Penso che qualsiasi persona, almeno una volta nella vita, abbia voluto avere la possibilità di fermare il tempo, o almeno di poter cristallizzare un attimo per poterlo custodire in modo dettagliato nella memoria, così da poterlo rivivere mentalmente appieno. Invece siamo esseri umani, destinati a collezionare solo una serie di ricordi che per qualche strano motivo ci sono rimasti impressi più di altri.
Se estendessimo questa speranza e la applicassimo storicamente, quanti momenti sarebbe bello, ma talvolta anche solo utile, pensare di poterli rivedere in tutte le loro più minute sfaccettature al fine di ritirarli fuori e magari analizzarli con un occhio diverso, più maturo e più consapevole, magari traendone insegnamenti che lì per lì ci erano sfuggiti. Giambattista Vico, un importante letterato italiano vissuto a cavallo tra Seicento e Settecento, all’epoca professava il “corso e ricorso della storia”, ammonendo i suoi contemporanei – ma soprattutto i posteri – a non dare nulla per scontato, perché esiste sempre un motivo che spinge una persona a fare qualcosa e che si può guardare alla storia come una maestra di vita. Spesso infatti è possibile trovare dei collegamenti tra cose che succedono oggi con eventi accaduti in passato, dove se i meccanismi cambiano, i contenuti rimangono.
Viviamo in un’epoca e in una società dove una delle questioni più rilevanti riguarda il cambiamento climatico e ci ostiniamo a tapparci gli occhi e ad ignorare il problema, ma il punto di arrivo si fa sempre più vicino e prima o poi saremo costretti ad aprirli e forse sarà troppo tardi.
Ma non occorre essere così catastrofici e per fortuna esiste l’arte che rende questa decadenza meno amara. Laura Pugno, artista torinese nata nel 1975, è una di questi protagonisti che cercano di addolcire questa brutta verità e, in occasione della mostra L’invisibilità dell’inverno presso la galleria Alberto Peola (TO), espone la sua personale riflessione concentrando l’attenzione sulla neve, elemento naturale che le sta particolarmente a cuore. Con il suo contributo, Laura sembra cercare un modo per fissare la caducità delle cose e, onde evitare che esse cadano nell’oblio, s’impegna sin d’adesso a creare una sottospecie di “archivio” della neve. Se l’apparenza indica un interesse artistico e una ricerca creativa, l’artista, sotto la superficie, vuole ammonire lo spettatore su una questione ambientale sottovalutata e invitarlo a riflettere sulla realtà dei fatti. Ma, appunto, attraverso il medium artistico, è logico che l’osservatore possa rimanere stupito principalmente dalla carica evocativa di questi lavori particolari e solo in un secondo momento soffermarsi su ciò che effettivamente rappresentano. Tutto il percorso espositivo è incentrato sulla neve e sulla montagna, proposte attraverso materiali e idee diverse che, assimilate complessivamente, creano un impatto vincente.
All’ingresso, un’installazione inclinata di 23 gradi, come l’asse terrestre, sulla quale è appesa una fotografia di alberi innevati, che obbliga lo spettatore a guardare da una certa distanza. Sin dal principio, dunque, l’artista mette in guardia il pubblico, per fargli capire qual è il suo posto e quale quello dell’opera d’arte – che in questo caso fa le veci della Terra – ovvero due elementi autonomi, che dovrebbero collaborare per la riuscita della percezione e non prevalere l’uno sull’altro.
Metaforicamente, Laura Pugno vorrebbe ribaltare i ruoli e restituire alla natura il ruolo attivo che nel corso della storia è venuto meno, permettendo all’essere umano di dettar legge e di sottometterla alle proprie esigenze. Ma è chiaro che se i due addendi non si ascoltano vicendevolmente la neve si scioglie e se l’uomo pretenderà addirittura di portare l’asse terrestre al grado 0 – perché la Terra è storta? Mettiamola dritta! – l’inverno smetterà di esistere e sarà per sempre estate e faremo tutti insieme una bella sauna all’aria aperta. Per questo motivo, l’artista vuole correre ai ripari e si preoccupa di iniziare già adesso questo archivio della neve, perché se davvero arrivasse questo fatidico – speriamo di svegliarci prima – momento, almeno avremo qualcosa che ce la ricorderà e la rimpiangeremo. Le tele appese alle pareti della galleria, ad esempio, non sono semplici grovigli monocromatici in stile Pollock, ma sono la risultante di pigmenti colorati versati sopra la neve (a sua volta disposta sulla tela) e la loro unisona solidificazione.
Nel caso delle sculture al centro della prima stanza, invece, con l’uso della jesmonite, Laura è riuscita a creare dei veri e propri calchi della neve, anche se a pensarci sembra impossibile, visto che la neve appare come una cosa intangibile, che si soglie sul palmo della mano immediatamente dopo esserci caduta sopra. Nell’ultima sala, infine, con l’aiuto della fotografia, l’artista torinese ha immortalato delle discese in montagna, coperte di neve, per poi stamparle in grande formato e su delle lastre di metallo. Posizionate a pavimento per simulare l’effetto visivo della discesa, le immagini sono rovinate, ma non capiamo perché e come. In pratica, Laura, tornata nei posti che le fotografie ritraggono, ha percorso quelle discese utilizzando le sue opere come slittino e quelle parti bianche che noi vediamo sono il risultato dell’abrasione creata dall’attrito tra il peso della stessa artista e la neve.
Speriamo di non dover mai rifarci e consultare questo archivio, lasciandolo svolgere il suo lavoro all’interno del mondo dell’arte, perché è dov’è giusto che rimanga, continuando a stupire e a suscitare domande e riflessioni. E speriamo di aprire gli occhi in tempo, altrimenti alla fine di quelle discese ci ritroveremo a sbattere e a farci male.
Alberto Peola Arte Contemporanea
Via della Rocca, 29 – 10123 Torino
Laura Pugno | L’invisibilità dell’inverno
Prorogata fino al 12 settembre 2019
Info: da martedì a sabato, 15.00 – 19.00; mattino su appuntamento