Il maestro giapponese Katsu Ishida avrebbe potuto continuare a fare l’avvocato, dati i suoi studi di giurisprudenza alla Kyoto University, oppure dedicarsi solo alla moda con il suo marchio Systema di abbigliamento casual, presente in oltre sessanta boutique in Giappone, abbandonata in seguito per occuparsi di raffinati prodotti di cartoleria con un’azienda cinese. Qualcosa in lui, invece, gli ha imposto a un certo punto di lasciare le sue attività imprenditoriali e di lanciarsi in una nuova fase della sua vita. Ishida si è votato all’arte in tempi recenti: ha cominciato improvvisamente nel 2010. Dopo soli sette mesi una sua opera è stata acquistata a diciassettemila dollari dal museo d’arte specializzato in pittura e scultura giapponese contemporanea della città di Asago, a un’ora circa da Kobe. In due anni ha vinto undici premi in Giappone, per poi partecipare a circa ottanta mostre internazionali. Il suo stile è stato definito neo-nipponico, ma la sua filosofia creativa è più ampia. Pittore e fotografo eclettico, collezionista d’arte asiatica, Ishida unisce l’arte contemporanea occidentale con il retaggio culturale orientale, in una fusion estremamente libera. Così, per esempio, stampa le sue foto su pregiata carta che realizza lui stesso, come peraltro i pennelli e gli inchiostri desunti dall’arte calligrafica. «La carta Lokta che produco è di una qualità particolare, di tradizione nepalese. Per farla utilizzo essenze vegetali, frutti, radici e cortecce di piante, alberi e arbusti himalayani. Una tecnica che ho appreso a Kathmandu con David Kun, ora scomparso; un personaggio straordinario, legato alla famiglia reale nepalese. Con lui abbiamo fondato delle scuole – ventuno per l’esattezza – e una factory per tramandare questa tecnica quasi perduta, usata nell’antichità per scrivere i Mantra e i Sutra Buddhisti. Attività ora purtroppo sospese a causa del terremoto che ha devastato il Paese. È stata proprio la produzione di carta a ispirare questo passaggio della mia esistenza. Per me è fondamentale utilizzare prodotti privi di acidi e sostanze chimiche sia per i supporti delle mie opere sia per i colori che impiego. Una garanzia di resistenza nel tempo, oltre che di ossequio ad una forma di artigianato di alto valore». A Kathmandu Ishida ha allestito una galleria nell’hotel Holy Himalaya, miracolosamente scampato al sisma. Non conosce ancora, invece, la sorte della sua amata casa di pietra sulle pendici della montagna, a due giorni di cammino dalla città, dove era solito trascorrere lunghi periodi (quando non è a Osaka o in giro per il mondo come in questo periodo in cui si trova in Europa). «Non ci sono strade in quella zona impervia, né possibilità di collegamenti telefonici o internet». Isolamento totale per meditare e creare, alternato alla frequentazione di amici tra i quali Narayan Wagle – famoso giornalista e scrittore nepalese – e ad attività benefiche, come la raccolta di quaderni e matite per le scuole locali, finanziare la realizzazione di tubature per portare l’acqua dove mancava o scattare ritratti con la Polaroid per regalarli a persone che non hanno mai posseduto una propria fotografia. Con un tocco di avventura: la sua abitazione, molto anni fa ormai, è stata occupata dai guerriglieri maoisti nepalesi. La sua vena nomade gli consente di dedicarsi all’arte non solo nel suo atelier, ma ovunque nel mondo. Nei suoi lavori, anche su tela e legno, volti, corpi, totem, assemblage con materiali diversi, segni grafici, ironia. Non manca neppure un tocco di erotismo molto nipponico con figure femminili morbide e sfocate. Ishida è meticoloso con l’inchiostro nero e concede solo leggere nuance di grigio e blu per definire i pieni e i vuoti tipici della pittura giapponese e cinese. Un riferimento che si materializza nei lavori per i quali usa i classici rotoli di carta. Le sue prossime tappe da adesso a novembre: Roma, Gubbio, Vienna, Basilea per Art Basel, Seoul per la Korea International Art Fair, Osaka, Budapest, Torino per Artissima. Sempre con il pensiero rivolto a Kathmandu.
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