Il 26 ottobre 2015 è una data importante per le Accademie italiane. Nell’Accademia di Belle Arti di Roma è stata indetta la Conferenza dei Direttori. Poteva essere un’occasione noiosa di confronto tra metodi, programmi e coperture economiche, al contrario ha mostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, la sostanziale indifferenza dello stato italiano nei confronti di un sapere, e di beni stimabili in miliardi, afferenti al comparto dell’arte. In questo comparto culturale fa parte anche Pompei, che non si vuole restaurare, fa parte anche il Klimt che si vorrebbe vendere a Venezia, con la sotterranea scusa che non è classico e neanche italiano… Ma oltre al passato fa anche parte una consistente fetta di futuro, poiché il numero degli iscritti alle 20 Accademie italiane cresce di anno in anno, a dispetto di chi vorrebbe affossarle, e non vede i tributi internazionali elargiti ai nostri istituti, che accolgono centinaia di studenti stranieri.
Il degrado della questione appare chiaramente qualora si valuti l’atteggiamento centauresco dello Stato italiano. Da una parte c’è la legge 508, che tra l’altro ha parificato le Accademie alle Università, dall’altra parte è di questi giorni la decisione di reinserire le Accademie nel comparto scuola, non università, creando una contraddizione tra gli studenti universitari ospitati, tramite l’Erasmus, in una scuola di livello medio! A tale superficialità si aggiungono questioni ataviche, come la sindacalizzazione delle Accademie, l’uniformità di destini con i conservatori musicali (istituti con problematiche del tutto differenti), l’uscita quindi dall’AFAM. Detto in termini per forza riassuntivi e inadeguati (la materia è, vista anche la complicazione, prettamente giuridica, non artistica, quindi fuori dalle competenze di chi scrive) l’uguaglianza con le università è stata decretata con un termine, “equipollenza” (dei titoli) parecchio ambiguo. La parificazione con le Università sarebbe avvenuta, ma le Accademie rilascerebbero un diploma di laurea e non una laurea, valevole quasi ugualmente alla laurea. Ovvio che sul “quasi” nascono infinite questioni, poiché l’Europa, a quanto pare, stima fortissimamente il titolo italiano, al contrario dell’Italia, che sta prevedendo un trattamento dei docenti di classe inferiore. Per i contratti dei personale didattico ancora dettano legge i sindacati, per cui le questioni relative a stipendi, orari ecc. sono demandate a loro, e non sono decise in maniera autonoma dalle Accademie stesse, come avviene all’Università. In ultimo punto la produttività e l’organizzazione interna di questi istituti sarebbe differente da quella dei conservatori, per cui si auspica un distacco didattico e istituzionale da questi, con implicito scioglimento dell’AFAM.
Come si vede, la materia è complessa, ricca e spinosa. Pare che sia anche appassionante per gli attuali governanti italiani, che sembrano finalmente intenzionati a mettere chiarezza in tutta la questione, ma cominciano con una gaffe clamorosa. Speriamo che questo atteggiamento sia generato da un vero interessamento alla questione, e non, superficialmente, per una mera questione economica, poiché i beni e le appartenenze di questi istituti non sono affare di poco conto. Ci si augura, insomma, che per una volta vinca la ragione e la lungimiranza, e non i soliti bassi interessi materiali. Su tutto ciò l’Italia non può più perdere un solo attimo…
Paolo Aita