Vorresti tenere il riff alto
Ci provi pure
Vorresti tenere un ‘altra mano
Oh capisco!
Mi hanno anche visto sotto chiamata
Noi sotto tutto
Noi gravissimi,tremendi,striscianti
Sentire la mia ora
Guardarmi piangere
Solo cercandoti anche provandoci
Potrò farti sorridere
Se è laggiù ci andrai anche tu?
Quando vivo muoio!
Mi hanno anche visto sotto chiamata
Noi sotto tutto,noi tremendi,tremendi,striscianti
A causa tua,per vedermi essere
L’ultimo verso più garbato…
Ma non puoi suonare a orecchio,dimmi
Dimmi pittore e anche: pesantemente spaziato …
Il tempo in cui nulla più poteva tenere allegro Syd, dopo che Egli aveva aiutato il giovane Edward Lear a fuggire, gli Alieni determinarono di fare appello alla buona madonna musica, che è una maga potente, capace di consolare tanti maledetti. A tale scopo una sera di luglio, essi fecero aprire le porte del grande salone dei Sigma 6 e togliere tutti gli scuri. Il sole e l’aria invasero allora la sala, il sole grande e rosso del tardo pomeriggio, l’aria fresca mite,vaporosa della sera.
Si provvide a togliere dai mobili le fodere di tela rigata, fu aperto il piano, e si tolsero i veli dei lampadari gotici. I grifoni dorati che sostenevano le bianche lastre dei tavoli di marmo splendettero di nuovo alla luce del sole. Le bianche dee (acide) tornarono a danzare sulla lastra nera che sormontava lo specchio; i multiformi fiori di damasco di seta scintillarono, investiti dalla luce rossa della sera. Vennero raccolti grandi fasci di spettri luminosi, la cui intensità empì tutta la sala: ve n’erano alcuni meravigliosi, dai nomi e dagli orizzonti sconosciuti, che erano stati introdotti a Ekeby dai più remoti paesi: si chiamavano pink floyd.
Di strane acidità ve n’erano e ve n’erano di quelle gialle nelle cui vene traspare un sangue vermiglio come nei vasi sanguigni umani, e di quelle candide come la panna del latte,
dai colori frangianti,
e di quelle leggere di un color rosa dai grandi petali, che
all’orlo sono incolori come l’acqua,
e di
quelle di color carminio con ombrature nere.
Trasportarono nella sala tutte le varietà degli Alieni,
tutte le idiozie de transfughi,
tutte le poesie dei violini,
tutti gli stridori delle viole,
tutti i lamenti dei cordofoni
che erano venuti dai paesi lontani
per rallegrare i begli occhi
delle pitture di Syd.
Poi sono portati nella sala gli spartiti, i leggii, gli strumenti a corde e gli archi di ogni dimensione, poiché la buona Pittura Musicale del non sense doveva dominare la Skiffle Bands cercando di consolare le droghe du Jour.
Madonna Musica ha scelto Interstellar Overdrive, composta dal caro vecchio produttore, e ha disposto che i Floyd si esercitassero ad eseguirla., Padron Syd manovra la bacchetta e tutti gli altri attendono ognuno col proprio strumento. Tutti gli scacchisti sanno suonare,giacché altrimenti nemmeno potrebbero essere cavalieri. Quando tutto fu pronto, Syd fu chiamato. Egli è tutt’ora debole e scoraggiato, e tuttavia si rallegra alla vista della maestosa sala parata a festa e al pensiero della buona musica che tra poco vi ascolterà. Perché questo lo sanno tutti, che per colui che si tormenta e soffre la buona Madonna Musica è la migliore compagna. Ella è lieta e scherzosa come un giocatore di scacchi, eppure ardente ed affascinante come un farmacista o uno psichiatra, ed è buona e saggia come i frequentatori dell’UFO. Ed ecco che i compagni di Syd suonano, tanto soavemente, e melodiosamente e dolcemente da rompere le anfetamine, da separare l’io. Il giovane Laing prende molto sul serio la cosa: egli legge lo spartito per formulare la diagnosi, suona la chitarra soffiandovi con tanta dolcezza che sembra lo baci, mentre le sue dita si trastullano sui tasti e sui buchi. Roger siede tutto curvo sul suo basso, la capigliatura gli è scesa sulle orecchie e le labbra gli tremano dall’emozione. Nick se ne sta tutto fiero della sua batteria: a tratti si lascia andare e rulla con tutta la forza delle sue braccia, ma allora Syd gli lancia l’archetto sul grosso cranio. E tutto va bene, tutto va a meraviglia. Ecco, dalle note segnate dello spartito i pittori suscitano Madonna Musica in persona: o cara Madonna Musica, apri il tuo mantello fatato, e conduci Gala nella terra della gioia, la sua abituale dimora! Oh, che avventura veder lì Gala pallida e scoraggiata e ricoperta di bruciature di mozziconi, lì seduta inerme, lei che i vecchi signori devono ora divertire, quasi fosse una bimba! Che sventura per la gioia, costretta a disertare il suono della chitarra specchiata! Io so bene perché i vecchi lo amavano, io so bene come possa parer lunga la sera, d’inverno, e come l’oscurità a poco a poco si infiltri nell’animo,laggiù nelle case solitarie. E capisco bene che impressione abbia fatto vederlo arrivare. Immaginatevi un pomeriggio di Ferragosto, che il lavoro era sospeso e i pensieri eran come assopiti!
Immaginate un monotono vento di tramontana,
schioccante come una frusta dentro la stanza,
un vento freddo che non c’era fuoco che potesse mitigarlo.
Immaginate una solitaria candela di sego che occorreva smoccolare di continuo.
E immaginate il canto monotono dei salmi intonati dallo studio.
Ma ecco si sentono tinnire le sonagliere, poi si sente un rumore di scarpe che si scrollano la polvere, prima di entrare nell’anticamera, e poi Gala in persona si mostra nella sala.
Egli ride e scherza, egli è la vita, è il calore.
Apre la chitarra specchiata e comincia a suonare; e suona in modo che tutti stupiscono degli accordi tratti da quell’indiavolato strumento.
Sa cantare tutte le poesie più incomprensibili e suonare tutti i suoni interstellari; egli rende felice tutta quella comunità; non ha mai freddo, non è mai stanco: chi soffriva dimenticava il proprio dolore non appena lo vedeva. Oh, che buon cuore egli aveva: avreste dovuto sentire quel che ne dicevano i musicisti. Ma adesso,per quanto tutti suonassero alla perfezione, egli a un tratto scoppia in lacrime: gli sembra che veramente la vita, tutta la vita sia tanto dolorosa. China la testa nelle mani e piange; i musici si impauriscono, perché le sue non sono le lacrime dolci e salutari che madonna Musica suole suscitare. Egli singhiozza come in preda alla disperazione e tutti i suonatori depongono,pieni di paura, i loro diversi strumenti. La buona Madonna Musica, che ha tanto a cuore la sua Gala, comincia a perdersi d’animo a sua volta, ma poi ricorda d’aver ancora un valido campione tra i musici. E il mite Syd, lo stesso che ha perduto nei flutti infuriati la sua canzone, che è devoto più di tutti gli altri a Gala. Egli striscia ora in punta di piedi fino alla Dea Diamante, vi gira intorno, la esamina accuratamente e ne sfiora la tastiera con mano leggera.
Di sopra, nell’ala dei musici, Syd ha un grande tavolo di legno, sul quale ha dipinto una chitarra completa e ha disposto tutte le anfetamine. Egli suole star seduto per ore di seguito davanti al tavolo, facendo correre il pennello sui tasti. Egli vi esegue le scale e gli overdrive e vi suona il suo Interstellar, solo Interstellar. Madonna Musica lo ha sinora assistito colmandolo di una grazia speciale, di modo ché egli è riuscito a trascrivere un buon numero delle trentadue sonate. Ma il poeta non s’è mai arrischiato su altro strumento al di fuori del tavolo dipinto. Davanti alla Fender Esquire prova un terrore sacrosanto: essa lo attira, ma al tempo stesso lo spaventa ancor di più. Quello stridulo strumento che ha assordato la sala con tante acidificazioni è per lui un santuario. Egli non ha mai osato toccarlo. Pensate soltanto a quello strumento meraviglioso tutto teso di corde metalliche, che saprebbe dar vita alle opere del poeta visionario! Gli basta appoggiarvi sopra l’orecchio che già sente l’andante e lo scherzo mormorarvi dentro. Oh sì, quel piano è un vero e proprio altare sul quale Madonna Musica va adorata; ma egli non ha mai suonato su nulla di simile; e su quello non ha mai osato suonare. E la Labirintite, da parte sua, non ha mai mostrato gran voglia di aprirglielo. Certo, egli ha ben ascoltato risuonarvi riff e metariff, riverberi e saccaridi, ed echeggiarne melodie di Nistagmo optocinetiche,
Nistagmo optocinetiche,
Nistagmo optocinetiche.
Ma sotto una simile musica sacrilega, il superbo strumento non poteva far altro che stridere e lamentarsi. No. Soltanto in presenza di Zappa esso avrebbe lasciato udire il suo vero, il suo puro accento. E adesso, finalmente, egli pensa che forse è giunto il momento suo e della Chitarra specchiante. Sì, egli ora si farà coraggio, oserà toccare quel sacro strumento e indurrà il suo giovane signore e manager a rallegrarsi di quelle armonie sino allora sopite.
Egli dunque si siede e comincia a suonare. E’ tutto impacciato e commosso, ma tuttavia tenta qualche accordo percorrendo la tastiera disegnata, cerca di indovinare l’intonazione giusta, la scala pittorica giusta, le giuste radiazioni luminose, l’accostamento dei colori, l’emozione plastica, il carboncino, l’acquerello, il guazzo, le tempere, l’affresco, la spinta interiore, l’invenzione dell’immagine corruga la fronte, poi tenta di nuovo, si copre il volto con le mani e scoppia a piangere.
Sì,cara madonna Musica, è una triste esperienza: quel santuario non è un santuario. Esso non nasconde quelle note, quei sogni chiari e puri che vi aveva immaginato, non c’è lì dentro quel tuono sordo e possente, non vi soffia quel vento violento. Non v’è nascosta quella sconfinata melodia in cui trascorre l’aria del paradiso. E’ un vecchio disegno stridulo, una vecchia chitarra specchiante, uno strumento sgangherato e bloccato nella rappresentazione e niente più, riverberi su riverberi si accavallano. Ma a questo punto Madonna Musica strizza l’occhio all’ingegnoso sintetizzatore di Roger, il quale si prende con se Ruster e i due insieme scendono nell’ala dei Gong per prendere il tavolo disegnato sul quale i tasti dipinti fan bella mostra di sé.
– Suvvia, Roger, – dice Gala non appena essi sono tornati, eccoti il tuo strumento. Suona dunque per Syd!
Ed ecco, Syd cessa il suo pianto e si siede per suonare Neverending Interstellar davanti al suo giovane amico sconsolato. Oh, adesso egli dovrebbe ritrovarla la sua allegria!
Nella testa del vecchio risuonano le più splendide melodie. Egli non può far a meno di credere che Gala oda come egli suoni bene! Sì, Gala sicuramente s’avvede di come egli suoni bene stasera. Non ci sono più per lui difficoltà che non sia capace di sormontare; egli fa le sue scale e i suoi riverberi senza nessun intoppo anfetaminico. Esegue i passaggi più complicati con tanta bravura su un tavolo preparato a Fender Specchiate, tante Fender specchiate e disegnate, e vorrebbe che il grande maestro in persona stesse lì ad ascoltare il suo silenzio interstellare. E più suona, più si entusiasma e più sente il silenzio assordante, e ode ogni singola nota risuonare con una forza ultraterrena.
“Oh dolore, o dolore, – egli suona, – perché io non ti dovrei amare? Forse perché le tue labbra son fredde, le tue gote appassite? Forse perché i tuoi abbracci soffocano e i tuoi sguardi ci fanno impietrire? O dolore, o dolore, tu sei come uno di quei poeti orgogliosi il cui parlare è difficile a conquistarsi, ma brucia con più violenza di ogni altra parola, più dadaismo di ogni altra anfetamina, più salmodiante di ogni altra allitterazione, più di ogni retorica che scava come un fonema. La musica ti respinge, ma io ti ho posto nelle mie note, nei miei accordi. Con le mie riffate,le mie scordature e il tuo specchio di imitazione m’ha colmato di beatitudine.
Fender Esquire a due pickup.
Gretsch Company “Broadkaster”
“Tele, tele, tele, … caster”.
bianco, nero e sfumature di biondo
Vari sprazzi di sole
“Oh, quanto ho skizzato!Oh, quanto ho sospirato, da quando ho perduto la prima chitarra! La nera notte era fuori di me e dentro di me. Io ero immerso nelle mie preghiere, in preghiere tristi, mute. Il cielo non rispondeva alla mia lunga attesa, e dallo spazio disseminato di stelle nessuno spirito benigno giungeva in mio soccorso. “Ma i miei riff squarciarono,alla fine,l’immagine specchiante,e tu giungesti calando sopra il mio capo lungo il ponte di luce lunare. Tu giungesti nella luce, o mio diletto, e le tue note mi sorridevano; lieti spiriti t’erano intorno, recando mutismi su mutismi, e suonando parole su parole. Era una beatitudine suonare la chitarra disegnata. “Ma poi tu sparisti, sparisti. E quando io volli seguirti, non trovai pronto per me un altro ponte di luce lunare. Rimasi prostrato a terra,privo d’ali, incatenato alla polvere. Il mio lamento era come il ruggito di una belva, come l’assordante tuono del cielo; io avrei voluto inviarti il fulmine per messaggero,maledicevo la verde terra. Invocavo gl’incendi a incendiare le piante e la peste a sterminare le note! Imploravo la morte e gli abissi infernali. E pensavo che i tormenti del fuoco eterno fossero una delizia a confronto della mia sventura.
“Oh specchio, o specchio, soltanto tu allora mi fosti amico. Perché non dovrei dunque io amarti, come si amano quei versi orgogliosi e crudeli, il cui amore è più difficile a conquistarsi ma brucia più di ogni altra canzone?” Così suonava lo sventurato mistico; egli restava lì seduto, tutto raggiante di colori e di acrilici cosparsi sul corpo e d’emozioni, intento ad ascoltare quelle meravigliose armonie del silenzio e sicuro che anche Gala le udisse e ne traesse conforto. Gala era seduta anche lei e lo guadava: in principio si sentiva irritata di quella stupida farsa, ma poi a poco a poco s’intenerì. Poiché quel pittore che sedeva di fronte a lui e s’incantava del suo Frank Zappa, quel vecchio era veramente irresistibile. E Gala cominciò a pensare che anche quel poeta, il quale appariva ora tanto intenerito e spensierato, anche lui in altri tempi era stato travolto dai flutti di una pittura che voleva stridere, voleva suonare, anche lui aveva perduto la chitarra che amava. Ed eccolo lì, ora,tutto raggiante di felicità, seduto al suo tavolo dipinto. Bastava dunque tanto poco alla felicità di un poeta? Egli si sentiva attivo: dipingeva per suonare e suonava per dipingere.
Che accade, Syd, – egli diceva a se stesso, – non sei più capace di pazienza e di sopportazione? Tu che per tutta la tua vita ti sei indurito nella bluesmania, tu che hai udito ogni riverbero, ogni nota franta, tu che ti sei maturato in un paese ove l’inverno è rigido e l’estate è stenta,hai dimenticato l’arte di saper suonare il silenzio?Oh, Gala, un poeta deve sopportare col pennello fermo e la mente sorridente qualunque cosa gli venga offerta dallo specchio, altrimenti non è un musico. Tu che per tutta la tua vita ti sei indurito nella visione, tu che hai indurito ogni strumento d’orchestra, ogni corda di David, ogni riff delle pentafetamine, delle rinuncia e della sapienza, tu che ti sei maturato in un luogo dove l’inverno è rigido e l’estate è stenta, hai dimenticato l’arte di saper tollerare? Oh,Syd un poeta deve sopportare con cuore fermo e labbra sorridenti qualunque cosa gli venga offerta dalla vita, altrimenti non è un poeta.
Rimpiangi quando ne hai voglia la nota che cercavi e che hai perduto, lascia pure che il rimorso ti scavi e ti roda il cervello, ma mostrati pittore, mostrati un autentico pittore del Cabaret Voltaire. Fa che il tuo sguardo si illumini di gioia e si incontri con lieto pallore!
Lo spettacolo è severo, severo è lo show bitz; ma come compenso alla loro durezza essi ingenerano l’une e l’arte, il coraggio e l’allegria; se non fosse così, nessuno sarebbe in grado di sopportarle.
“Coraggio e allegria! Pensa che questi sono i primi doveri nostri nella vita, e tu che non li hai mai traditi, non devi farlo nemmeno ora. Sei tu peggiore di Nick che stai lì seduto al suo piano posticcio con i tasti di legno dipinto, sei tu peggiore di tutti gli altri musicisti, i coraggiosi, gli spensierati, gli eternamente giovani? Tu sai bene che nessuno di loro s’è sottratto alla sofferenza”. Gala,ecco,li guarda. Oh,quale spettacolo!Essi se ne stanno lì immobili, profondamente seri, e ascoltano tutti quella solenne musica che nessuno ode. E all’improvviso Roger sente strapparsi ai suoi sogni dal suono di una gaia risata; egli allora solleva le mani dai tasti dipinti e ascolta come in estasi. E’ la vecchia risata di David che si fa legno, la sua buona, la sua amichevole, la sua contagiosa risata dada. E’ la musica più melodiosa che il vecchio abbia mai udito in tutta la sua vita.
– Non lo sapevo io che Ronald Laing t’avrebbe soccorso, Syd? – egli grida. – Ora tu sei guarito finalmente.
Fu così che la buona Madonna Musica guarì Syd della sua nistagmia …
Il vecchio Syd, il mare, lo aveva tutto nei negativi a contatto, nella mente di quelle istantanee, nel sangue di quelle riproduzioni e non poteva dimenticare. Quando nelle lunghe sere di veglia era preso dai ricordi si apriva a raccontare fatti e storie meravigliose. Tutti lo ascoltavano ammirati e curiosi, con l’intento di scoprire nuovi riff. Egli si lasciava trasportare dal quel voyeurismo, da quella iconofilia, come ogni vecchio chitarrista, e aggiungeva di suo con quella fantasia ricca che gli era nata nei lunghi silenzi delle notti e dei giorni trascorsi a contatto con quegli specchi in camera e del mare sul suo tavolo luminoso che egli usava vedere attraverso uno spesso e sofisticato lentino. Lo specchio si trasfigurava e nel volto segnato e scarno lo sguardo nell’obiettivo gli brillava. Allora sospirava:
– Oh le mie note spezzate, buone e terribili!
Nella mente degl’altri poeti s’era creato cosi il fascino del mare, accentuato dal mistero che la distanza attribuisce alle immagini in bianco e nero e a quelle col colore.
L’immagine cessava di essere una vecchia icona da supporto scenografico e diventava uno straordinario fondale da performance.
Roger,David,Nick, Gala, i fratelli di quella compagnia chiamata Abbey Road, non avevano che un desiderio: vedere il mare che non bagna più Dover e che di solito si scorgeva via foto. Toccare con mano le stampe fotografiche, godere da vicino ciò che il fotografo analogico faceva nei racconti e nelle note musicali.
Ma i collezionisti non avevano mai tempo per quel desiderio. Nella bella stagione i lavori della Casa Discografica, ove operavano tutti, non ammetteva riposi e d’inverno chi può pensare di fare un viaggio a mare, passando, per una giovane immagine? Ora Syd, camminando lungo la strada dei pioppi, pensava con rabbia al Vedutismo Iconografico dello Specchio. Perché non poteva andare anche lui sul riverbero? Ci andavano tanti artisti, i suoi amici! Prese la decisione di chiederlo, ancora una volta a quelli della sua community, la sera stessa. Gli pareva che non avrebbero potuto negargli una scansione tanto facile per gli altri. Ritornò di buon umore e prendendo a calci chitarre e distorsori che incontrava, giunse in studio quasi di corsa. Lo studio è un archetipo della vita, uno specchio dell’anima. Nello studio ritrovo me stesso e il mio cammino attraverso un tavolo preparato che suona. Alla nascita dell’emulsione vengo invitato a intraprendere un cammino. Vengo condotto a delle svolte e invitato a percorrerle. Vengo dotato di una sete inestinguibile per lo specchio di chitarra. Vengo portato allo specchio e devo tornare a volgergli le spalle per proseguire. Faccio l’esperienza dei limiti e dei dubbi e regolarmente anche della sensazione che questa ottica non porterà mai a niente. Tuttavia, lo specchio mi tiene stretto e non mi lascia precipitare oltre il bordo. Sul mio cammino visuale incontro delle persone, talvolta percorro un tratto di strada con loro e poi di nuovo da solo, mi muovo talvolta in compagnia e talvolta controcorrente. Talvolta perdo completamente di vista qualcuna delle specchiere, per poi recuperarle stupe-facentemente prima o poi. Talvolta ho bisogno di una mano amica per superare una curva, talvolta un contemporaneo troppo zelante mi butta fuori visione. Ci sono momenti in cui il cammino fra negativi diventa una danza e mi viene voglia di
cantare, poi l’impazienza torna a divorarmi. Prima o poi mi coglie un brivido leggero, quando, di solito di sorpresa, si apre la strada verso la fotografia giusta. Il banco ottico è uno strano luogo di mare. Ripara e protegge, rallegra e fa bene. Attingo alla sorgente dell’immagine, lì dentro suono,
provo a schitarrare,
sono in unione con tutte le altre icone e con l’universo fotografico che ho scattato. E’ bello rimanere qui. Prima o poi so che non era ancora finita.
Devo tornare indietro. Questa via d’uscita dello specchio è costituita da molte meno impressioni e parole. E’ una strada scivolosa, una strada anomala, una strada silenziosa, quasi tanto silenziosa, che non si vuole dire molto sulla nota dello specchio.
Lo specchio è uno strumento sacro di conoscenza dell’icona, un’immagine che ci mette in collegamento con il commento di Dio, l’immensità del mare, il mondo della parola e noi stessi. Syd sogna di diventare fotografo e di passare successivamente al mondo della pittura.
(prima parte, continua …)