Galleria/Galleria presenta l’Amico Fritz, mostra personale di Damiano Colacito, che si interroga sulle stratificazioni temporali, sull’intreccio fra storia e memoria personale che diventano, inevitabilmente, collettive e sulla banalità del male, teorizzata da Hannah Arendt nel 1963.
Il titolo della mostra fa riferimento al personaggio della omonima commedia lirica in tre atti di Pietro Mascagni, la cui prima rappresentazione si tenne al Teatro Costanzi di Roma il 31 ottobre 1891. L’opera segue le vicende di Fritz, noto benefattore, che spende molto denaro per ottenere la stima e l’approvazione altrui. In italiano, l’espressione “Amico Fritz” è utilizzata talvolta per ironizzare sulla presunta genuinità di un amicizia o per alludere a una persona nota agli interlocutori, ma che questi non vogliono nominare esplicitamente.
In passato, il nome Fritz era anche beffardamente adoperato per indicare il nemico d’Oltralpe. Con questa espressione si definisce, quindi, sempre uno stereotipo, un’identità altra, una condizione o un nemico sconosciuto.
Amico Fritz diventa anche il titolo di un nuovo lavoro scultoreo di Damiano Colacito: l’effigie di una condizione contemporanea a dimensione umana e parlante. Le sue fattezze nascono dall’ingigantimento tridimensionale di un soldatino tedesco degli anni ’40, armato solo di un megafono da cui fuoriesce una voce, somma di molte voci. Queste, all’unisono, descrivono un elenco di circostanze, sia piacevoli che drammatiche, dove il tempo sembra eternamente fermo e sospeso.
La riflessione di Colacito è poi imprescindibile dallo spazio espositivo. Originariamente casa di famiglia del padre del pittore Angelo Mosca (animatore del progetto Galleria/Galleria), l’edificio che ospita la mostra è stato minato e distrutto dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Oggi, l’unico indizio dello spazio architettonico prebellico perduto è una finestra situata al centro del porticato nel cortile interno, ora murato. Attraverso una videoproiezione, Colacito fa rioccupare lo spazio domestico al padre di Angelo Mosca, rappresentato nell’atto noncurante di radersi, come se la storia e il tempo non fossero mai trascorsi.
In mostra sono inoltre presenti oggetti degli anni ’40, come le Puppenstube, due case di bambole, e i Fotoalbum, immagini fotografiche, cercate con precisa attenzione dall’artista. Queste tracce del passato vengono riattivate attraverso l’intervento di Colacito. I Fotoalbum rappresentano immagini di soldati tedeschi colti nella banalità della loro quotidianità: senza divisa, in atteggiamenti poco consoni all’esercizio militare o in scene di compassionevole umanità che non fanno per nulla prefigurare le tragedie della guerra.
Le Puppenstube, completamente svuotate di ogni arredamento e illuminate al loro interno con piccole lampade, suggeriscono e rafforzano l’ipotesi di una architettura perduta.
Per accentuare il senso di precarietà e instabilità, e per confondendo ulteriormente i piani temporali e del reale, l’edificio è minacciato da casse di esplosivo, anche in questo caso, come per le immagini dei Fotoalbum e per le Puppenstube, faticosamente ricercate nel panopticon dei mercati internet seguendo un’idea precisa e non casuale.
Questo nuovo corpus di lavori rappresenta un ulteriore approfondimento della ricerca di Colacito. Se prima l’artista si interessava principalmente alle forme estetiche che il contesto multimediale offriva, ora la sua attenzione si rivolge alle conseguenze che tale digitalizzazione ha attuato nella mente e nei comportamenti delle persone.
Si tratta di una condizione post-mediale in cui la tecnologia digitale ha cambiato l’uomo.
La compresenza spazio-temporale di ogni cosa rappresentata costringe, inevitabilmente, a rivedere la nostra visione del mondo.
Damiano Colacito cerca di mostrare non una verità ma tante, differenti, verità con altrettanti protagonisti, in una moltiplicazione di voci, punti di vista e narrazioni. Si intrecciano la visione dell’artista, quella di Angelo Mosca e i racconti di suo padre, la storia della casa perduta nelle esplosioni, la mediocre architettura ricostruita che dilata l’orrore bellico.
Damiano Colacito (Atri, TE, 1973), vive e lavora tra Milano e Roma. Docente di Didattica della multimedialità all’Accademia di Brera, da circa dieci anni pone al centro della sua ricerca artistica le ripercussioni che i processi di digitalizzazione compiono in ambito sociale, percettivo e relazionale. Gli ambienti di tutti i giorni possono essere affermazione di un luogo di raccolta dove far convergere pezzi di percorrenze immaginarie.
Galleria/Galleria
Inaugurazione: 26 luglio, ore 21.00
Via della Sapienza 71, Ortona
viadellasapienza71@gmail.com