“Ho sviluppato il mio linguaggio creativo intorno alle idee di oggetto, modello e architettura. Spesso il lavoro si riferisce in diversi modi all’idea di abitare lo spazio […] Quello che realizzo di volta in volta sono serie di lavori sviluppati attraverso diversi media, dall’acquerello alla fotografia, dalla grande installazione ambientale alla microscultura, uno spazio che viene percorso e completato dallo spettatore stesso, mantenendo costante l’idea di “doppio paesaggio” in cui la fisicità dei materiali rimanda a una progettazione virtuale e viceversa”.
Sono queste parole di Loris Cecchini, artista affermato internazionalmente, a introdurci alla splendida personale The Ineffable Gardener allestita alla Galleria Continua a San Gimignano e a costituire una sorta di leit motif di tutto il percorso espositivo.
Su un elaborato progetto di interazione fra opere e contesto si sviluppa la mostra, nella quale “oggetti”, “modelli” e “architetture” sembrano uscire dallo spazio e ad esso riconducono nella duplice caratteristica di osmosi ed espansione, muovendosi, fra l’altro, nell’ambito della natura, della cultura, dell’artificio, nonché nel rapporto fra micro e macro in continua interdipendenza. L’attenzione dell’artista al mondo fisico, alle infinitesime minuscole particelle che compongono il tutto, ricreate secondo ritmi e originali forme sistemiche porta a sviluppare riflessioni non solo di carattere scientifico, ma anche filosofico inerenti l’uomo e lo spazio che lo circonda.
Nel lavoro di Cecchini emergono, oltre ad un’ampia e raffinata progettualità, supportata dalla conoscenza di materiali variegati e in costante processo di sperimentazione e ricerca, alcuni binomi concettuali come quelli di scienza ed estetica, di arte e fruizione. Lo spettatore nell’ intero percorso espositivo partecipa alla vibrazione ineffabile delle grandi strutture scultoree, al loro dinamismo guidato e al loro possibile divenire e osserva la rappresentazione dei micro elementi trasposti dal microscopio in opera; contemporaneamente il suo sguardo incontra oggetti del quotidiano, di ricordo e memoria, collocati in una dimensione spaziale nuova che interagisce con l’ambiente e ne diventa parte integrante.
È così che nell’universo di Cecchini arte e poesia si coniugano per l’ordine apollineo che informa ogni opera esposta, risolvendo e trasformando mediante il linguaggio la preesistente ‘entropia’ e allusivamente conducendo verso territori interiori, come espresso nella triade di opere Dromocrones (Annunciation in 3 frequencies) del 2018.
I recentissimi Seed syllables, 2017, costituiti da moduli d’acciaio, sviluppatisi intorno ad un ramo di quercia, preannunciano Waterbones del 2018, le celebri strutture dell’artista, installata una in platea e l’altra sul retro del palco, giocate sul paradosso fra rigidità e uidità, ideate e assemblate a seconda dello spazio ospitante in una sinfonia di migliaia di moduli vibranti. La vibrazione solo percepita nella prima si fa realmente suono nella seconda, per una “composizione di musica generativa” realizzata dall’artista Alessio de Girolamo sulla base dell’algoritmo di crescita del modulo.
Recentissime sono le opere μgraph reliefs, quadri monocromi, generati dalla morfologia di micro organismi osservati al microscopio e amplificati in grandi distese di polvere di velluto, ‘paesaggi’ tattili, ondulazioni dolci, di vuoti e di pieni, in una nuova e sorprendente cosmologia di Cecchini, frutto di una costante ricerca ed eco pittorico ottenuto con mezzi inusuali e sorprendenti.
Mónadas è invece la prima personale in Italia della cubana Elizabet Cerviño, un’esposizione incentrata sull’associazione di elementi che intessono insiemi ed evocano riti. L’opera è per l’artista il percorso compiuto dall’idea iniziale fino alla percezione conclusiva dell’osservatore.
Emblematico in tal senso è Duelo, un video del 2013, esplicato nel contatto della performer con l’elemento acqua negli armonici tempi dell’onda e nell’onnipresente bianco, in un processo di auto purificazione. Paesaggi tratteggiati, quasi impercettibili, spuntano dalla fitta maglia di rete sottilissima in alluminio dei minimali Mallas (Nets) del 2017, mentre in Oración del 2018, le lastre di grafite incisa, in consistente numero e in un ritmo di ascensione e discesa, riecheggiano orizzonti spirituali, verso i quali l’artista è attratta. Le religioni orientali e la cattolica, l’ebraismo e le civiltà precolombiane sono l’humus da cui trae ispirazione e che costitu-iscono uno degli elementi portanti del suo lavoro.
L’articolo a firma di Rita Olivieri è pubblicato sul n. 267 di Segno
LORIS CECCHINI
‘The Ineffable Gardener’
Elizabet CERVIÑO
‘Mónadas’
Mostre chiuse il 1 maggio 2018
Galleria Continua
Via del Castello 11
53037 San Gimignano (SI)