brutale da dire – ma è un bene di lusso e tale deve restare, perché questa è la sola cosa che la difende. Tutti, invece, possiamo essere amatori, ma è una cosa molto diversa. Per quel che riguarda la linea della galleria: investire, dunque, sui giovani artisti, seguendoli dall’accademia ai primi rapporti professionali, sostenerne la produzione, comprarne i lavori, significa tentare di riequilibrare l’economia dell’arte, così anche recuperare figure di maestri che ancora non sono stati “celebrati” nel mondo dell’arte è una strada percorribile. Altra possibile via, è guardare ad artisti con un ottimo curriculum che hanno comunque opere all’asta, di cui si gestisce una produzione particolare, come è il caso di Lynda Benglis. Con lei Brambilla ha fatto un lavoro di produzione in marmo a Carrara, facendola lavorare con un materiale inedito per lei, spostando e circoscrivendo in tal senso, la loro collaborazione ad uno specifico segmento di ricerca.
Come si scelgono gli artisti? Lo chiedo ad Alfonso Artiaco (Galleria Alfonso Artiaco – Napoli). Per lui la scelta di un artista nasce esclusivamente dall’interesse per il suo lavoro. Ma conta anche il rapporto umano, la relazione che s’instaura con lui affinché diventi un compagno di strada affidabile. Poi a volte – sottolinea – sono amori duraturi nel tempo, in altre occasioni possono avvenire cose che interrompono la collaborazione. Il mercato? Per Artiaco è una conseguenza della propria scelta, della propria visione. A volte è un trionfo, a volte non lo è. Ma cosa è cambiato rispetto al passato? – è la mia domanda -. Rispetto a 30 anni fa – mi dice – il mercato si è molto allargato, c’è un pubblico molto più vasto, più preparato, talvolta anche solo di amatori ma che non comprano. Esiste allora una generazione di nuovi collezionisti? No, non c’è – risponde Artiaco – i collezionisti ci sono sempre stati e basta, e se le fiere continuano ad esistere è perché ci sono. La Fiera semplicemente semplifica il lavoro che normalmente si fa in galleria, e permette alle persone di conoscerla senza venire necessariamente a Napoli. E su Artissima? La Fiera migliore del mondo è Basilea ma Torino la supporto volentieri – è la sua risposta. Non è entusiasta di tutto. Per il gallerista napoletano in Italia bisognerebbe avere meno fiere e alzare la qualità.
Umberto Di Marino (Galleria Umberto Di Marino – Napoli) Gli chiedo subito cosa pensa di Artissima? Torino è l’unica fiera veramente internazionale che esiste in Italia e la sola occasione per le gallerie di casa nostra di confrontarsi con un pubblico estero. Ogni anno questa fiera cresce sempre di più e di conseguenza aumenta la competizione, ma è positiva la maturità delle giovani gallerie italiane che nulla hanno da temere nel confronto con le estere. I collezionisti stranieri ci sono, a volte di più, a volte di meno. Lo scorso anno – dice – sono stati venduti 5 lavori a 5 nuovi collezionisti, di cui 1 italiano ma che si muove a livello internazionale. Qui il lavoro di ricerca trova un suo sviluppo perché c’è un confronto reale con le esperienze straniere, e questo è positivo.
Per Davide Rosi Degli Espositi (Galleria Car Drde – Bologna) ciò che conta è promuovere gli artisti italiani verso l’estero ma anche acquisire presenze straniere da proporre ai collezionisti italiani. E c’è desiderio da parte degli artisti stranieri ad esporre in Italia. Come costruisci la tua rete di collezionisti? – è la mia domanda – Proprio frequentando realtà come Artissima che offrono un confronto con una reale internazionalità. Altre realtà fieristiche italiane sono, purtroppo, affaticate e necessitano sicuramente di trovare un modo per fuoriuscire dai propri confini cittadini. Le Fiere – a suo avviso – sono sempre più fondamentali, anche se – mi confessa – gli dispiace che il luogo “galleria” non sia più così ricercato, come spazio dove conoscere realmente il lavoro degli artisti, dove visionare un progetto, come era in passato. Per questo motivo Davide Rosi Degli Espositi insiste sull’importanza del gestire lo stand fieristico come fosse lo spazio della galleria. Le opere di Elia Cantori – artista in fiera – sono, infatti, esposte come normalmente avviene in galleria a Bologna.
Richard Saltoun (Richard Saltoun – Londra) mi spiega che il mercato dell’arte, per lui è un mercato. Ed è un mercato globale. Tuttavia in Italia c’è un mercato dell’arte più ampio, perché c’è una cultura all’arte che rende le persone più predisposte a comprarla. E gli italiani, rispetto agli inglesi sono, dunque, più abituati a comprare arte. In Inghilterra i collezionisti sono perlopiù stranieri e soprattutto italiani che risiedono all’estero. La differenza – a suo sentire – fra i due paesi, risiede nel fatto che in Italia è penetrato un pensiero di negatività continuo, tale da far percepire ai più, l’idea che in Italia non si faccia abbastanza per il contemporaneo. Non solo in Italia per Richard Saltoun, si fa tantissimo – basta pensare a quante fondazioni ci sono nella sola Torino – ma qui ci sono anche le persone più ricche del mondo. E questo spiega perché è importante essere qui ad Artissima.
Benedetta Spalletti (Vistamare – Pescara) ha sempre visto Artissima come una fiera interessante che offre concretamente l’opportunità di venire a contatto con un collezionismo internazionale. A suo avviso, puntare non esclusivamente sul mercato italiano significa nutrirlo, tanto è vero che – mi dice – il suo lavoro è sempre stato seguito da molti collezionisti italiani, proprio perché la linea della sua galleria ha un respiro internazionale. Le chiedo se ha mai avuto problemi nel difendere le quotazioni dei suoi artisti. La risposta è si, ma difendere il loro lavoro sul mercato, oltre che una scelta etica, è una difesa stessa per gli artisti oltre che del lavoro della galleria. Questo è anche il supporto che una galleria può e deve dare ad un artista, ma anche ad un collezionista, a differenza di ciò che fa, invece, una casa d’asta.
Marelize Van Zyl (Smac Gallery – Cape Town, Stellenbosch, Johannesburg) mi spiega, a differenza di quello che si può immaginare, che non c’è molta differenza fra il collezionismo italiano e quello sudafricano. In sostanza, tutti cercano un certo tipo di estetica ma anche l’affare. L’idea di arte come investimento è ancora un caposaldo ed è difficile spostare questo pensiero. L’unica differenza fra i nostri due paesi è forse che i collezionisti sudafricani tendono a comprare artisti del luogo, quasi a voler proteggere o difendere la propria identità artistica-culturale. Essere presenti ad Artissima è fondamentale per noi, perché è un’ottima piazza dove incontrare collezionisti italiani e far conoscere le eccellenze della nostra terra.
Per Claudio Poleschi con l’avvento di internet è cambiato il mondo e anche il mercato. Sono aumentate le speculazioni, le manipolazioni e questo sballa l’economia. Ma in Italia reggiamo? – gli chiedo – : Si – risponde, ma ci sono falsificazioni molto forti. Ad esempio – mi dice – nella storia dell’arte sono presenti artisti che non hanno veramente traccia o non hanno lasciato un segno concreto e che costano quanto un Morandi. Questo è, a suo avviso, un non senso. Dove s’indirizzano i collezionisti italiani? Non c’è una direzione precisa, ognuno si fa affascinare da cose diverse. Si naviga a vista. Speriamo di navigare bene in futuro.