Il governo è fatto. Le radiografie ai CV e le offese di rito ai nuovi ministri sono state espletate dagli idioti di turno. Le consultazioni alla sfera di cristallo sono iniziate, e le previsioni vengono sbandierate in tutti i talk show ogni mattina. Una nuova e rinforzata speranza si è insediata nei cuori di tutti gli italiani.
Coloro i quali per vivere hanno la necessità di essere governati, adesso possono dormire in tranquillità. Tutto può ricominciare daccapo, come se nulla fosse accaduto (o forse è accaduto qualcosa?).
Ai margini del teatro della politica, sempre le solite storie. Mai come stavolta, però, l’arte è stata al centro delle discussioni politiche. Anzi credo che si sia parlato più di arte, in varie forme, che d’altro. Tu non lo credi? Te ne dico quattro, solo quattro, sinteticamente. Poi, be’, giudica tu.
Primo. Comincio doverosamente con Sgarbi, il critico d’arte che tra un loop di «Capra! Capra! Capra!» e un’incantevole lezione sul Rinascimento (se unissimo le due cose, verrebbe fuori un “Caprinascimento”? Chissà…), ha associato il neoministro degli esteri a “Samara“*, la protagonista del film horror “The Ring” diretto da Gore Verbinski, in questo periodo oggetto di emulazione di tanti ragazzini italiani, i quali, indossando i suoi panni, vanno in giro di notte, per le strade della città. Dalle stravaganti teorie dei sociologi apprendo che questo fenomeno indica… Niente, non mi va di commentare i sociologi.
Secondo. Tvboy, il Banksy siculo-lombardo, ancora una volta ha detto la sua. E lo ha fatto citando la mitologia romana e l’arte classica. Possiamo dichiarare, senza errore, che in Italia i governi vengono inaugurati ufficialmente con una sua opera. Se non vogliamo spingerci fino a tanto, allora possiamo semplicemente dichiarare che in Italia, senza Tvboy, la gente disinformata e illetterata come me non ci capirebbe un fico secco della politica. Dai, Tvboy ormai è tradizione: fatelo artista di Stato! (Nota fuori le righe. Quest’opera m’è piacuta un tantinello meno rispetto a quella precedente. Mi è sembrata affrettata.)
Terzo. La formazione del governo ha avuto una congiunzione astrale con il Festival del Cinema di Venezia. A un mio amico cinefilo affetto anche da politicofilia (si definisce politicofilia la passione per la politica), che colleziona VHS anni ’80 e le legiferazioni del Congresso USA in DVD, gli è andato in pappa il cervello poiché voleva seguire contemporaneamente sia la fiducia al governo bis che la kermsse veneziana. Dopo aver appreso che il Leone d’oro è andato a “Joker” di Todd Phillips, il mio amico si è vestito da Batman e ha avviato i necessari procedimenti burocratici per fondare un partito che chiamerà “B-Movie”. Mah, secondo me sta ancora male.
Quarto (e la chiudiamo qua). L’attenzione rivolta all’abito del Ministro all’agricoltura, da parte del 90% degli italiani (quel blu elettrico ha anche interessato filosofi, scrittori ecc.), è stata più accurata di un’analisi del testo effettuata dal semiologo lituano Algirdas Greimas. Ho letto ieri un saggio di Greimas su quel genio di Italo Calvino che, porcaccia la miseria, era così scritto bene e così ricco di elementi che pareva un disegno di anatomia di quell’altro genio di Leonardo. Peccato che subito dopo ho letto anche ciò che di violento gli italiani hanno scritto sui social in merito alle balze del ministro (ma che vi frega di come si veste?). Be’, la mia conclusione è che i geni, in Italia, sono storia del passato.
Non so, la butto lì per concludere. È quasi come se la politica, questa politica falsamente artistica, sia diventata una di quelle tristi femme fatale che, sfiorita la sua bellezza, e non avendo più nulla da dire, con le labbra di filler fresco fresco vaga da un salotto televisivo a un altro, credendo di essersi ringiovanita.
In fondo, ciò accade anche a livello globale. La massa, ora con maggiore frequanza, scambia facilmente attori di Hollywood e rockstar che sparano stronzate per leader politici. Ci sarà una ragione, no? Una ragione che spieghi in che modo i confini tra arte e politica sono scomparsi. Una ragione che a me sfugge, ci sarà. Certo.