Ha chiuso Art Basel e hanno chiuso anche le fiere satellite. Fra le tante da visitare tappa obbligata è stata Liste, sicuramente una fiera fresca, dinamica, giovane – con prezzi abbastanza accessibili – ma decisamente sotto le aspettative. Che dire? Una confusione infinita, come vuole la tradizione di questo luogo, una confusione che appiattisce tutto e dove rintracciare lavori meritevoli (tanti dipinti) e ricerche convincenti è stato (per me) davvero difficile. Tuttavia la Galleria Ginevra Gambino di Colonia merita apprezzamento per il lavoro di Alex Wissel (classe 1983), ovvero una serie di grandi carte appartenenti al progetto Rheingold basato sulla storia della vita dell’ex consulente d’arte Helge Achenbach condannato per truffa. Vita che l’artista usa a pretesto per creare una sorta di satira sociale sull’arte sfruttando l’idea di collage usata dallo stesso Achenbach durante il processo per definire il proprio agire. Un’idea, quella del collage che bene si adatta al senso complessivo di Liste.
Dal gusto sempre discutibile è Scope dove il kitsch ha imperato trasbordando da ogni lato. Su questa fiera basti la sequenza di ritratti che segue che mi pare più che eloquente a narrare lo spirito di questo luogo. In questo caso non si può non dire che l’immagine non parli davvero. C’è anche a chi piace questo.
Volta invece non ha deluso, anche se probabilmente ha rispecchiato un gusto più borghese. Un gusto, tuttavia, mitigato da eccessi quasi estremi di molta pittura neo-espressiva, coloratissima e sbigottente. Nell’abbondanza si è fatta notare la V1Gallery di Copenhagen con le opere di Emma Kohlmann, Soeren Behncke, Todd James, Rose Eken, Devin Troy Strother, Atelier Pica Pica, Barry McGee, John Copeland, Jon Pilkington, Richard Colman, Misaki Kawai, Geoff McFetridge, Ryan Schneider, Monica Kim Garza, B. Thom Stevenson, Thomas Campbell, Dan Mandelbaum, Klara Lilja, Frederick Nystrup Larsen & Oliver Sundqvist, artisti tutti coinvolti nella ricostruzione di un noto quadro di Matisse. Si tratta di un format ampiamente collaudato dalla galleria danese ma indubbiamente di grande efficacia. Altrettanto interessanti sono state le opere dell’emergente americano Jonathan Chapline presentato dalla Galleria The Hole di New York che, con un geometrismo sintetico, quasi prampoliniano, ha convinto senza riserve. Curiosa e ben organizzata è stata la proposta della Galleria frosch & portmann, sempre di New York, che ha presentato le opere di: Julia Kuhl, Hooper Turner e Robert Yoder. Tre artisti diversi che utilizzano medium differenti ma che condividono l’interesse per gli oggetti di uso quotidiano e la loro trasformazione attraverso il processo artistico. Notevole, infine, la proposta della Primae Noctis di Lugano che, nella collaborazione ormai consolidata con la Galleria Primo Marella di Milano ha portato a Basilea il meglio dei linguaggi artistici africani.
Molto bello lo spazio della Rem Project di Roberto Escobar-Molina di San Juan, Puerto Rico che ha presentato le opere di Raúl Estéras, Jaime e Javier Suáreze Rafael Vargas Bernard, tutte incentrate sui temi della nostalgia per le tecnologie di comunicazione vintage. E, in effetti, un po’ di nostalgia il Social Phone Networking di Rafael Vargas Bernard l’ha lasciata, anche se più verso l’artista che l’oggetto. Infatti, attraverso questa vera e propria cabina telefonica d’altri tempi, dislocata in più punti di Volta, si poteva comunicare con l’artista a Miami a qualsiasi ora e in qualsiasi momento della giornata. Rafael ci manca!
Ottime le proposte delle gallerie italiane presenti, fra le quali segnaliamo la Galleria The Flat di Milano con opere di: Matthew Allen e Michael Bevilacqua, Paolo Cavinato e Michael Johansson che, nella diversità, hanno proposto una riflessione generale sugli aspetti effimeri della vita contemporanea. Infine, a spezzare il ritmo del colore imperante che ha attraversato l’intera fiera, è stato lo spazio quasi totalmente bianco della Galleria Paola Verrengia di Salerno. Amparo Sard, Elisabetta Novello e Kaori Miyayama ciascuna con il proprio linguaggio ma in modo egualmente delicato, hanno toccato i difficili temi dell’identità, delle relazioni e della cultura in un modo solo apparentemente leggero, lasciando i visitatori completamente sorpresi.
Infine, piccola, anche se forse un po’ affollata, ma molto elegante e accogliente è stata paper position basel, la fiera dedicata ai soli lavori su carta. Di opere belle qui se ne sono viste parecchie. Interessanti quelle di Katsumi Hayakawa della Micheko galerie di Monaco, di Viktoria Strecker della Judith Andreae di Boon, di Gustavo Diaz della Robert Dress di Hanover e in particolare quelle della patrick heide contemporary art di Londra con gli straordinari lavori di Sophie Bouvier Auslander, Thomas Muller e soprattutto David Connearn che con semplici righe di pennarello, ovvero attraverso il dato estetico del disegno, racconta le condizioni disumane in cui i rifugiati vivono nei campi di accoglienza. Ogni gruppo di linee, infatti, rappresenta il numero ingestibile di rifugiati nel campo, linee che piano piano perdono il colore, diventando prima bianche e nere, per poi infine essere cancellate. Il tour in paper position è continuato, inoltre e a conclusione, con alcune chicche per veri intenditori. Un acquerello, un bozzetto preparatorio di Karl Ritter per la rivista «Der Orchideengarten» datato 1920 della Kunkel Fine Art di Monaco e due disegni di Giacometti bambino, realizzati quando aveva solo 10 anni, della Galleria Artrust di Melano. Disegni piccoli ma veramente preziosi.