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“La Storia siamo Noi” : Intervista ad artista e curatore, Giovanni Gaggia e Pietro Gaglianò

La residenza artistica La Storia siamo Noi, un’iniziativa che, per il secondo anno di fila, si è svolta recentemente a Fermignano, ha utilizzato l’arte come strumento di inclusione sociale, coinvolgendo in modo diretto i membri della comunità nel processo creativo, in una dimensione orizzontale e corale tipica della Community Art. L’artista e il curatore, Giovanni Gaggia e Pietro Gaglianò, hanno lavorano a stretto contatto con gli individui, incoraggiandoli a contribuire con le proprie esperienze, storie, prospettive e talenti attraverso i progetti Una voce per Fermignano e Giochi di Carte 2023.

Per approfondire queste tematiche ho avuto il piacere di intervistare Gaggia e Gaglianò.

Arianna Bonvecchi: «Quest’anno, dal 1 al 4 Giugno, si è tenuta la seconda edizione della residenza artistica La Storia siamo Noi, parte del Festival Popoli in festa, che celebra l’integrazione tra diverse culture del mondo. Come è nato il progetto e quali sono stati gli obiettivi principali che avete cercato di raggiungere in questi due anni?»

Giovanni Gaggia e Pietro Gaglianò: «Il progetto è nato dalla volontà dell’Assessore ai Servizi alla Persona, Eventi e Pari Opportunità del Comune di Fermignano, Monica Scaramucci. L’esigenza era quella di spostare l’asse del festival Popoli in Festa dal food e dalle danze popolari. Siamo stati chiamati per le pratiche comunitarie e didattiche che portiamo avanti, ciascuno nel proprio ruolo: uno di artista e l’altro in qualità di studioso dei linguaggi della contemporaneità. Dal dialogo incrociato abbiamo scelto di titolare il progetto La Storia siamo Noi. La comunità, dialoga, crea e insieme ci immaginiamo un viaggio inclusivo che guarda al futuro. Si tratta di un cammino lungo e delicato, entriamo guidati in punta di piedi, in questi due anni abbiamo tessuto i rapporti, quest’anno li abbiamo consolidati. L’evoluzione è evidente dalle pagine che via via si generano nel sito del Comune di Fermignano.»

A.B.: «Quali sono i motivi che vi hanno portato a scegliere il titolo La Storia siamo Noi?»

G.G. e P.G.: «Il titolo è lo stesso di una bellissima canzone di Francesco De Gregori, del 1985, che parla della necessità di ricordare che “è la gente che fa la storia”. Siamo convinti di questa verità apparentemente semplice e pensiamo che sia importante ricordarlo, con le forme simboliche dell’arte, e metterlo in opera in uno spazio di relazione in cui non ci siano spettatori ma solo protagonisti. Il gioco, il linguaggio, i racconti e le dinamiche del corpo sono termini con i quali si tesse questa narrazione corale, una Storia fatta di storie.»

A.B.: «Entrambi nel vostro lavoro, come artista o come studioso, vi concentrate su un concetto di arte come memoria civile e pratica sociale. In che modo la vostra residenza artistica si collega alla storia e all’identità di Fermignano? Come il progetto contribuisce a preservare e arricchire le tradizioni locali?»

G.G. e P.G.: «Non ci sono molti altri modi di creare (o commentare, tradurre) l’arte se non riferendosi alla realtà delle cose. L’arte agisce come presentazione e non come rappresentazione (che lasciamo alla fiction, all’intrattenimento, alle pubblicità) quindi il binomio tra arte spazio sociale diventa quasi il doppio sintomo di uno stesso concetto. A Fermignano c’è una lunga storia di lavoro, di operosità, di organizzazione sociale. E una storia appena più nuova di accoglienza e di inclusione. Consideriamo l’una e l’altra sullo stesso piano e cerchiamo di dare alle tradizioni native e a quelle di recente importazione uno spazio di espressione che sia anche dialettico. Le tradizioni sono importanti se sono considerate un veicolo, se guardano al futuro e non solo al passato, se conservano la porosità di un elemento capace di arricchirsi e trasformarsi. Diversamente possiamo lasciarle ai libri che si occupano di folklore. Viva le tradizioni, non la tradizione, che è nemica della storia.»

A.B.: «Il paese per 4 giorni ha ospitato laboratori, performance e momenti di incontro a tu per tu con la comunità marchigiana, cercando di coinvolgere attivamente gli abitanti nella creazione artistica. Quali sono stati i feedback e le reazioni da parte dei visitatori e della comunità?»

G.G. e P.G.: «Dalle relazioni e dalle interazioni con gli abitanti di Fermignano durante la residenza è nato un terzo sottoinsieme Altre Mappe. Abbiamo letteralmente raccolto le intuizioni e le abbiamo trasformate in azioni concrete, come nel caso di Di Marzo. Il titolo è tratto da una poesia di Umberto Piersanti contenuta nella raccolta I Luoghi Persi. Tra le storie raccolte da Pietro c’è ne è una narrata dal Prof. Pino Falasconi, che racconta della leggenda locale dello sprovinglo, un mostro che viene di notte se si dorme supini. La storia è stata scelta per passare di testimone agli ospiti della Comunità Socio Educativa Riabilitativa “La Casa del Sole”. Dal dialogo tessuto con gli operatori è emerso il rapporto tra la mitica leggenda locale e la poesia di Piersanti, da qui l’invito. È nato così un dialogo pubblico intenso con il poeta attorno alla leggenda dello sprovinglo, che per Piersanti è un cane nero che entra nel biroccio e diventa sempre più grosso (Lo sprovinglo pag 60 de I Luoghi persi, Crocetti editore). Il mostro è stato poi dipinto e disegnato su shopper, magliette ed è stato, inoltre, protagonista di un laboratorio creativo, negli spazi temporanei aperti per l’occasione da La Casa del Sole. Questa è la testimonianza concreta di cosa accade nella nostra pratica, la comunità attiva è La Storia siamo Noi. Il visitatore, se attento, è colpito, in primis da una Amministrazione Pubblica con una visione.»

A.B.: «Quali sono state le sfide che avete affrontato lavorando con la comunità e come le avete affrontate?»

G.G. e P.G.: «La sfida principale è la stessa che affronta chiunque pratichi i linguaggi dell’arte nello spazio pubblico: evitare la colonizzazione, l’appropriazione indebita, lo sguardo ladresco del viaggiatore veloce. Quindi abbiamo provato ad andare lenti. Ed è stato facile grazie al gioco di sponda delle persone, tutte professionali e appassionate, che promuovono e supportano questo progetto. Conseguente è il rischio di non incontrare realmente le persone ma solo una loro forma di cortesia. Per questo abbiamo dedicato molto tempo (e più tappe) all’incontro con le comunità, una piccola frequentazione che ha creato fiducia e ha abbattuto le diffidenze. Le comunità sono predisposte all’accoglienza, ma spesso non trovano ascoltatori o un lessico comune per comprendersi. Ecco perché siamo contenti che ci sia Popoli in festa e che accolga il nostro progetto.»

A.B.: «Fino ad ora ci siamo concentrati sulla storia e la memoria, parliamo un po’ di futuro. Quali sono le prospettive per La Storia siamo Noi? Come sperate che il vostro lavoro continui ad influenzare il dialogo artistico nel Comune?»

G.G. e P.G.: «Non pensiamo che il nostro lavoro debba influenzare il dialogo artistico. La nostra è una pratica orizzontale che mira ad ampliare il concetto di inclusione. Ci sono delle ipotesi, anch’esse nate negli incontri e dai dialoghi con la Comunità, non possiamo rivelarle ora, ma sono azioni che proseguono una tessitura corale. Quello che possiamo scoprire è che fin da subito ci siamo immaginati la realizzazione di uno spazio fisico aperto e vivo, traccia permanentemente de La Storia siamo Noi.»

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