Internet Yami-Ichi è un progetto ideato dal collettivo artistico giapponese IDPW che si definisce “una società segreta in Internet che risale a più di 100 anni fa”. La manifestazione prende la forma di un vero e proprio mercatino dell’usato, dove frequentatori usuali e vecchi cultori della rete possono vendere e scambiare oggetti legati al mondo di Internet. Internet Yami-Ichi per molti aspetti si fa interprete del disincanto di coloro che hanno vissuto con entusiasmo gli anni della diffusione del web, oggi bersaglio del marketing aggressivo di aziende e multinazionali, oggetto di leggi sempre più stringenti rivolte al suo controllo e luogo di massicce raccolte di dati.
L’evento, già svolto nell’arco di sette anni in vari paesi del mondo, avrà luogo a Bologna il prossimo novembre negli spazi di DAS – Dispositivo Arti Sperimentali, e sarà realizzato a cura di Metoché in collaborazione con Sofia Braga. La possibilità di presentare una bancarella per vendere la propria “merce” è subordinata all’invito dei curatori oppure alla risposta di chi vuol partecipare all’open call aperta lo scorso 17 luglio.
Abbiamo chiesto a Davide Da Pieve di Metoché e Sofia Braga di raccontarci lo spirito e i dettagli del progetto Internet Yami-Ichi e della sua versione italiana.
FC: Dopo la prima edizione a Tokyo, nel 2012, e il viaggio attraverso numerose città del mondo, tra cui Berlino, Bruxelles, Melbourne, New York e Toronto, il format approda a Bologna. Volete raccontarci come nasce il vostro impegno attorno a questo evento e l’impatto che immaginate possa avere nel contesto italiano?
SB: L’interesse per il format nacque nel 2015, stavo scrivendo la tesi e conobbi Exonemo, coppia di artisti giapponesi parte del collettivo IDPW. Questo fu il mio primo approccio con Internet Yami-Ichi e già nel 2017 partecipai come “venditrice” a Bruxelles presso iMal e nel 2018 a Basilea presso HeK. Rimasi affascinata dalle dinamiche createsi in questi contesti, specialmente la possibilità di incontrare e parlare con artisti e critici che più amavo e amo, come Olia Lialina, JODI, Exonemo, Josephine Bosma e creare nuove connessioni in un contesto ben diverso da quello di una mostra. Lo scorso aprile mi trovavo in Giappone per una residenza e allo stesso tempo lavoravo all’organizzazione di una nuova Yami-Ichi a Linz – dove ora vivo – per Ars Electronica Festival (7 settembre 2019). Ebbi una video call con Davide che illuminò entrambi. Premetto, le nostre videochiamate hanno sempre dell’assurdo, ma per una volta riuscimmo a fare due più due. “Organizziamone anche una qua da noi!” esordì Davide. E da lì tutto ebbe inizio. Ci stiamo impegnando per invitare alcune figure di spicco della scena “arte e tecnologia”, tra cui Clusterduck, IOCOSE, Fabio Paris e Matteo Cremonesi di Link Art Center, Manuel Minch di Internet Moon Gallery, Marco Mancuso di Digicult, la critica Valentina Tanni e tanti altri. In questa prima edizione italiana ci sarà anche un particolare talk in cui verranno approfonditi temi inerenti pratiche digitali e post-digitali nell’ambito artistico italiano, vogliamo creare un dialogo tra coloro che praticano e sono impegnati in queste ricerche con la speranza che questo sia solo un primo incontro verso future interessanti collaborazioni.
FC: Il format è da considerarsi aperto e modificabile dai curatori e dalle istituzioni che di volta in volta lo fanno vivere? Se sì in quale misura?
DDP: Il format corrisponde a qualcosa di abbastanza schematico e definito. D’altra parte Yami-Ichi funziona molto bene perché corrisponde a una griglia aperta, l’immaginario estetico risulta definito automaticamente e, i curatori, hanno la libertà di scegliere quali e quanti espositori preferiscono (solitamente in base alle possibilità dello spazio), magari evitando logiche selettive simili a quelle di una vera e propria esposizione. Internet Yami-Ichi è qualcosa di più vicino a una performance, inoltre non serve essere artisti per partecipare: le proposte devono semplicemente essere in linea con il concept, che giungano da artisti o da astrofisici!
FC: “Internet Yami-Ichi” in lingua giapponese ha il significato di “Mercato nero di Internet”. La traduzione di Google Translate corrisponde addirittura a “Mercato oscuro” o “Dark market”. Ci raccontate il motivo di questa definizione?
SB: Per le traduzioni preferiamo non affidarci a Google Translate :). I fondatori del collettivo IDPW attribuiscono al termine giapponese Yami-Ichi un doppio significato. Da un lato qualcosa di oscuro e illegale, dall’altro malattia, dipendenza, definendo così l’idea di base dell’evento, ossia un mercato nero che dà la possibilità agli utenti “consumati” dalla rete di disconnettersi e incontrarsi fisicamente.
DDP: Dal canto nostro possiamo dire che il mercato nero è inteso come “l’altra faccia della medaglia”, l’altro lato di Internet, del virtuale che, attualmente, equivale in qualche modo al vivere la quotidianità con una mente digitale.
FC: Risalta nel progetto l’aspetto interattivo che coinvolge utenti e partecipanti – l’open call, la formula del mercato, l’occasione di incontro e scambio tra utenti – carattere tradizionalmente associato all’esperienza della navigazione in rete. Internet Yami-Ichi, allo stesso tempo, è definito il “mercato nero di Internet IRL (In Real Life)”, espressione che sottolinea il carattere offline dell’evento. E’ interessante la presenza di questi due tratti assieme. Volete raccontarli nel dettaglio, magari rapportando il progetto allo spirito di quella che è stata la Net.Art e, successivamente, alle esperienze dell’Arte Post Internet?
SB: Quando si parla di IRL o offline ci si connette spesso al termine Post-Internet interpretato come un qualcosa che supera e va oltre quella che si pensa essere la “tradizionale” Net.Art. Nel manifesto Introduction to Net.Art, redatto da Natalie Bookchin e Alexei Shulgin, ci si riferisce già alla “materializzazione” e al “decesso” dell’Internet Art, dal sovvertire e sfidare l’istituzione museale, tramite la sua impermanenza e la sua natura aperta e apparentemente “democratica”, al piegarsi alle sue dinamiche capitalistiche e rientrare quindi in un contesto di mercato più accessibile tramite la vendita di oggetti fisici. Post-Internet, termine coniato dall’artista e curatrice Marisa Olson nel 2006, non è quindi solo materializzazione del virtuale ma definisce come Internet e la sua accessibilità di utilizzo da parte di un pubblico sempre più vasto (tramite interfacce user-friendly, social network e non solo) abbia creato nuove estetiche e dinamiche con un inevitabile impatto nella cultura contemporanea in particolar modo sull’idea di autorialità e riproducibilità. Internet Yami-Ichi è tutto questo, un evento, un’opera d’arte, una performance, un progetto curatoriale, che non necessità di un’istituzione per esistere, dove chiunque può partecipare e utilizzare gli strumenti a sua disposizione per creare oggetti vendibili attraverso l’utilizzo di elementi pre-esistenti e accessibili tramite la rete. Per quel che ci riguarda un progetto sovversivo che adoriamo sostenere proprio perché estraneo alle classiche dinamiche espositive.
FC: Il bando è ufficialmente rivolto ad artisti, curatori, designers, programmatori e a chiunque, internauta per professione o “smanettone” della prima ora, vuole rendere tangibili e vendibili prodotti legati al mondo della rete. In rapporto alla vostra conoscenza delle passate edizioni e al progetto in corso potete raccontare, anche sommariamente, il modo in cui si presenterà l’evento agli occhi del pubblico? Esempi di prodotti che sarà possibile incontrare?
DDP: Il format è molto aperto, chiunque è invitato a partecipare. Anzi, avranno priorità le proposte più impensabili e assurde, purché tutte le proposte stiano entro il lessico e le logiche di internet, intese come parte del nel nostro quotidiano e della nostra cultura.
SB: I prodotti in vendita sono vari e sempre imprevedibili, ogni volta si rimane perplessi dalle mille sfaccettature che questo tema può implicare. Si parte da oggetti di utilizzo quotidiano come vestiario, da camicie dalle fantasie web 1.0 (welcome to my website e sfondi kitsch per intenderci) a pattern glitchati ricamati su maglioni o sciarpe; prodotti edibili, da “cookie” commestibili a cocktails creati da un’intelligenza artificiale, fino ad arrivare a “dakimakura”, cuscini a dimensione reale con stampa del tuo animale youtube preferito, haiku con foto di peni collezionate durante nottate spese su chatroulette, dati personali su chiavetta USB, screen recordings di opere online di famosi internet artists in DVD e servizi come ghost writers per il tuo account Twitter. I prodotti sono tantissimi e diversi, venite a trovarci per scoprirli!
FC: Quali caratteristiche assumono generalmente gli oggetti presentati: sono pezzi unici? Prodotti seriali a tiratura limitata? Oggetti riproducibili senza tiratura?
DDP: Questo dipende esclusivamente dai partecipanti; sono più frequenti oggetti prodotti in serie o in tiratura limitata, ma di certo non manca la vendita di pezzi unici e indimenticabili 🙂
FC: E’ riconosciuta un’autorialità negli oggetti venduti o presentati? A volte, sempre o mai?
SB: L’autorialità viene riconosciuta quasi sempre. Nonostante i prodotti vengano creati tramite l’utilizzo di contenuti “presi in prestito” dalla rete, quel che ne risulta è un progetto artistico unico che utilizza in modo furbo e originale questi elementi. L’autorialità non viene quindi messa in discussione.
FC: Si intuisce che gli oggetti in vendita saranno facilmente accessibili da chi vuole acquistarli. Come è percepito il meccanismo della vendita, e in generale l’esistenza del mercato, dagli ideatori del format e dagli artisti e curatori che lo fanno vivere?
SB: Prima regola del mercato nero, non ci sono regole. Internet Yami-Ichi viene considerato un progetto artistico-curatoriale di impronta relazionale, perciò al di fuori dalle reali meccaniche di mercato. Ovviamente si intravede nel progetto una punta di sarcasmo verso quelle che sono le disparità e i pregiudizi nella vendita di opere d’arte tangibili e virtuali e le relative problematiche che ne conseguono come la loro manutenzione e conservazione.
Internet Yami-Ichi
A cura di Metoché in collaborazione con Sofia Braga
Manifestazione: Sabato 9 novembre 2019 ore 11.00 – 21.00
Open call: 17 luglio – 1 ottobre 2019
DAS – Dispositivo Arti Sperimentali
Via del Porto 11/2, 40121 Bologna
info@dasbologna.org