Marco Bolognesi, artista poliedrico e versatile, è sempre andato oltre… Oltre il quotidiano ed anche al “terrestre” per sperimentare e studiare nuovi spazi e nuove dimensioni come l’universo Cyberpunk, che ha fatto totalmente suo con B.O.M.A.R. Universe. Bolognesi quest’anno è protagonista alla Bienal de Curitiba 2017, tra le più importanti manifestazioni dell’America Latina, con un progetto selezionato dal curatore Massimo Scaringella che si intitola Sendai city: the Truth incentrato sulla ricerca del rapporto tra verità e conflitto, visitabile dal 30 settembre al 25 febbraio 2018 presso la sede del MON – Museu Oscar Niemeyer
Lo abbiamo incontrato per farci raccontare questa esperienza che lo attende, ma anche qualcosa in più sulla sua ricerca.
Eugenia Neri. Marco, per quale motivo pensi che Massimo Scaringella, stimato curatore, abbia scelto te come artista, e forse anche come persona, per rappresentare l’Italia a questa importante Biennale?
Marco Bolognesi. È difficile darti una risposta obiettiva perché io non sono il curatore. Posso però dire che ho sempre ideato progetti crossmediali e che Massimo si è sempre interessato a questo aspetto. Lo dimostra la sua scelta di artisti molto diversi in cui la sperimentazione è molto forte.
Il tuo lavoro nasce essenzialmente fuori dall’Italia, ce lo vuoi spiegare meglio? E come vedi la tua partecipazione a questa importante Biennale?
Il mio lavoro nasce artisticamente a Londra e quindi la contaminazione culturale é stata il fil rouge. Credo fortemente che l’arte sia uno strumento per comunicare alla massa e quindi “pesco” i suoi link creativi appunto nel background pop, soprattutto nel fumetto e nel cinema di genere. La Bienal de Curitiba è sicuramente uno dei momenti più importante della mia carriera.
Come ti senti a riguardo?
Sono emozionato perché credo che non si sia mai arrivati. Sarà un’esperienza stimolante. Non sono mai stato in Sud America di persona quindi per me sarà fantastico toccare con mano una nuova cultura. Il mio lavoro, invece, era già stato in passato in queste terre: ero stato selezionato, sempre da Massimo, per la Bienal del Fin del Mundo in Cile ed Argentina.
Cambiando letteralmente argomento: le tue opere trattano spesso di conflitti già da molto tempo, il conflitto è una cosa che ti spaventa oppure pensi che possa essere dominato in modo pacifico?
Il conflitto mi spaventa quando diventa uno stato di normalità, quando per l’umanità é normale vivere all’interno di un mondo di violenza. La violenza alimenta il conflitto, ma noi, al posto di generare un’azione di cambiamento su ciò che ci circonda, accettiamo assuefatti tutto ciò. Generiamo uno stato di normalità e ci modifichiamo in esseri “mutanti”, che io codifico come Techno Mutant. Potremo pensare che la violenza faccia parte della nostra natura ma questa visione non ci porterebbe ad un’evoluzione della specie. L’umanità non progredirebbe.
Personalmente temi le guerre? Il tuo rappresentarle è forse un modo per sconfiggerle anche dentro di te?
La guerra più spaventosa é l’accettazione della violenza. Io ho paura di una cultura che favorisce il conflitto quando invece dovremmo evolvere in un’umanità che generi solidarietà, conoscenza e comprensione. L’umanità dovrebbe pensare insieme e non divisa. Il conflitto di tutti i tipi genera paura ma attraverso questo noi siamo più fragili. Ho paura delle guerre, del terrorismo, delle diverse forme di violenza e soprattutto dei mostri nati dall’ignoranza.
Cosa mi dici invece della “verità”, visto che l’opera che presenti alla Bienal de Curitiba 2017 parla proprio di questo, del rapporto tra “Verità e Conflitto”?
La mostra si chiama Sendai city: the Truth e qui inizia il viaggio, il percorso, un sentiero sottile. Tutto inizia dove lo avevo lasciato con la mostra precedente, come il susseguirsi dei capitoli di un racconto. Sono partito dall’universo che ho generato in quindici anni di ricerca. Sendai city e un luogo che esiste se noi abbiamo gli strumenti per vederlo, é un luogo reale ma nello stesso modo virtuale. Siamo certi di vedere completamente ciò che ci circonda? In un modo un po’ semplicistico potremo prendere in prestito quello che sostengono i fisici, ossia che siamo in grado di vedere solo quello che la luce ci permette di scorgere, quindi non tutto ciò che esiste attorno a noi. Io nel mio Techno Mutant ho raccontato la dolorosa mutazione dell’umanità che molti non percepiscono a causa di uno “sguardo cieco”.
Per chi non potrà essere presente a questa Biennale e non potrà ammirare la tua opera, come la descriveresti?
Il mio progetto è un’installazione composta da diciassette fotografie, un video e una teca. Nero su nero é l’atmosfera. Ho lavorato con la tecnica del collage corporeo, incollando sul corpo delle modelle pistole giocattolo e materiale elettrico per modificarne le forme naturali così da cogliere il momento in cui la dolorosa trasformazione prende atto. La teca e il video contengono invece la documentazione e la ricerca da cui sono partito. Mi interessa mostrare i bozzetti e tutto il percorso concettuale e fattivo del progetto.
E i tuoi progetti futuri su cosa verteranno?
Parallelamente al progetto Techno Mutant sto realizzando un film fantascientifico ad animazione dal nome Messaggio alla terra: arrendetevi!. Sarà un film realizzato con una tecnica sperimentale che avevo già iniziato ad utilizzare con il cortometraggio Blue Unnatural. Il film sarà da una parte un omaggio al mondo della fantascienza di Antonio Margheriti, dall’altra una parabola sul rapporto che l’umanità ha con la libertà. Siamo in grado di essere individui liberi o siamo shape, forme vuote da riempire a piacimento?
Tutte le Info sulla Bienal de Curitiba
30 settembre 2017 – 28 gennaio 2018
http://bienaldecuritiba.com.br/