Nello storico Negozio Olivetti a Venezia, tutelato dal FAI, un intonato dialogo tra due maestri della scultura contemporanea, Lucio Fontana e Antony Gormley, offre una rara partecipazione dinamica tra disegno-scultura-architettura, ponendo l’accento sul corpo e sul tempo.
Un gioco di sottili trame semantiche e prospettiche caratterizza la bipersonale Lucio Fontana/Antony Gormley presso lo storico negozio Olivetti sito nel loggiato delle Procuratie Vecchie affacciate sull’iconica piazza San Marco di Venezia. L’evento, curato da Luca Massimo Barbero, veneziano di adozione e puntuale studioso di Fontana, è promosso da Associazione Arte Continua in collaborazione con Fondazione Lucio Fontana, FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, B17 e Galleria Continua e capeggia tra gli eventi collaterali patrocinati dalla 59ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia 2022.
Se il rapporto tra disegno e scultura non rappresenta una novità assoluta, per quanto le indagini a riguardo restano sempre aperte, è indubbiamente interessante proporre questo confronto in relazione ad un ambiente polivalente e ricco di accorgimenti storici come il Negozio Olivetti progettato da Carlo Scarpa nel 1958. La prestanza del luogo dona alla visita una carica emotiva che potenzia gli apparati scultorei degli artisti proposti, che acquisiscono una valutazione inedita del loro percorso: in particolare, Gormley perde favorevolmente la caratteristica rigidità formale perché si staglia con continuità in un habitat la cui valenza storica addolcisce la fruizione. Persino Fontana si “umanizza” e accorda con le sue opere una sintonia piena verso il circostante. La frantumazione del corpo, uno dei concetti artistici manifesto, non diventa, in questa accezione, un fenomeno di dispersione della materia nello spazio, anzi alberga una serena fusione con il tutto, con l’architettura e con il tempo. I segni e le traiettorie del lavoro di Scarpa sposano le tracce e i grafismi delle ricerche dei due artisti, creando una “giungla” semantica mai immobile, mai completamente silente, eppure fresca, domestica, attraente. Certamente il ritmo imposto dalla logistica del locale, ricordando l’originale funzione di showroom, privilegia un arco di ricezione ottimo, ciclico e compatto, tuttavia non è mai scontato riuscire a costruire un paesaggio interno senza snaturare il contesto. Oltre le sculture (notevole, va detto, l’accoglienza della preesistente opera di Alberto Viani), la proposta grafica con disegni, sperimenti, appunti, bozze progettuali, suggerisce un intimo accordo tra il corpo e la scrittura, trovando nel post-strutturalismo di Jacques Derrida, una chiave filosofica stimolante per intercedere alla forza teoretica di due maestri come Fontana e Gormley: la scrittura, che tratta un’assenza esperita, è il tema perfetto per questa mostra che unisce tempo e materia, alludendo, allegoricamente, alla presenza viva di una delle più raffinate invenzioni dell’epoca moderna, la macchina per scrivere.
Luca Sposato