Trentasette sculture, quaranta tra disegni e collage, cinque telai, tre “pani”, sette libri in terracotta, sei libri cuciti, un grande Varano, una tovaglia e un cartiglio – nonché le quattro opere che dal 2006 sono parte della collezione permanente – raccontano il mondo di “Maria Lai. Opere dal 1942 al 2011” al MUSMA di Matera.
Il Museo della Scultura ospita un’interessante retrospettiva su un’artista visionaria, spesso esclusa dalle grandi mostre, che ha iniziato il suo iter affiancandosi al Gruppo 1 di Roma. Da ottima allieva di Arturo Martini (unica donna ad esserlo), Maria Lai sa che le pietre sono le vere immagini del mondo, compito dello scultore è quello di farle respirare come pane che lievita.
Storia e mito si intrecciano nei suoi racconti, spesso legati alle tradizioni popolari, come mostrano Cuore mio (in foto) o Mattiniero con capretta, opere che esibiscono il sentimento di riconoscimento e di appartenenza alla Sardegna dell’artista (sarda di natali). Altri lavori pongono accento sulla “fisicità dei luoghi” e sull’interazione con il paesaggio: difatti nel 1981 un intervento ambientale, intitlato Legarsi alla montagna, trasforma il paese di Ulassai in un grande telaio, dal quale si dipanano ventisei chilometri di nastro azzurro che unisce – idealmente e non – natura e costruzioni umane.
Non mancano riflessioni sulla figura femminile e sul suo ruolo nella società, che si collegano anche all’esigenza di rapportarsi alla tradizione: così le storie intrecciate nei primi lavori si trasformano in telai, opere scultoree vicine al fare dell’Arte Povera, che enfatizzano il valore del lavoro manuale e che gradualmente si “assottigliano” nei grovigli di fili dei Libri Scalpo, i quali lasciano grande libertà interpretativa al fruitore. Ma ancora i grovigli diventano complici di un viaggio tra le Geografie della Terra e delle costellazioni, elementi esplicativi di quelle tensioni febbrili che inducono l’artista ad aspirare all’infinito.
In tutta la ricerca di Maria Lai il segno e la materia, inseparabili l’uno dall’altra, si confondono con la vita quotidiana, poiché l’arte – strumento e testimonianza del tempo, secondo l’artista – ha il ruolo trainante di creare e rompere gli equilibri, di smuovere le coscienze e la creatività. Tale ruolo è insito nell’arte stessa poiché essa è generata dalla paura, dalla coscienza di un abisso. È un segno del nostro tempo. Ma credo che in ogni tempo l’artista abbia sentito il bisogno di costruire un ponte attraverso il vuoto, per non caderci dentro.