Fino al 17 aprile è di scena al MAXXI di Roma, il BNL Media Art Festival, promosso dalla Fondazione Mondo Digitale, in co-produzione con BNL Gruppo BNP Paribas. In un precedente articolo dello scorso 8 aprile vi abbiamo anticipato, attraverso le parole del Direttore artistico Valentino Catricalà e di Luigi Maccallini responsabile comunicazione retail BNL Gruppo BNP Paribas, gli intenti dell’iniziativa che vede in mostra il lavoro di oltre 70 artisti provenienti da 21 Paesi e la partecipazione di oltre 5000 studenti di 12 scuole italiane di diverso ordine e grado, dove sono stati realizzati negli scorsi mesi specifici laboratori legati ai new media.
Milano, Napoli e Roma sono state le piazze dove 13 artisti, rispondenti ai nomi di: Giacomo Lion, Walter Paradiso, Paolo Gatti e Francesco Bianco, Eva Tennina e Rayn Spring Dooley, Dehors/Audela, Leonardo Zaccone, Roberto Fega, Simone Pappalardo, Marco Mendeni, Piero Chiariello, hanno agito all’interno delle scuole realizzando laboratori altamente creativi, ai quali ne sono stati affiancati altri due denominati Palestra dell’Innovazione, uno divulgativo (Valentino Catricalà / Fiammetta Castagnini), l’altro pensato per esplorare i nuovi mestieri dell’arte anche con i giovani in cerca di occupazione (Lino Strangis).
Per comprendere meglio il senso di questi laboratori e capire la rilevanza avuta sui ragazzi (nativi digitali) e le risposte di questi, abbiamo sentito le esperienze di Walter Paradiso, Roberto Fega, Marco Mendeni.
Roberto Fega, musicista e sperimentatore per vocazione, ha proposto il laboratorio Il Territorio sonoro all’IIS di Tivoli, realizzando con gli studenti un’installazione interattiva di sound art. Sono stati i ragazzi – spiega – a insistere per lavorare sul tema della natura, facendo emergere l’urgenza di riportare la tecnologia a una dimensione più umana, dove l’ambiente, l’esistenza e di conseguenza la creazione assumono un significato più pregnante per questi giovani che si affacciano alla vita con una ricchezza e disponibilità di strumenti come mai prima d’ora. Di fatti l’input iniziale è stato generato dall’opportunità di realizzare una struttura interattiva, un hardware, un controller, in sostanza una demo; ma per andare dove? Dove lo hanno scelto i ragazzi, spinti dalla possibilità di utilizzare oggetti o elementi naturali stessi, come l’acqua, il rame o il ferro ad esempio, come conduttori, facendo si che questi diventassero dei veri e propri tasti di una tastiera che al tocco generano un suono. La cosa interessante è che la forma da toccare, l’opera di fatto, è un volto in gesso grande un metro composto da tutti questi elementi conduttori. È qui in questo preciso momento che s’intuisce come l’elemento umano/natura s’intreccia al digitale, dando vita a qualcosa di nuovo e innovativo come una nuova tipologia di suoni presenti ma assenti e creati dallo spettatore e dove, in ultima analisi, risulta per i ragazzi sempre positiva l’attività della natura e quasi sempre negativa l’attività dell’uomo. Ribadisce Roberto Fega che, il senso più profondo di questo laboratorio, non è tanto il risultato, quanto la sollecitazione ad utilizzare la tecnologia in modo creativo, tanto è vero che la maggiore soddisfazione gli viene nel constatare che gli studenti stessi hanno oltrepassato con la propria fantasia i presunti limiti di questo laboratorio. In tal senso, Fega ritiene che le nuove tecnologie possano avere uno sviluppo interessante, anche per generare nuove figure professionali e nuovi posti di lavoro, se e solo se queste riusciranno a svincolarsi dal mero fine commerciale.
Walter Paradiso, figura poliedrica, artista, ma con una formazione da musicista, ma anche Dottore di ricerca nell’ambito dell’elettronica e molto altro ancora, ha lavorato al Liceo Classico Virgilio di Roma proponendo il laboratorio di video-art World Wide Without. Ci spiega che questa esperienza è stata prima di tutto umana, intessendo con i ragazzi un rapporto speciale basato soprattutto sul dialogo. Il punto di partenza è stato per lui cercare di capire cosa significano i social per questi adolescenti (tenendo conto che lui è espressione di una generazione di passaggio dall’analogico al digitale), cosa cercano all’interno di queste piattaforme? Soluzioni ai propri problemi? Comunicare? Nuovi amici? Una realtà che non percepiscono nella vita quotidiana? La risposta è venuta dalla conduzione stessa del laboratorio che Paradiso ha condotto lasciando il massimo della libertà espressiva ai ragazzi. Il dato emerso con maggiore forza è che gli studenti, sollecitati a realizzare delle comuni riprese video, hanno focalizzato la propria attenzione su oggetti reali e veri, mentre, ad esempio, il ritrovamento all’interno della scuola di una vecchia macchina da scrivere, è stato il pretesto per sperimentare l’oggetto, non per la sua funzione d’uso originaria ma come nuovo strumento sonoro, tanto è vero che, nel video realizzato dai ragazzi, questa non compare fisicamente. In tale ottica, Paradiso ha voluto sollecitare i giovani tanto all’aspetto visivo quanto a quello sonoro, spesso considerato accessorio e compendiario tanto nell’arte del video quanto in generale in qualsiasi forma che interessa l’immagine. Il suono, qualsiasi suono generato in qualunque modo – come ad esempio quello di un microfono a contatto con l’acqua – è diventato il vettore attraverso cui reinventare la realtà, dare nuova forma al mondo. Per Paradiso, la sperimentazione rimane la chiave per poter concretamente reinventare il mondo e anche quando siamo portati a pensare al digitale come a qualcosa di astratto, non dobbiamo dimenticare che quell’astratto fonda le sue radici nella realtà che viviamo, tanto è vero che, questo laboratorio ha dimostrato come i ragazzi stessi percepiscono il mondo della tecnologia come qualcosa di veramente tangibile.
Marco Mendeni è un artista la cui poetica si muove intorno ai temi del digitale, tuttavia senza tralasciare una grammatica tradizionale che trova nel mezzo pittorico il suo referente più prossimo. Mendeni parte e sviluppa il processo digitale, decostruisce, decodifica, si muove sul terreno della simulazione per poi concepire le sue opere con materiali assolutamente concreti come il cemento o il gesso, originando così un singolare contrasto fra la materia e il contenuto. Immaterialità/materialità, fisicità/astrattezza, sono queste le categorie lungo le quali agisce e che ha messo in gioco anche nel laboratorio Estrangement sulla video art realizzato all’IIS Marconi di Milano. Mendeni ci spiega che il lavoro è stato preceduto da un questionario rivolto ai ragazzi, finalizzato a comprendere il grado di dipendenza da internet, dai social, dai video giochi e da qualsiasi altro strumento elettronico. Un formulario teso a sviscerare i temi dell’identità e del corpo, del come si appare in rete e di come ci si presenta all’altro, dal quale, tuttavia, è emerso come i ragazzi non cerchino risposte ai loro problemi nella rete quanto, piuttosto, nel confronto diretto con l’altro. Tuttavia, se da un lato – racconta Mendeni – la sovrapposizione con il proprio Avatar è percepita dagli studenti come naturale, dall’altro questo non genera automaticamente un senso di una responsabilità nei confronti della tecnologia, ed è proprio su questo nodo che l’artista ha agito con questo laboratorio. Il video creato e realizzato, in sostanza, con l’utilizzo di una tecnologia molto semplice, è stato successivamente proiettato sugli stessi volti dei ragazzi e solo in quel momento – sottolinea Mendeni – essi hanno compreso davvero che la tecnologia non è qualcosa di esterno loro ma qualcosa che li riguarda in prima persona e che dell’uso che ne faranno ne conseguiranno degli effetti. Responsabilità, presa di coscienza del processo, consapevolezza. Sono queste le parole chiave alla base di questo laboratorio, ma anche essenziali all’intero senso del BNL Media Art Festival e porte aperte verso il futuro.