Il giardino dei sentieri che si biforcano è un enorme indovinello,
o parabola, il cui tema è il tempo (…)
Il giardino dei sentieri che si biforcano è un’immagine incompleta,
ma non falsa, dell’universo…
Jorge Luis Borges
..e così il tempo si biforca, si altera, raddoppia, tracciando dimensioni tangenti e parallele, non necessariamente complementari, che si sostanziano della co-esistenza di tutti gli eventi possibili, scaturiti da quell’unica realtà che conosciamo e comprendiamo.
Un tempo parallelo alla realtà è proprio quello che ci lascia intuire Mariagrazia Pontorno nell’ultimo video I Cieli di Roma, esposto alla Fondazione Studio Noesi Carrieri di Martina Franca, nell’ambito della mostra personale dedicata alla giovane artista siciliana, a cura di Lidia Carrieri, con testo in catalogo di Christian Caliandro.
A tal proposito, rivolgiamo alcune domande all’artista.
S.C.: Nel già citato video I Cieli di Roma, per la prima volta nella tua ricerca, la cronaca diventa input non solo per riflettere sul presente, ma per visualizzare uno scenario altro, parallelo alla realtà. Ciò mi lascia pensare che un simile soggetto sia un pretesto, per riallacciarti ad una tematica a te familiare – il rapporto tra reale e virtuale – che affronti costantemente nel tuo lavoro attraverso la scelta dell’impiego della tecnologia 3D.
M.P.: Per la prima volta l’attualità contamina la mia ricerca, le immagini delle dimissioni del Papa in “mondovisione”, la sua partenza su un elicottero che sorvola il cielo di Roma e si allontana verso “un altro futuro, un’altra realtà o dimensione” rispetto a quella che eravamo abituati a pensare per lui, mi hanno fatto riflettere su un probabile percorso alternativo di Benedetto XVI, che partendo dai simboli della Roma contemporanea (come il MAXXI, l’Auditorium e l’Ara Pacis), si allontana nello spazio, dissolvendosi nelle tenebre di un’eclissi di Sole. E tuttavia l’ascensione del Papa è per me un’immagine, prima ancora di esser un evento che invade e modifica il presente. È un evento di portata internazionale, certo, dal grande valore socio-culturale, che ha però una carica mediatica e scenografica molto forte e che, come dici, mi permette di riallacciarmi al rapporto tra artificio e realtà, che affronto da tempo.
S.C.: La commistione di finzione e reale è ben esplicitata in questo video, in cui sono montate insieme scene di repertorio dell’evento storico, immagini girate da te con un drone e immagini costruite in digitale. Ma ancora, questo labile confine tira in ballo un’altra tematica, il rapporto tra visibile ed invisibile, già in germe in lavori come Il giardino di Maresa, i più recenti Orange o La Villetta degli Ulivi (esposto in mostra nella Fondazione Carrieri), in cui il movimento – talvolta impercettibile – di foglie, fronde, rami e radici, ci fa intuire silenziosamente l’operato del vento che destabilizza ogni cosa, e d’altra parte ci occulta quella tecnologia 3D che rende possibile ogni artificio. Cuore di questa dicotomia sembra essere Roots, opera del 2010, da cui si “biforcano altri sentieri”.
M.P.: Roots è un progetto realizzato nel 2010 dopo un periodo di residenza a New York, che si compone di una video-animazione e di un erbaio, entrambi realizzati interamente in 3D. Sebbene sia uno studio non recente, ho optato per il suo inserimento in questa mostra, con il sostegno di Lidia e Christian, poiché è il mio primo lavoro che riflette sul decollo e sull’ascesa, elementi fondamentali nelle ultime opere, che sono attualmente esposte in Fondazione a Martina Franca.
In Roots non solo gli alberi, ma anche i palazzi si sradicano: ciò accade in modo naturale e deriva da una riflessione sull’area di Central Park. Progettato da Frederick Law Olmsted e Calvert Vaux, il parco è un’oasi costruita “in vitro”, al pari degli skyscrapers che lo circondano. In uno spazio totalmente costruito dall’uomo, l’inesorabile forza della natura, in pochi minuti, (in due, la durata del video) afferma il suo potere, sradicando ogni cosa, persino i grandiosi grattacieli secolari, che nell’elevarsi mostrano le loro radici.
S.C.: Lo sradicamento naturale e culturale di Roots è una speculazione poetica sui rapporti tra ambiente ed esseri viventi, in cui i concetti di autonomia e dipendenza tra Uomo e Natura si intersecano. Ancora un’altra ascesa è contemplata ne Il Cedro dei Cieli, è il viaggio immaginario del cedro del Libano, che sradicato realmente dall’orto botanico di Pisa all’inizio del XX secolo si ritrova nel 2014 (il video è stato protagonista della personale Tutto ciò che so, inaugurata ad ottobre dello scorso anno) a proseguire il suo percorso, a volare leggero nel cielo. Prive di ogni drammaticità, le sequenze del video – e la serie di lavori autonomi, su carta acetata, che derivano da esso – mostrano l’inevitabilità del cambiamento, di un albero che pur sradicato e collocato in un altro contesto, in continua evoluzione, esprime forza e capacità di adattamento. In una visione molto poetica, oserei dire addirittura “romantica”, il cedro difatti continua a volare senza mèta, senza fermarsi, senza lasciar intuire quando e dove avrà fine il suo viaggio. Ho l’impressione che ci sia molto di autobiografico in questo cedro…
M.P.: (sorride, divertita) La natura nel mio lavoro è un simbolo, a volte è anche il decodificatore del mio universo personale, non lo nego. Ma ancor di più, la Natura si offre come strumento per poter mettere in luce il mio pensiero sientifico, che caratterizza la mia visione del mondo. L’approccio all’arte, ogni mio sguardo sui fatti ed i fenomeni di cui siamo protagonisti o spettatori, sono tutti “viziati” da un’analisi razionale, da domande critiche. La scienza è garanzia di oggettività della visione; è ciò che mi permette di non perdermi e di ritrovare il filo dopo le speculazioni più tortuose, di cui uno spirito estetico, un po’ sornione, come il mio, si nutre.
E dunque in ogni lavoro di Mariagrazia Pontorno, scienza ed arte, ratio e pathos, convivono, si integrano.. ed anche in modo armonioso, tra la costruzione ex novo di uno storyboard renderizzato e il ricorso ad immagini reali di solidi arbusti, di cieli imperescrutabili, di luoghi ieratici.