Hana to Yama, titolo che accompagna la mostra della svedese Linda Fregni Nagler, propone una riflessione allargata sul significato dell’immagine fotografia, coerentemente alla propria ricerca, da sempre versata alle potenzialità che il medium offre, tanto nelle sue diverse modalità di fruizione, quanto su come essa abbia modificato il modo di guardare, cui si connette, ovviamente, la scelta del tema rappresentato. Nel solco del rifiuto della fotografia come esplicita riproduzione della realtà, Linda Fregni Nagler, seppure nel rispetto del suo valore documentativo, ne fa uno strumento di stimolo concettuale, restituendo immagini delle possibili rappresentazioni del vero circostante.
Sicché, Hana to Yamamette in scena una serie di soggetti, due esattamente, ossia quelli che ricorrono nella Yokohama Shashin: i venditori ambulanti di fiori e le vedute del Fujiyama, scatti selezionati nella lunga raccolta che l’artista da anni porta avanti, e appartenenti al proprio archivio, di immagini della cosiddetta “Scuola di Yokohama” (epoca Meiji 1868-1912). Scatti caratterizzati da delicati interventi cromatici realizzati a mano, che richiedevano all’epoca anche un’intera giornata di lavoro per la loro realizzazione, il cui impatto in occidente, com’è noto, ha influito sulla visione di molti artisti neo-espressivi e di avanguardia per il loro valore simbolico, esotico e arcaizzante, oltre che d’immagini capaci di sovrastare la verità della realtà stessa. Dunque, in Hana to Yama Linda Fregni Nagler parte dal ri-fotografare gli originali in suo possesso, per poi stamparli in camera oscura e ritoccarli attraverso il colore, esattamente secondo le norme della “Scuola di Yokohama”, che non riguardano solo il processo tecnico ma anche la riproposizione di pigmenti naturali. In questo modo la Nagler è come se originasse un moderno ricettario di tecniche artistiche che guarda al passato nella forma ma si connette al presente attraverso il tempo dell’oggi. In sostanza è come se, dal doppio passaggio fotografico, da un processo che – si potrebbe dire – duplica ulteriormente quello di post-produzione, l’artista nell’intervento del colore cercasse la strada per restituire quel dato di realtà – o meglio verità – ai venditori ambulanti di fiori, alle architetture portatili con le quali li trasportavano, e infine, osservando la seconda serie in mostra, al monte Fujiyama.
In ultima analisi, è evidente come Linda Fregni Nagler sia assolutamente consapevole della fragilità e manipolabilità sottesa all’immagine fotografica nella sua corrispondenza con il reale, motivo per cui essa sembrerebbe non perdere quella fascinazione ‘popolare’ che è ancora in grado di esercitare incisivamente su ognuno di noi. Un dato sul quale l’artista spinge l’osservatore all’esercizio del guardare: “ è così difficile guardare…abbiamo l’abitudine di pensare, riflettere sempre, più o meno bene; ma non si insegna alla gente a vedere” affermava Henri Cartier-Bresson.
Articolo pubblicato sul n. 268 di Segno
Linda Fregni Nagler
Hana to Yama
Fino al 26 ottobre 2018
Galleria Vistamare
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