A San Martino di Lupari (PD), un progetto innovativo, volto alla riqualificazione della città, apre di nuovo le porte della Chiesa Storica al fine di organizzare un ciclo di mostre all’insegna dell’arte digitale. Forse non molti sanno che, dal 1971 al 1994, questo spazio era utilizzato da alcuni degli esponenti dell’arte concreta, programmata, ottico-cinetica e neo-costruttivista, durante le Biennali d’Arte Contemporanea. Per mantenere quindi un legame col passato, l’associazione Cartavetrata ha ideato e organizzato una serie di appuntamenti raggruppati sotto il nome di “Alta Percezione”.
Il primo di questi, curato da Ennio Bianco, si è concluso il 28 ottobre e ha portato all’interno dell’edificio settecentesco alcune opere di matrice digitale, affiancate da esperienze di altra natura, che comprendevano la danza, la musica e la performance 3D. “Solo for Bio & Digital Form” è una performance che ha avuto luogo sul presbiterio della chiesa ed è stata ripetuta per tre volte durante il periodo della mostra. Essa ha segnato l’apice del percorso, in quanto balletto interattivo, dove si è potuto assistere ad una combinazione e fusione di danza, musica e visual art, facendo dialogare la coreografia di Lucie Guadellyon, interpretata da Rachele Dileone, le note elettroniche di Fausto Crocetta e l’opera di Vincenzo Marsiglia proiettata su tutto l’ambiente semicircolare, ravvivandolo, così, con un’estasi di colori e figure geometriche. Oltre a questo appuntamento, alcune giornate sono state segnate da conferenze e altre proiezioni 3D dell’artista Andrea Gregori.
Gli artisti esposti dettano il carattere internazionale dell’esposizione, accomunati dall’interesse e la curiosità che li ha spinti a far convergere il mondo dell’arte con l’ambito scientifico e delle nuove tecnologie. A tal fine, le tematiche che sottostanno ciò che lo spettatore si trova di fronte riguardano la biologia, la neurobiologia, la robotica, le scienze fisiche e l’intelligenza artificiale. “Dreams of mice” (2015) di boredomresearch rappresenta l’attività che il cervello compie nell’oscura fase del sonno, basandosi sullo studio di topi sognanti; “Folded geometry of the universe” (2016) di Matthew Gardiner vuole rappresentare la continua espansione dell’universo attraverso una scultura di filo di nylon piegata come una conchiglia con degli aculei, all’interno dei quali ognuno di noi può riconoscersi in quanto parte di un tutto; “Symmetry” (2016)di Kevin McGloughlin (visual) e Max Cooper (musica) vede la forma circolare come modulo per poter rappresentare graficamente le leggi di conservazione;“D3D4LU5” (2016)di Alessandro Capozzo indaga le potenzialità artistiche dei software, mettendo in relazione il mito di Dedalo, rappresentato attraverso delle linee che sembra stiano creando una forma cubica su sfondo nero e nel mentre scandiscono il ritmo di una melodia, con la frase, emblematica in queste circostanze, “A Software makes no mistakes. Its errors are volitional and are the portals of discovery” di Stephen Dedalus, personaggio di “Mrs. Dalloway” di Virginia Woolf. Questi sono solo alcuni esempi di ciò che il collettivo propone, ma le parole non sono efficaci nella percezione immaginaria della mostra nella mente di chi leggerà questo articolo, in quanto, l’ingrediente essenziale per la fruizione di queste opere riguarda l’apparato sensoriale del visitatore, chiamato ad interagire con ciò che vede e sente. Il movimento del corpo del fruitore funge da motore che aziona e dà vita ad alcune installazioni video esposte, associate talvolta ad un sottofondo musicale elettronico. Esplicative in tal senso sono le opere di Vincenzo Marsiglia “Star Interactive” (2008), “Wallpaper Op” (2016) e“Minimal Op App” (2016). Queste opere digitali si animano con la presenza di un corpo in movimento, attraverso una tecnologia pensata appositamente, che permette un’esperienza sensoriale unica, combinando una matrice visiva stimolata da tessere di colori forti o in bianco e nero, la sfera sonora attivata anch’essa dai movimenti compiuti da chi interagisce con l’opera, e, infine, il movimento in sé. Senza lo spettatore lo scopo dell’esposizione verrebbe a mancare. Questa considerazione, inoltre, permette di constatare l’ampio range d’età al quale è indirizzata la mostra, dove anche i bambini possono entrare in contatto con l’arte, divertendosi. Il rischio, però, sta nel fraintendere l’esposizione d’arte con un laboratorio volto al mero intrattenimento.
La riflessione che alcuni potrebbero fare, infatti, riguarda la legittimità nel dichiarare arte queste nuove sperimentazioni che utilizzano strumenti artificiali digitalizzati – software, computer – per dare vita alle proprie idee. Facendo parte dell’Era Digitale, il dibattito attuale verrà sentenziato dai posteri che avranno il compito di etichettare l’arte del nostro presente; per adesso, tutto è possibile.
Intersezioni Digitali. Alta Percezione, contaminazioni artistiche nell’era digitale
a cura di Ennio Bianco
Chiesa Storica di San Martino di Lupari
Piazzale Papa Pio X, 35018, San Martino di Lupari (Padova)
Mostra chiusa il 28 ottobre 2018
Artisti: Alessandro Capozzo (Italia), Andrea Gregori (Italia/Germania), Andy Lomas (Regno Unito), Boredomresearch (Regno Unito), Can Büyükberber (Turchia/Stati Uniti), Kevin McGloughlin (Irlanda), Letizia Galli (Italia) Scultura, Lia (Austria), Markos R. Kay(Regno Unito), Matthew Gardiner (Australia), Max Cooper (Regno Unito), Maxime Causeret (Francia), Pier Giorgio De Pinto (Svizzera), Vincenzo Marsiglia (Italia)
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