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La magia del numero 9 a Casa Sponge

Siamo entrati a Casa Sponge, dove fino al prossimo 14 settembre le stanze dell’abitazione di Pergola (PU) sono occupate dalle opere di Amalia Mora, Alessandra Maio, Debora Vrizzi, Simona Bramati, Tiziana Cera Rosco, Silvia Camporesi, Silvia Noferi, Francesca Romana Pinzari, Chiara Mu per PERFECT NUMBER 9 artiste, 9 stanze, 9 project rooms quinta edizione. Nove donne ci raccontano il loro rapporto con la parola e la letteratura in questa speciale edizione curata dall’artista Alessandra Baldoni alla sua prima esperienza in questo ruolo, la quale ha scelto e seguito ognuna di loro nella costruzione del lavoro che è andato ad occupare le nove stanze della casa. Giovanni Gaggia, ospite e direttore artistico, ha aperto le porte della sua dimora a queste nove piccole occupazioni domestiche. Il 5 luglio ha inaugurato ufficialmente la mostra ma le artiste sono arrivate giorni prima per tessere il loro rapporto con il luogo, per viverlo e farsi vivere dallo stesso, per confrontarsi con mura, memorie e tra di loro. L’attenzione e la curiosità esterna per l’evento è aumentata con il passare delle ore. Ci racconta Giovanni Gaggia che i primi visitatori hanno iniziato ad arrivare in anticipo rispetto all’ora ufficiale fissata per l’inaugurazione, per concedersi di attraversare la mostra prima che il pubblico diventasse numeroso. E’stato subito chiaro che questa mostra “chiede” tempo, dichiara Gaggia. Tutte le artiste hanno lavorato con grande rigore e disciplina, le loro opere sono in un certo senso esercizi spirituali e qualcosa di rituale attraversa ciascuno dei nove progetti. All’ora esatta dell’inaugurazione già il pubblico e’ così numeroso da doversi alternare in gruppi e le macchine dei visitatori arrivano fino in fondo alla strada. Il via vai è stato continuo, afferma la curatrice Alessandra Baldoni, che ci narra quindi delle visite guidate svolte di stanza in stanza raccontando il percorso che ha portato ognuna delle artiste all’occupazione domestica di Sponge e il modo in cui esse hanno declinato il loro rapporto con la scrittura/parola e con la letteratura: un racconto che fa anche a noi mentre ci guida all’interno della casa. Come durante la serata inaugurale, la nostra visita diventa occasione di scambio, di domanda, di incontro emotivo con le opere. Siamo interessati, colpiti, incuriositi dalla diversità di linguaggi, dalla bellezza sussurrata, dalla forza di ogni lavoro. Abbiamo cercato di decifrare il segreto della stanza di Chiara Mu che ha deciso di scriverne la pelle in segreto per giorni; ci siamo lasciati trascinare dalle leggende, dalle nebbie e dalle apparizioni sognanti di animali nella “Terza Venezia” di Silvia Camporesi, abbiamo sfiorato e letto con polpastrelli ed occhi i fazzoletti annodati e scritti di Alessandra Maio; siamo entrati dentro il cerchio di carta ed inchiostro dell’installazione “Ieri” di Amalia Mora lasciandosi trasportare dalla potenza evocativa dei disegni ispirati a “Ieri”di Agota Kristof. I nostri sguardi hanno vissuto le vite delle sette donne-principesse-icone che si raccontano in un attimo fatale, prima che il mito scriva e riscriva le loro verità, attraverso la voce e l’interpretazione di Debora Vrizzi nel video “Un-happy Ending”; siamo rimasti colpiti dal lavoro di Simona Bramati che riflette sulla parola quando si slabbra e si perde in vuota maniera come nell’opera “Lucubratio” opposta concettualmente all’opera “E’di colore rosso il mio cuore”dove invece si cerca una parola intatta ed intera- creaturale. E ancora, incantevoli le opere di Silvia Noferi e gli scatti poetici e raffinati del suo “Hotel Reverie” o nell’installazione “La scrittura non si immagina”di Tiziana Cera Rosco dove in silenzio abbiamo contemplato gli alberi sacri e le pagine bianche. Ci racconta ancora la curatrice dell’esperienza incredibile vissuta il giorno dell’inaugurazione, quando il pubblico ad un certo punto è stato condotto fuori per assistere a due performance. In religioso silenzio ha assistito alla performance di scrittura e scelta, di possibilità e liberazione di Tiziana Cera Rosco vestita di nero e con una gonna lunghissima a fare da cerchio e palco. Poi Francesca Romana Pinzari in silenzio da tre giorni ha portato a compimento il rito ispirato alla favola dei “Sei cigni” dei fratelli Grimm. Nei giorni precedenti è andata nei boschi a raccogliere rovi ed ha tessuto ed intrecciato un mantello coperta che ha indossato durante la performance sciogliendo il silenzio nell’unico modo possibile dopo averlo attraversato, dopo aver rinunciato all’abitudine della parola ed essersi ferita con i rovi- perché ogni rinuncia al consueto è dolorosa…ha sciolto il silenzio con il canto, la sua voce è tornata dal vuoto struggente e poetica pronunciando i versi scritti da Alessandra Baldoni. L’atmosfera di grande intensità si respirava ovunque, nelle stanze, nei corridoi, nel prato pieno di persone incantate durante le performance.  Un’atmosfera a nostro avviso che si respira ancora e che aleggia in ogni singola stanza di Casa Sponge. Una mostra delicata e intesa ricca di spiritualità. Una spiritualità di cui forte si sente l’esigenza.

Info: www.spongeartecontemporanea.net

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